Porta la firma firma di un campano la prima spedizione archeologica italiana in Giappone: a capo della missione che ha Porta la firma firma di un campano la prima spedizione archeologica italiana in Giappone: a capo della missione che ha portato alla scoperta della flotta agli ordini di Kublai Kahn ritrovata, dopo sette secoli, nelle acque dell’isola di Takashima, a sud del paese, c’è infatti Daniele Petrella, fondatore e presidente dell’International Research Institute for Archaeology and Ethnology che ha sede a Napoli. Insieme all’Iriae, la spedizione ha coinvolto la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana e l’Ariua giapponese. Un progetto iniziato, almeno nella sua fase embrionale, già nel 2006: e benché abbia ricevuto plausi in tutto il mondo, proprio in patria aveva ricevuto scarsa attenzione. Fino a ieri, almeno, perché della spedizione si è parlato in un convegno al Museo del Mare di Napoli. Quella flotta da mille imbarcazioni con 40mila uomini a bordo rappresentava l’eccellenza dell’ingegneria navale del Tredicesimo Secolo: diretta alla conquista del Giappone, fu però fermata da un tifone che spirava a oltre 250 chilometri orari. Navi fluviali sottratte alla dinastia Song sbaragliata da Kublai Kahn, non adatte ai viaggi d’alto mare, ma comunque veri capolavori (avveniristici) di ingegneria. “La spedizione è a buon punto – spiega Petrella, appena rientrato dall’Africa dove ha rappresentato l’Italia in un convegno sull’archeologia cinese –: il Giappone ci ha ufficialmente chiesto di portare le nostre tecnologie per indagare tutta la baia e identificare il resto della flotta. È un passaggio importantissimo sia dal punto di vista scientifico sia da quello delle relazioni tra le due squadre. Se ho imparato a conoscere i giapponesi significa che abbiamo ormai la loro piena fiducia, cosa non facile”. L’India è il prossimo obiettivo dell’Iriae, che si aggiungerà alla missione partita da pochi mesi nelleMarche, alla scoperta della presenza carolingia nel Centro Italia: proprio in questa regione è da poco nata una “filiale” dell’Istituto partenopeo. “Abbiamo creato una community per i membri che potranno partecipare direttamente alla vita ed alla progettazione dell’Iriae: è la prima volta che un’istituto di ricerca fa questo, coinvolgere tutti, partire dalla base – conclude l’archeologo –. Più vado avanti con questa esperienza e più mi rendo conto che la rivoluzione è in atto, la storia deve essere riletta ed è possibile lavorare inquesto settore. Abbiamobisognodi forze sempre più nuove quindi… fatevi avanti”.