Arte, nuovo studio su Michelangelo: dipinse anche un Giudizio a olio su tela

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Un piccolo Giudizio Universale con il Cristo giudice e altre figure del celebre affresco che si ammira nella Cappella Sistina in Vaticano: il tutto sarebbe stato dipinto da Michelangelo Buonarroti a olio su tela, unico esempio di utilizzo di questa tecnica da parte del maestro del Rinascimento. Sono alcuni dei risultati di una ricerca durata oltre 8 anni presentati oggi a Roma, a Palazzo Grazioli presso la Sala della Stampa Estera. L’opera oggetto di indagine era conosciuta con il titolo “Il Giudizio Universale di Ginevra” ma se n’erano perse le tracce da più di 100 anni. Secondo quanto ricostruito da un team di ricercatori, il dipinto su finissima tela di lino (96,52 x 81,28 cm) sarebbe stato donato da Michelangelo Buonarroti al pittore Alessandro Allori che lo usò come modello per realizzare una pala d’altare nella basilica Santissima Annunziata di Firenze. La ricerca è stata condotta dalla dottoressa Amel Olivares, specialista dell’arte rinascimentale, con la collaborazione di monsignor José Manuel del Rio Carrasco, studioso di storia dell’arte e conservazione. Secondo Olivares, a cui si deve l’attribuzione a Michelangelo, il dipinto composto da 33 figure trae ispirazione dal celebre affresco della Cappella Sistina. Il dipinto presenta alcune peculiarità, tra cui spicca la figura del Cristo giudice senza barba esattamente come nell’affresco originale della Cappella Sistina. Il professor Gianluigi Colalucci, ultimo restauratore del Giudizio Universale della Cappella Sistina, ha svelato che solo osservando da vicino l’affresco si poteva notare che la parte scura nel volto del Cristo giudice era il risultato di un restauro volto a intensificare un’ombra, mentre Michelangelo aveva originariamente concepito il Cristo giudice senza la barba. Al contrario, nella versione realizzata da Alessandro Allori per la pala d’altare della basilica Santissima Annunziata di Firenze, il Cristo giudice è dipinto con una folta barba scura.

Nel “Giudizio Universale di Ginevra”, così chiamato perché in custodia nella città svizzera per conto di una società americana che ne detiene la proprietà, tra coloro che sono i “salvati” si trova un altro particolare: un autoritratto di Michelangelo Buonarroti in cui appare con un volto più giovane rispetto a quello conosciuto. Dall’analisi dell’autoritratto condotta dal professor Francesco Fasce, responsabile dell’Unità di Chirurgia Oculistica dell’Istituto San Raffaele di Milano, emerge che il volto presenta un difetto visivo, una forma di strabismo. Michelangelo utilizzò questa tecnica sia nella statua del “Mosè” che nel “David”, creando così nell’osservatore la sensazione di essere costantemente seguito dallo sguardo del soggetto dipinto o scolpito. Tuttavia, nel ritratto di Michelangelo del Giudizio Universale di Alessandro Allori della pala d’altare, gli studiosi non hanno rilevato negli occhi ritratti di Michelangelo alcun difetto visivo. La ricerca sul “Giudizio Universale di Ginevra” ha messo in risalto ulteriori tecniche uniche dell’arte di Michelangelo, come la creazione di personaggi incompleti o solo abbozzati, la tecnica del movimento nelle figure rappresentate e l’inserimento di angeli apteri ossia senza ali. “Una decina di anni fa era impensabile parlare di pittura a olio su tela nel Rinascimento, dato che si credeva che i dipinti fossero stati realizzati solo su tavola”, ha sottolineato Amel Olivares. Lo studio effettuato sul “Giudizio Universale di Ginevra” apre nuove prospettive interpretative nell’analisi e nell’autenticazione dei dipinti del Rinascimento, ha aggiunto la ricercatrice.

“Il Giudizio Universale di Ginevra”, ha aggiunto Olivares, è un esempio della conoscenza di Michelangelo della tecnica dell’olio su tela. Lo studio dell’opera ha permesso di scoprire il metodo di preparazione della tela, dove il carbonato di piombo, più noto come biacca, ha un ruolo fondamentale. Si presume che questa conoscenza sia stata appresa da Sebastiano dal Piombo, che arrivò a Roma intorno al 1512 e rimase a stretto contatto con i grandi maestri, è nota la sua amicizia con Michelangelo Buonarroti. Una descrizione dettagliata del “Giudizio Universale di Ginevra” è stata ritrovata nell’Archivio di Stato di Firenze, nei documenti del 1792 relativi all’inventario dei Mobili e delle Opere d’arte di proprietà del marchese fiorentino Donato Guadagni. L’opera nel corso dei secoli ha cambiato diverse proprietà. Il dipinto, ha spiegato Amel Olivares, è stato oggetto di ricerche, studi stilistici, studi storici e analisi scientifiche, tra cui la spettrofotometria, la stratigrafia, la riflettografia, mentre sul volto di Michelangelo sono stati eseguiti studi di ricostruzione facciale, la comparazione fisiognomica e antroposomatica, questi ultimi condotti dalla dottoressa Chantal Milani, esperta in analisi facciale forense. Restaurato nel 2015 dal professor Antonio Casciani, il dipinto si conserva oggi in ottime condizioni. Realizzato su una tela di lino di ottima qualità, mostra due antichi strappi che furono abilmente riparati e, pur presentando segni di ossidazione, rimane stabile conservando colori freschi e lucenti. Gli studi chimici sono stati realizzati dal laboratorio di Analisi Palladio di Vicenza e la riflettografia da Artex di Firenze.

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