Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 18 ottobre all’interno della rubrica Spigolature
di Ermanno Corsi
Dopo un anno e mezzo di Palazzo Chigi, Mario Draghi riassume con poche parole la sua riflessione-messaggio: “I Governi passano, l’Italia resta”. Il lavoro fatto dal 13 febbraio 2021 al giuramento della Meloni premier, assicura “una transizione ordinata e chi verrà potrà rimboccarsi le maniche da subito”. Ecco un bell’esempio di dialogo a distanza “con chi verrà”, fatto di parole non sbandierate, ma molto “empatiche”, frutto di un’intesa dettata dalla realtà “effettuale” delle cose. Una “Agenda Draghi” che non finisce in un cassetto ma che, non perdendo di attualità e di credibile proiezione verso il futuro più immediato, passa direttamente in eredità al nuovo inquilino di Palazzo Chigi (e c’è lavoro anche per i neologisti, alla ricerca di un nuovo vocabolo che nasca dalla fusione di draghismo e melonismo…).
UN PUNTO PER LA RIPARTENZA. Non sappiamo come si chiamerà il Ministero che si occuperà delle regioni meridionali (Per il Sud, Per il superamento del divario, Per la coesione nazionale?). Ovvio che non è questione di nomi, ma di impostazioni programmatiche dove politica e tecnica siano solidali, in grado di supportarsi a vicenda, sinergicamente. Tra i confronti pubblici degli ultimi mesi, va ricordata (maggio 2022) la 2 giorni sorrentina del Forum Ambrosetti. Convennero il presidente della Repubblica Mattarella, della Camera Fico, il premier Draghi (di rilievo la firma del “patto per Napoli” necessario a tirar fuori la città dallo sprofondo rosso in cui la disastrata Amministrazione De Magistris l’aveva precipitata). Fermamente attestata sulla linea della integrazione territoriale Mara Carfagna ministro. In sostanza, venne ribadito che il Sud era più che mai la grande porta per rifondare l’unità del Paese, ma anche per garantire all’Europa nuovo futuro e una pluralità di fonti energetiche rinnovabili.
FINANZIAMENTI E COMPETENZE. Interrogativo pressante: cosa accadrà nel Sud dopo il Covid o durante la coda pandemica ancora tanto dura da scorticare? E’ certo che risulterà più povero, fragile e “polarizzato” fra territori, generazioni e ceti sociali. Nè incoraggiante appare il Fondo monetario internazionale quando prevede per l’Italia, nel prossimo anno, un taglio dello 0,9 ben sapendo che ogni manovra di questo tipo ha sempre comportato, per le regioni meridionali, un ulteriore arretramento rispetto ai tempi dello sviluppo possibile. A sud di Roma continua ad essere concentrata oltre la metà dei disoccupati italiani. Comprensibili le grandi attese per contenuti e obiettivi del Pnrr che destina al Mezzogiorno 92 miliardi: il 40 per cento delle risorse “territorializzabili”. A sua volta Roberto Garofoli, sottosegretario “uscente” alla Presidenza del Consiglio, assicura che per la Commissione Europea l’Italia è in linea, e in regola, con le scadenze previste. Sono in corso centinaia di gare pubbliche, aggiudicazioni e “messa in terra”: tutto entro il 2023.Restano tuttavia ben presenti i tradizionali limiti delle Amministrazione locali: inefficienza e sprechi, deficit di preparazione specifica. L’Europa, si sottolinea, vigilerà su ogni aspetto e monitorerà ogni impegno di spesa. Fare presto e fare bene dovranno camminare insieme.
DA QUAGLIARIELLO A MARONI. Due personaggi della politica si presentano come autori. Uno ha pubblicato “La società calda. Dall’Italia che deve crescere una proposta per il Paese”. L’altro ha scritto (con Carlo Brambilla) il giallo a sfondo politico “Il Viminale esploderà”. Gaetano Quagliariello raccomanda di non sprecare l’occasione della ripartenza e le ingenti risorse disponibili per il Sud. Basta, quindi, con le micro-erogazioni a pioggia e pratiche assistenzialistico-clientelari. La narrativa-thriller di Roberto Maroni, invece, non esclude il coinvolgimento del Ministero dell’Interno in una trama internazionale ultraconservatrice “decisa a spostare indietro le lancette della storia con un cyber attacco”.
UN DUBBIO. Maroni è stato Ministro dell’Interno negli anni 94-95. Nelle settimane scorse ha decisamente “avversato” il ritorno di Matteo Salvini all’incarico del Viminale tenuto (2018-19) nel primo Governo Conte. Poi il leader della Lega, dopo aver tanto insistito, ha improvvisamente rinunciato: che abbia letto in anteprima il libro (“Il Viminale esploderà”) del collega e “amico” Roberto?