Alessandra Clemente, il volto giovane della buona politica partenopea

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in foto Alessandra Clemente, assessore ai giovani e alle politiche giovanili

Inauguriamo Youth Opinion con un’intervista ad Alessandra Clemente, giovanissima avvocatessa napoletana, figlia di Silvia Ruotolo, vittima innocente della camorra, uccisa da un proiettile vagante nel 1997 all’Arenella. Da quel momento Alessandra, anche attraverso l’associazione intitolata alla mamma, si attiva per promuovere la legalità con iniziative concrete che partono dalle periferie di Napoli. Il suo impegno civile e la passione politica non passano inosservate a Luigi de Magistris, che nel gennaio 2013 da sindaco di Napoli, la nomina Assessore –la più giovane della storia del Comune- affidandole le deleghe alle politiche giovanili, innovazione e creatività. A poco più di due anni dall’inizio del suo mandato in giunta comunale, abbiamo incontrato Alessandra Clemente che ci ha raccontato come vede il futuro di Napoli e dei giovani.

Assessore, dal 2013 lei è componente della giunta comunale di Napoli, terza città d’Italia per popolazione e capitale del Meridione, ma, nonostante sia giovanissima, il suo impegno al servizio della collettività è iniziato molto prima: ci può raccontare come nasce la sua passione per la politica?

Dipende dal senso che diamo alla parola “politica”. Se politica vuol dire occuparsi delle cose della città, come volevano gli antichi greci, allora probabilmente la mia passione politica è fortemente intrecciata con la mia storia personale. Quando ho capito che il mondo in cui vivevo, la città in cui vivevo non era giusta, ma talmente ingiusta da portarti via l’affetto più grande, quello di una madre, ho deciso immediatamente che non dovevo andare via, ma restare e impegnarmi per cambiare le cose, per migliorarle. Ho avuto la fortuna di crescere con un padre che ha dato ascolto ai suoi figli, che ci ha resi partecipi delle decisioni grandi e piccole che sono seguite alla tragedia di mia madre, e questo probabilmente ha stimolato in me lo spirito critico, la capacità di avere sempre un’opinione e gli strumenti per trasformare in pratica quotidiana i miei ideali.

Cosa risponderebbe se le dicessero che è troppo giovane per un ruolo così importante?

Credo che per ricoprire i ruoli non conti molto la data di nascita, ma il percorso da cui si proviene, quello che si è in grado di esprimere in termini di fare. La mia nomina come assessore ai giovani è certamente il riconoscimento di un percorso collettivo di battaglie per la legalità e la giustizia con i giovani e i familiari delle vittime di questa terra.

Quale è a suo avviso la ricetta per avvicinare i giovani alla politica?

La politica deve essere credibile, dare risposte concrete. Oggi purtroppo le persone, non solo i giovani, vivono un grande momento di sfiducia e spaesamento rispetto alla politica e soprattutto rispetto ai partiti, è nostro dovere farli riavvicinare rendendoli protagonisti delle decisioni, delle scelte che ogni giorno un amministratore è tenuto a compiere. Credo molto nella partecipazione, nelle consultazioni dal basso ed è quello che tento di fare con il mio lavoro in Assessorato. Ogni giorno riceviamo decine di giovani per ascoltare le loro idee, i loro progetti e capire insieme a loro quali sono le strade migliori per realizzarli. Quasi sempre ci siamo riusciti.

La mancanza di lavoro in Italia ed in particolare al Sud è una delle piaghe che affligge i giovani. Cosa consiglierebbe a un neodiplomato o neolaureato?

Di cercare i percorsi giusti per la sua crescita professionale. Non sono una che crede che sia un delitto lasciare la propria città per andare altrove. Il confronto con altre realtà è fondamentale nel mercato del lavoro attuale, mi piacerebbe, però, che i ragazzi che scelgono di andare, avessero poi possibilità di tornare e far crescere qui i propri talenti con le esperienze acquisite altrove.

Troppo spesso parliamo di fuga dei cervelli. In qualità di laureata in giurisprudenza e avvocatessa le chiediamo: quale futuro vede per i giovani professionisti?

Napoli ha sempre avuto una grande tradizione nelle professioni, è giusto che continui attraverso le giovani generazioni. Non è un mondo semplice, c’è tanta concorrenza, bisogna fare la differenza, essere caparbi, centrare l’obiettivo e raggiungerlo attraverso i sacrifici di una gavetta che spesso non da’ soddisfazioni.

I giovani sono la forza propulsiva per cambiare la nostra città, ma quali ritiene siano gli strumenti e le strade da intraprendere per diventare motori del cambiamento?

Certamente la creatività di cui ogni giovane è portatore. Avere un’idea, impegnarsi per realizzarla, portarla a compimento, uscire dal principio della delega, credo possano essere un buon punto di partenza, purché dall’altro lato si trovino amministratori, ma anche aziende e professionisti, pronti a scommettere su di te. Io credo che siamo sulla buona strada.

Youth Opinion guarda al presente con un occhio al futuro: ci può quindi riassumere i progetti che da Assessore ai Giovani sta attualmente portando avanti e quelli in cantiere?

Attualmente mi sto dedicando molto alla realizzazione del memoriale delle vittime innocenti di criminalità, che si realizzerà in alcuni spazi di Castel Capuano, ex palazzo di giustizia, un modo per legare la città alle vittime che ogni anno, ahimè, lascia la criminalità organizzata, famiglie che gridano giustizia e che attraverso tanti giovani che studiano e si interessano alle loro storie riescono a trovare un po’ di sollievo ad un dolore che non finisce mai. Stiamo lavorando ad un progetto di turismo sociale con i ragazzi dei quartieri spagnoli che diventeranno guide turistiche tra i vicoli del proprio quartiere. E poi la street art, stiamo investendo tantissimo nel principio che la street art è riqualificazione delle aree urbane.

Concludiamo ringraziando l’Assessore e chiedendole: come si vede tra 10 anni?

Tra 10 anni mi vedo sicuramente mamma, quanto al resto, non amo fare progetti, nella vita ho imparato che non è mai come te l’aspetti. Prima di avere la nomina di assessore ai giovani ero in procinto di trasferirmi a New York per un anno di studi, ora sono qui e la “grande mela” non mi è mai sembrata così lontana.