La “Domus dei mosaici marini”, nell’aera archeologica della “Colonia Iulia Turris Libisonis”, a Porto Torres, regala nuovi tesori. Da gennaio, quando è iniziata una nuova campagna di scavi gli studiosi del ministero dei Beni culturali sono riusciti a far emergere un nuovo ambiente con mosaico pavimentale e un altro grande vano rettangolare absidato, aprendo scenari inesplorati sull’antico complesso risalente al III secolo dopo Cristo.
Le indagini riguardano la zona di collegamento tra due aree della “Domus” già emerse nella precedente campagna di scavo e sulle condutture di scarico del settore termale dell’impianto. Le ricerche nella zona di collegamento tra i due piani della “Domus” hanno fatto emergere un nuovo vano con pianta irregolare e rivestito da un ampio mosaico pavimentale a motivo geometrico e tessere policrome. L’originario utilizzo di questo spazio, caratterizzato da una serie di sedili su tutti i lati, pare corrispondere a uno spogliatoio (apodyterium) funzionale all’impianto termale.
Nei notevoli volumi di terra rimossa sono stati trovati diversi tipi di reperti di grande interesse storico e scientifico. Oltre a numerosi materiali riferibili ai crolli delle murature e del tetto, abbiamo numerosi resti di intonaco decorato, con colori anche molto vivaci e a motivi architettonici, vegetali e antropomorfi. Saranno oggetto di studio anche gli abbondanti resti archeozoologici, specialmente quelli di volatili e pesci, per comprendere la natura del loro consumo, che poteva essere alimentare, ma anche legata a determinati rituali.
Durante gli scavi per la ricerca dell’antico sistema di smaltimento della acque piovane, è stato rinvenuto un vano che termina con una parete semicircolare e che sembra di notevoli dimensioni. Questo ambiente presenta caratteristiche che confermano l’ipotesi che l’edificio abbia vissuto almeno due periodi di utilizzo, uno ascrivibile al III secolo d.C. e uno finale del IV-V secolo d.C. Anche le ceramiche e le monete ritrovate risultano quasi tutte pertinenti a un periodo compreso tra la seconda metà del IV e gli inizi del V secolo d.C. Il progetto, finanziato dal Ministero della cultura con 577.200 euro, è curato dai funzionari della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro.