Amianto all’ ex Firema, tutti assolti gli ex dirigenti

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Si è concluso con cinque assoluzioni perché “il fatto non sussiste”, il processo che vedeva imputati al tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ex amministratori e alti dirigenti della “Firema”, azienda casertana che produce carrozze ferroviarie – dal luglio 2015 denominata “Tfa” e di proprietà indiana. Le accuse erano di rimozione e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro in relazione alla morte di 19 operai dell’azienda per malattie dovute ad esposizione all’amianto. 82 lavoratori sono stati resi invalidi da patologie provocate dal contatto con la nota sostanza cancerogena. Il giudice monocratico Marinella Graziano non ha accolto l’impostazione del pm Giacomo Urbano, che sulla stessa vicenda ha aperto mesi fa un’inchiesta bis per omicidio colposo e lesioni a carico di otto persone, tutti ex alti dirigenti della Firema. Tra essi compaiono anche Maurizio Russo, 71 anni, e Giuseppe Ricci, 72 anni, assolti nel processo conclusosi la scorsa settimana. Per la seconda indagine, la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha già chiesto il rinvio a giudizio e l’udienza preliminare è iniziata qualche settimana fa. La prossima udienza è fissata il 12 luglio. La sentenza di assoluzione di qualche giorno fa del giudice monocratico ha destato sorpresa perché sembrava che il processo dovesse “morire” per prescrizione, visto che già in udienza preliminare sei imputati avevano ottenuto la prescrizione. Il giudice aveva provato ad evitare la prescrizione calendarizzando numerose udienze ravvicinate nel tempo. Oltre a Ricci e Russo, sono stati assolti anche Gianfranco Fiore, 70 anni, Roberto Fiore, 65 anni, e Roberto Mazza. La speranza per i lavoratori malati e per i familiari di quelli morti è ora concentrata sulla nuova indagine per omicidio colposo, che vede indagati anche Mario Pasquali, Enzo Ianuario, Giovanni Fiore, Giovanni Iardino, Mario Fiore e Carlo Regazzoni. All’udienza preliminare si costituirà parte civile la Cgil Campania, rappresentata in giudizio dall’avvocato Sergio Tessitore, e probabilmente la Fiom-Cgil. La vicenda presenta qualche analogia con quella dell’Eternit a Torino, dove il proprietario dell’azienda, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, dopo essere stato condannato in primo e secondo grado a 16 e 18 anni per disastro colposo in relazione a decine di decessi per amianto, è stato “salvato” dalla Cassazione che ha decretato la prescrizione del procedimento. La Procura del capoluogo piemontese ha così aperto un nuovo fascicolo a carico di Schmidheiny per omicidio doloso. Ciò dopo la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2016 che ha dichiarato l’imprenditore processabile nuovamente nonostante la condotta sia la stessa, e ciò senza che venga violato il principio giuridico del “ne bis in idem”.