Arte, asimmetrie di bellezza: Del Donno incanta Avellino

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L’opera di Antonio Del Donno torna in auge in questo Novembre irpino, in occasione della Mostra personale al Teatro Carlo Gesualdo di Avellino, proprio nell’avvio della nuova stagione teatrale con un richiamo ad ampio spettro di pubblico e critica. Eh sì, perché Antonio Del Donno si è ritagliato l’abituale vetrina qualitativa e quantitativa per la propria arte, già portata in bella mostra in ogni dove d’Italia e d’Europa. Si contano decine e decine di mostre ed installazioni pubbliche e private, molto simili a quelle di questi giorni avellinesi dove, ancora una volta, Antonio Del Donno si mette in mostra aprendo il proprio copioso Archivio custodito e valorizzato da Alberto Molinari. Dal 6 novembre all’8 dicembre il Teatro Carlo Gesualdo ha aperto il proprio prestigioso sipario all’arte, e soprattutto all’arte dell’internazionale mano di Antonio Del Donno. In quest’ottica, alla conferenza di presentazione della mostra, si è ribadito il ruolo del maestro nel movimento artistico nazionale, facendo un percorso a ritroso dal generale al particolare, puntando solo in un secondo momento alla valorizzazione delle proprie radici. Il titolo assegnato alla mostra è Segno, Immagine e Scrittura, a dimostrazione della triplice valenza artistica dell’iniziativa presentata nel Massimo irpino dal prof Giovanni Riccio, dall’Archivio Vinciguerra e da Paolo Feroce, direttore dell’Osservatorio Artistico di Milano e del Museo Magma. Un ensemble di primissimo piano per omaggiare il maestro, al cospetto di un significativo numero di opere e personalità presenti in questo mese di esposizione, tutto volto all’ennesima promozione di cotanta storia dell’arte pensata e realizzata da Antonio Del Donno che, parafrasando Achille Bonito Oliva, “ha fondato un uso diverso della geometria come campo prolifico di una ragione irregolare che ama sviluppare asimmetricamente i propri principi, adottando la sorpresa e l’emozione.” Emozioni che sin dagli anni Settanta si sono tradotte in una manifesta ripugnanza del maestro verso i circuiti più o meno mercanteggianti dell’arte, con il conseguente allontanamento dalla pittura a vantaggio di maggiori ispirazioni e dedizioni a materiali e segni, pur pregni dell’originaria raffinatezza pittorica insita in Del Donno. Del resto il nostro artista ha da subito manifestato il bisogno primario di significare il mondo circostante, oltre che il proprio, attraverso l’uso di cornici, frontoni, dischi e cartigli didascalici per circoscrivere dignitosamente l’ars pittorica attraverso una parola semplice e chiara. Purché fosse parola. In questi termini si fugge via dall’esaltazione pittorica perché vana ai fini dell’edificazione cui si mira quotidianamente con la pittura e, per questo, si avvalora sempre più la tesi trilogica di Segno, Immagine e Scrittura, propedeutica all’idea geniale dell’opera magna Vangeli. Infatti l’artista nel 1972, sulla scorta della fiorente stagione dell’arte povera italiana, scorge una salvifica operazione di allontanamento dalla pittura attraverso una serie di condanne grafiche al mondo circostante con l’uso di catrame, tinte sporche e tratti malefici come gli angeli, sacrificando spessissimo i temi della bellezza e delle proporzioni. La sintesi di questa intima operazione si è tradotta nel conflitto tra la pittura stessa con la realtà e l’armonia che il dipinto ha provato ad evocare. Achille Bonito Oliva ha racchiuso nei Vangeli l’idea di artista in Antonio Del Donno, capace di marchiare indelebilmente su legno la Parola od il Verbo che si voglia, con lettere sempre maiuscolate per raccontare verità brucianti. I libri-oggetto, proprio come i collages e le manipolazioni di ogni genere, sono da sempre servite per significare la parola per cui, arbitrariamente, Del Donno si fa portavoce dell’armonia che la pittura non ha saputo spiegare. Pittura e scultura che hanno accompagnato una vita intera la vita artistica di un uomo e, scusate il gioco di parole, la vita stessa di un’opera che resterà indelebile in tutti i siti che ne hanno accolto fertilmente i semi di tradizione ed innovazione.