Archeologia, da Castellammare a Minneapolis: rogatoria internazionale per riportare il Doriforo in Italia

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La statua del Doriforo di Policleto esposta al Minneapolis Istitute of Art nel Minnesota è acquisita illegalmente e deve tornare in Italia. La procura di Torre Annunziata ha avanzato alla competente autorità americana una richiesta di assistenza giudiziaria internazionale per eseguire un decreto di confisca emesso dal gip oplontino il 18 gennaio di quest’anno. L’opera è una copia romana della scultura marmorea perduta del più grande artista del periodo classico greco vissuto tra il 460 e il 420 a.C., e proviene dagli scavi archeologici clandestini effettuati a Castellammare di Stabia. Copie antiche di questa statua sono esposte in diversi musei nel mondo, compreso l’Archeologico di Napoli. La rogatoria internazionale riguarda però un’opera di eccezionale valore storico e artistico, perché riconosciuta nel mondo scientifico come la più preziosa copia romana dell’originale greco in bronzo dal valore di inestimabile, e acquistata dal Mia per 2 milioni e mezzo di dollari statunitensi. La richiesta è arrivata in base ai trattati di mutua assistenza del 1982 e del 2016 e all’accordo del 2003. I reati contestati sono quelli di ricettazione, illecito trasferimento all’estero, e impossessamento di cose di interesse artistico, storico e archeologico.

Le indagini fatte dalla procura retta da Nunzio Fragliasso dimostrerebbero con assoluta certezza la provenienza illecita della statua che apparteneva al patrimonio dello Stato italiano. Il Doriforo di Policleto del Mia dovrebbe essere stato recuperato da tombaroli tra il 1975 e il 1976, ed è stato venduto al museo americano dal trafficato internazionale di opere d’arte di Basilea Elie Borowski nel 1984; l’acquisto si perfezionò a dicembre dell’anno successivo con il versamento di un acconto di 800mila dollari statunitensi. L’indagine del carabinieri del Nucleo tutela patrimonio artistico di Napoli fa parte di una più ampia inchiesta nell’ambito del quale sono stati rintracciati anche cinque pannelli affrescati proveniente da una villa romana a Boscoreale, ora al Getty museum di Malibù, per i quali pende un’altra richiesta di assistenza giudiziaria internazionale. L’esportazione degli affreschi è stata pure curata da Borowski. Il Doriforo di Policleto di Castellammare di Stabia era stato al centro di un reportage del 1980 del Tg2 effettuato dal giornalista Achille D’Amelia che ricostruiva come proprio l’opera d’arte fosse stata venduta già illegalmente al trafficante di opere d’arte che ne aveva organizzato l’esportazione e lo aveva offerto al museo di Monaco di Baviera. Un testimone aveva le fotografie cui la statua era scomposta in quattro pezzi prima del restauro.

Proprio l’analisi delle foto fatta da Soprintendenza archeologica di Napoli ha fatto emergere come questi pezzi fossero ricoperti di terriccio, a riprova di uno scavo clandestino e non di un rinvenimento in mare come invece detto dal trafficante di arte. Una prima rogatoria internazionale alle autorità di Baviera quando la statua era ancora esposta al museo di Monaco, aveva prodotto una visita di funzionari italiani proprio per accertare la provenienza lecita del Doriforo e l’Italia avevano anche ottenuto l’effettuazione di analisi scientifiche sulla statua proprio per dimostrare il suo recupero illegale e un primo sequestro probatorio nel 1984 emesso dal procuratore generale del tribunale di Monaco di Baviera, che era però stato revocato un anno dopo dalla corte d’Appello tedesca. Nel frattempo andava avanti un carteggio tra il Mia che valutava l’offerta di acquistare la statua e che teneva conto anche dei rischi legali derivante dalla natura clandestina del reperto e delle vicende giudiziarie in corso, essendo dunque consapevole di una provenienzia perlomeno dubbia del Doriforo. C’è infatti del carteggio trasmesso dalla procura di Torre Annunziata alle autorità americane un foglio manoscritto non firmato in cui si fa esplicito riferimento a questo: “Michael ha detto che Cooper Pelagis pensano che la statua proveniva sicuramente dalla terra e non dal mare. Dovresti sapere che Paul Zanker, il distinto espero delle copie romane, conviene con questo. Ora guarda la testa e vedi se quelli non sono segni di radici. Se è così proviene dalla terra è meglio non dirlo o il vecchio furto di Castellammare potrebbe nuovamente tornare a galla. Zanker ha consigliato di non toccare un reperto così caldo”.

Anche se il museo di Minneapolis ha confermato la provenienza campana del reperto archeologico, ma in una mail dell’aprile 2021 una funzionaria del museo Frederica Simons sostiene che fosse stato trovato al largo, in una specchio d’acqua vicino Napoli intorno agli anni ’30 e poi era stato esportato a Lugano. Le indagini effettuate hanno escluso la provenienza marina della statua.