Approfondimenti Asvis: Le pallide prospettive della Cop 29 di Baku

Proponiamo il testo Toni Federico – Fondazione per lo sviluppo sostenibile – della Redazione ASviS, il cui Comitato scientifico è presieduto dal professore Enrico Giovannini, pubblicato sul sito ASviS l’8 novembre 2024

La violenza dell’impatto climatico è in crescita oltre ogni previsione. Le vittime di Valencia sono paragonabili a quelle delle guerre in corso. Preoccupa però il diffondersi di una forma di rassegnazione che, pur se alimentata dal ricco sistema mondiale dell’oil and gas e fatta propria in occidente da taluni schieramenti politici, rischia da sola di vanificare lo sforzo immane profuso in trent’anni nel negoziato internazionale multilaterale sul clima. L’Emissions Gap Report 2024 dell’ Unep conferma la perdurante crescita delle emissioni Ghg (greenhouse gas), arrivate a 57 GtCO2eq nel 2023, e con essa delle concentrazioni in atmosfera e, per diretta conseguenza, della temperatura media superficiale terrestre e marina, con punte oltremisura proprio nelle zone temperate di cui fanno parte l’Europa e il bacino mediterraneo. L’obiettivo degli 1,5 gradi di Parigi a fine secolo viene quasi universalmente giudicato fuori portata, anche negli interventi ufficiali. Il mediterraneo salirà sopra gli 1,5 gradi nel 2025.

In questo quadro si prepara a Baku una Cop 29 in tono minore. Il check degli impegni assunti dai vari paesi, gli Ndc, avverrà infatti solo il prossimo anno alla Cop 30 in Brasile. Ai governi è stato richiesto di rivedere al rialzo entro il 2025 i propri livelli di ambizione che ad oggi farebbero fallire l’obiettivo di Parigi, e a presentarne di nuovi per il 2035, anno in cui le emissioni globali, che ancora oggi continuano a crescere, dovrebbero essere ben del 60% più basse rispetto a quelle del 2019. L’Europa ha comunicato un promettente abbattimento delle emissioni dell’8,3% nel 2023 confermando il suo impegno immutato sulla transizione ecologica. Le elezioni americane, però, riportano uno dei peggiori negazionisti alla guida di un grande Paese e suscitano gravi preoccupazioni. Al proposito Reuters segnala che i leader mondiali delle principali economie come l’Unione europea, gli Stati Uniti e il Brasile hanno in programma di disertare la Cop 29. La Cina resta paradossalmente con l’Europa alla frontiera del clima, ma ha chiesto ai Paesi di discutere off the record a Baku sulle tasse di confine sul carbonio che sarebbero dannose per i Paesi in via di sviluppo. Alcuni documenti dalla Cina sollevano il timore che le crescenti tensioni commerciali tra le principali economie potrebbero bloccare i colloqui di Baku.

Al di fuori delle negoziazioni formali, le Cop sono spazi in cui governi, settore privato e società civile possono impegnarsi in una collaborazione autentica per promuovere l’azione per il clima. Molte sono state le acquisizioni dei vertici recenti, come gli impegni per incrementare le energie rinnovabili, ridurre gradualmente i combustibili fossili, promuovere l’azione per il clima nelle città, rendere green il settore finanziario, fermare la deforestazione e altro ancora. La maggior parte degli Stati non dispone però di strutture di monitoraggio dell’azione dei governi e degli altri soggetti. La Cop 29 è un’opportunità per dimostrare un reale progresso sui numerosi impegni presi finora. Per le iniziative esistenti, ciò significa comunicare pubblicamente i progressi attraverso il Global climate action portal dell’Unfccc o pubblicando relazioni adeguate. Ciò aiuterebbe a far progredire la comprensione del ruolo che gli sforzi cooperativi possono svolgere nel supportare azioni ambiziose. In concreto, quali sono gli obiettivi attribuiti alla Cop 29?

Dare un nuovo obiettivo al finanziamento per il clima. La Cop 29 sarà una sorta di Cop finanziaria, incentrata sull’adozione di un nuovo improbabile obiettivo di finanziamento per il clima (Ncqg), che sostituirà il precedente obiettivo annuale di cento miliardi di dollari stabilito nel 2009 a Copenhagen e tuttora inevaso. Dovrebbe essere rivalutato l’importo e il tipo di finanziamento che i Paesi in via di sviluppo ricevono per sostenere la loro azione per il clima. Il quadro internazionale e la nuova alleanza dei Brics complicano le cose. In effetti, molti Paesi in via di sviluppo non possono mantenere o rafforzare i loro impegni climatici senza sostegni. Ma gli Stati occidentali, da sempre restii a far fronte alle responsabilità che sono essenzialmente le loro, non mancheranno di sfruttare il pretesto della crisi geopolitica per non far fronte agli impegni vecchi e a quelli nuovi.

I dialoghi tecnici degli ultimi tre anni, volti a dare forma al Ncqg, lasciano sul tavolo questioni fondamentali sulle dimensioni e la struttura dell’obiettivo. Una decisione chiave è a quale cifra punterà il Ncqg, quantificato di volta in volta da miliardi a migliaia di miliardi su base annua. Per ora sembra probabile che il Ncqg consisterà in più obiettivi che riflettono diversi tipi di flussi finanziari pubblici e privati. Resta da definire, e non è poco, quali Paesi forniranno finanziamenti, se saranno favoriti determinati strumenti finanziari come sovvenzioni o prestiti agevolati e quale rendicontazione sarà richiesta per promuovere la trasparenza.

Aumentare l’ambizione degli impegni nazionali per il climaI Paesi dovranno annunciare i loro nuovi impegni nazionali sul clima solo nel 2025. Diversi grandi emettitori, Brasile, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti, annuncerebbero i loro nuovi Ndc alla Cop di quest’anno. I nuovi Ndc dovrebbero includere nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni Ghg per il 2035, aumentare quelli del 2030 e mettere i Paesi su percorsi credibili per raggiungere le emissioni zero nette intorno alla metà del secolo. Per stimolare cambiamenti di così vasta portata, gli Ndc dovrebbero stabilire obiettivi specifici per settore, energia, trasporti, agricoltura, in coerenza con il Global Stocktake della Cop 28. A Baku si potrà al più tentare di coinvolgere il settore privato per aiutare a indirizzare più finanziamenti verso l’azione per il clima.

Maggiori finanziamenti per perdite e danniLa crisi climatica è ingigantita al punto che alcuni impatti vanno già oltre ciò a cui le persone possono adattarsi, come la perdita di vite umane e mezzi di sostentamento a causa di inondazioni estreme e incendi boschivi o la scomparsa di siti patrimoniali costieri a causa dell’innalzamento del livello del mare. Nei negoziati sul clima delle Nazioni unite, il termine usato è loss and damage. Il primo giorno della Cop 28 è stato avviato il Fondo per rispondere alle perdite e ai danni (Frld). Da allora, la Banca mondiale ha assunto il ruolo di fiduciario, le Filippine sono state scelte come Paese ospitante per il consiglio del Fondo e Ibrahima Cheikh Diong (doppia nazionalità senegalese-americana, con trent’anni di esperienze nel settore della finanza climatica e dello sviluppo) è stato nominato primo direttore esecutivo. Il passo successivo è riempire le casse del fondo. Alla Cop 28 sono stati promessi circa 700 milioni di dollari; è un inizio, ma nulla in confronto ai 580 miliardi di dollari danni legati al clima che i Paesi in via di sviluppo potrebbero dover affrontare entro il 2030. Un piano di mobilitazione delle risorse dovrebbe essere attivo entro il 2025. Alla Cop 29, i Paesi sviluppati dovrebbero annunciare nuovi impegni, eventualmente inseriti nel Ncqg, in modo che il sostegno possa iniziare a fluire verso i paesi bisognosi, ma le ombre scure delle divisioni geopolitiche si allungano sul negoziato proprio nell’anno delle terribili inondazioni nel Rio Grande do Sul, in Emilia e a Valencia.

Adeguare il finanziamento per l’adattamento nell’ottica della definizione di un obiettivo globaleAlla Cop 29 gli Stati dovrebbero anche lavorare per colmare il divario finanziario per l’adattamento, che attualmente si aggira intorno ai 194 – 366 miliardi di dollari all’anno (in crescita). Nel 2021 i Paesi hanno concordato di raddoppiare il finanziamento per l’adattamento entro il 2025 come parte del Glasgow Climate pact. La Convenzione climatica sta preparando un rapporto per la Cop 29 per documentare i progressi verso questo obiettivo, come sollecitato dal Global Stocktake dell’anno scorso. A Baku, con il Ncqg, i finanziamenti per l’adattamento dovrebbero essere messi alla pari con quelli per la mitigazione e gli interessi sui prestiti dovrebbero essere ridimensionati. Del pari si dovrebbe tentare di dare forza all’obiettivo globale sull’adattamento (Gga), che si vuole che assuma un rilievo politico pari agli 1,5 gradi di Parigi. Alla Cop 28, i Paesi avevano stabilito gli obiettivi da raggiungere entro il 2030 e avviato un programma di lavoro biennale per determinare come saranno misurati gli sforzi di adattamento. Alla Cop 29, i negoziatori tenteranno di raggiungere un accordo su un set gestibile di indicatori per monitorare i progressi e i flussi finanziari sia a livello nazionale che locale.

Sfruttare i mercati del carbonio per guidare l’azione per il climaL’articolo 6 dell’accordo di Parigi consente ai Paesi di scambiare crediti di carbonio per raggiungere i propri obiettivi climatici nazionali. Gli Stati ricchi di foreste pluviali tropicali potrebbero vendere crediti per generare fondi per la protezione delle foreste che i Paesi che acquistano i crediti potrebbero dedurre nei propri Ndc. Le regole sul funzionamento di questi mercati dovranno essere definite prima che gli scambi possano iniziare in un assetto capace di garantire che i mercati del carbonio, disciplinati da standard internazionali, siano ecologicamente validi e non rischino di compromettere i tagli alle emissioni globali. Si tratta di cosa assai diversa dai mercati volontari dell’offsetting che hanno dato in questi anni più scandali che risultati

Fallito alla Cop 28 l’accordo sulle regole dell’articolo 6, le parti hanno fatto alcuni progressi nel trovare un terreno comune. L’organismo di vigilanza per il nuovo meccanismo di accreditamento dell’accordo di Parigi è il Pacm, che gestirebbe l’accredito del carbonio tra i Paesi e che ha recentemente concordato due standard sui requisiti metodologici e sulle attività che comportano rimozioni ecosistemiche. Ha anche stabilito che tutti i progetti devono rispettare le tutele ambientali e dei diritti umani. A Baku si dovrà stabilire se il Pacm andrà avanti; come affrontare l’autorizzazione dei crediti di carbonio; se un Paese può revocare l’autorizzazione dei crediti; se i crediti dovranno passare attraverso un processo di revisione tecnica prima di poter essere utilizzati e se i Paesi in via di sviluppo con risorse limitate possono o meno utilizzare il registro del commercio internazionale per le transazioni sui crediti.

Rafforzare la trasparenza intorno alle azioni nazionali per il climaLa trasparenza è un principio cardine dell’accordo di Parigi, tanto che i Paesi sono tenuti a presentare i loro primi rapporti biennali sulla trasparenza (Btr) entro la fine di quest’anno. In questi rapporti gli Stati chiariranno le modalità dei loro sforzi per ridurre le emissioni di gas serra; i loro progetti e piani di adattamento e quanto sostegno finanziario hanno fornito, mobilitato, ricevuto o di cui hanno bisogno. Dettaglieranno anche i progressi che stanno facendo verso i loro obiettivi Ndc del 2025 e del 2030. La preparazione di rapporti biennali sulla trasparenza è un processo esteso e complesso e i Paesi in via di sviluppo con meno esperienza richiederanno supporto per il capacity building. Riconoscendo queste sfide, la presidenza azera ha lanciato la Baku Global climate transparency platform per supportare le metodologie della rendicontazione e della trasparenza e ha ospitato diversi workshop regionali per supportare gli sforzi di rendicontazione.