Alberto Burri: anche un genio ha bisogno dell’interpretazione

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in foto un dipinto di Alberto Burri (fonte Facebook)

Alberto Burri. Ambo, anzi terno secco sulla ruota di Città di Castello. tre grandi esposizioni tre, anzi due Musei con ulteriore esposizione di grafica d’arte che, fresca d’inaugurazione, costituisce da sola, un terzo Museo. Tutto interamente dedicato all’artista che, rappresenta la realtà con la sua “non pittura” e la sua grafica. Provare per credere, diceva un antico imbonitore televisivo. Ed infatti tanto i Musei che la mostra sono oggetto di visita tanto di un pubblico esperto, quanto di turisti che non possono esimersi, in terra tifernate, a un omaggio a quell’artista che, unico negli ultimi secoli, si è autocelebrato, con la realizzazione di un museo dedicato interamente a se stesso ed alla propria opera. Un gesto assolutamente contemporaneo. L’affascinante storia del ex seccatoio del tabacco si snoda nel tempo e, attraverso un primo uso per il recupero di libri e documenti rovinati dall’alluvione di Firenze, giunge al 1990 quando è stato aperto al pubblico come museo dedicato soltanto a Burri. Un capannone con le facciate esterne dipinte di nero, 7500 mq 11 sale. C’è da perdersi. Alcuni cartelloni all’ingresso di ogni sala spiegano il tema o il materiale usato per le opere che vi sono esposte. Un primo, lungo giro tra le sale, sovrastati da opere comunque affascinanti, sebbene poco comprensibili per un visitatore non cultore della materia. Si cerca uno spunto, un salvagente cui aggrapparsi in un mare d’arte di cui si avverte l’importanza ma non si riesce a trovare il bandolo. Poi un cartello, con funzione di didascalia cumulativa per tutte le opere di una sala, rivela che l’artista non dava un nome alle sue opere. Il visitatore, occasionalmente curioso d’arte, sta.
Ripercorre le infinite sale e si sofferma in quell’unica dove la mancanza di preparazione specifica trova un margine, uno spiraglio: la sala I quella detta “Non ama Il Nero”. Lettere singole o a coppie sillabano la frase. E così o spettatore si diverte a ricomporla e percepisce, in qualche modo, la sfida della precedente sala, la H: “Annottarsi”. La provocazione di “Non ama il nero” produce l’effetto di un fenomeno interpretativo. Il turista, quasi soddisfatto di aver penetrato un angolino dell’arte esposta, scende infine al piano sottostante. Terzo Museo, l’esposizione inaugurata in primavera. Qui locandine, manifesti, la grafica, piccola quasi pret a porter, facile da immaginare a casa propria. Infine il piccolo miracolo tecnologico: la sovrapposizione su un grande schermo orizzontale dell’opera ambientale del Grande Cretto di Gibellina e la planimetria del paese distrutto, con le sue vie e i lotti che il terremoto distrusse. Finalmente un appiglio. Una faro si accende adesso sui cretti esposti negli altri musei e sul loro significato. Un altro, piccolo squarcio sulla Burri anima artistica. La tentazione è forte: ripercorrere i 7500 mq e incontrare di nuovo l’artista questa volta con quel pizzico di curiosità in più che renderebbe indimenticabile la visita. Ma ormai è tardi, la permanenza è stata lunga e i mq cominciano a pesare. E’ stato bello finchè è durato, ma ora tutti a pranzo. L’artista, con l’ex seccatoio trasformato in Museo, creò un oggetto d’arte che conteneva l’arte. Con l’arte espose se stesso, ma la sua anima è comprensibile solo ad un osservatore culturalmente preparato. Oggi che il turismo e l’interesse per la cultura sono in crescita, una gestione lungimirante dovrebbe immaginare di condurre per mano il turista con complementi d’esposizione che rendano le opere comprensibili a tutti, che in tutti possano suscitare curiosità. L’esposizione del piano sotto strada, indicata come terzo Museo, avrebbe potuto precedere la visita alle sale d’esposizione delle grandi opere. Avrebbe introdotto pian piano il visitatore all’opera ed al suo artista, incuriosendo, emozionando. Sarebbe stata un azione interpretativa che senza nulla modificare alla struttura ed alle opere in essa contenute avrebbe riscosso il successo di pubblico che l’artista merita. L’interpretazione aiuta la comunicazione della cultura. Approfittarne, prego.

in foto Alberto Burri (fonte da Wikipedia)