Cosa succede su quell’asse che lega le tre capitali, una volta l’asse portante dell’Impero Ottomano?! Destini incrociati che, in questi giorni, tengono in ansia tutta la sponda sud-est del Mediterraneo. Dalla Turchia ad Israele passando per Siria, Libano e Palestina. Ad Ankara è arrivata, purtroppo, l’ondata di terrore, che i turchi, da tempo, temevano che arrivasse e che ha colpito i più inermi degli attivisti: pacifisti in marcia per la pace, appunto! Fonti ufficiali hanno affermato che l’attentato, ad opera di un kamikaze 20enne, ha provocato una strage di un centinaio di morti ed oltre 400 feriti. La Turchia si è svegliata all’indomani dell’attentato con cortei, dappertutto, che condannano l’accaduto ed esprimono solidarietà alle vittime e reclamano la pace tra turchi e curdi. Questo evento, che anticipa le elezioni politiche previste il primo di novembre, mette la Turchia al centro degli eventi drammatici che travolgono l’area. Fa presagire un periodo travagliato e di instabilità! Ma dipenderà molto dal risultato delle prossime elezioni e dalla possibilità di formare un governo rappresentativo che dia risposte chiare ai tanti interrogativi che attanagliano i turchi di tutte le etnie. A Gerusalemme, invece, ma più in generale nei Territori palestinesi, si sta assistendo, forse, alla terza intifada. Stavolta, si chiamerebbe l’intifada dei coltelli, dal momento che è stata iniziata da numerosi, svariate decine, eventi di accoltellamento da entrambi le parti. È iniziata nella capitale reclamata da due popoli, due etnie: israeliani e palestinesi, ebrei ed arabi. Ma oggi si è estesa su tutto il territorio ai confini tra Cisgiordania, Gaza ed Israele. Gli analisti, però, non sono ancora tutti d’accordo sul fatto che questa sia una intifada ( rivolta) vera e propria. Sembra, infatti, volontà comune di tutti, Abu Abbas e Netanyahu in primis, di allentare la tensione e limitare i danni. Ma le rivolte, spesso, procedono a dispetto della volontà dei politici. Gli unici ad avere osato ed usato il termine intifada sono stati quelli di Hamas con il loro leader Hanieh, che ha chiamato la popolazione palestinese a proseguire la lotta fino alla liberazione di Gerusalemme. I prossimi giorni ci diranno tutto sulla consistenza di questi eventi drammatici. Se ci spostiamo più su in Siria, ci troviamo davanti ad uno scenario completamente stravolto. Putin, che negli ultimi anni ha dimostrato di essere il leader più interventista mai avuto in Russia, ha avviato la sua macchina da guerra che sembra procedere spedita verso obbiettivi ben disegnati. I russi hanno rovesciato il tavolo su cui si è giocato negli ultimi cinque anni ed hanno cambiato le regole di ingaggio in essere in Siria. Hanno attaccato e distrutto basi di Daesh (IS), ma anche postazioni di tutti i gruppi, ufficialmente armati dall’occidente, che si oppongono ad Assad. Hanno così permesso all’esercito regolare siriano e pasdaran, guardiani della rivoluzione iraniani, di passare al contrattacco, recuperando terreno su tutti i fronti della guerra siriana. È, davvero, molto difficile pensare che tutto questo accada senza che ci sia stato un’accordo preciso tra Putin ed Obama in quel summit all’ONU alla fine di settembre. Quella stretta di mano, un’immagine indelebile, all’apparenza gelida! Resterà questa immagine, negli annali della storia, come simbolo di un accordo segreto che ha deciso le sorti del Medio Oriente ?