Al World Economic Forum di Davos senza i veri protagonisti dei conflitti in corso

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in foto Zelensky e Biden

I notiziari di ieri hanno riportato, un po’ tutti, che i partecipanti al Forum sulle montagne svizzere sono stati accolti da un’abbondante nevicata. La stessa è servita a poco o addirittura a niente per scolorire il nero che colora i temi che gli stessi hanno portato per discuterne ai tavoli di lavoro di quel raduno annuale. Sono presenti e si tratterranno fino a domani, giorno di chiusura, le teste che contano nel campo dell’economia e della politica internazionale provenienti, in ordine sparso, dai quattro angoli del mondo. Tra le altre assenze, comprensibili seppure debolmente giustificabili, quelle di Biden, XI, Putin, attualmente primi attori delle tragedie che si stanno consumando in Ucraina e in Israele. Per l’Italia è presente il ministro per l’ Economia Giorgetti. In effetti lunedì, giornata di apertura di quei lavori imbiancati dalla neve, era già venuto fuori che la UE, oramai prossima al cambio dei rappresentanti dei paesi membri, attualmente è definibile “defedata”. Tale dizione, in uso tra i medici, all’ rigine significa che un paziente stenta a riprendersi. Inoltre lo stesso ha scarse risorse su cui contare in caso il male dovesse riacutizzarsi. Riportata così, la situazione già descrive in maniera comprensibile che nel vecchio continente l’inizio di una ripresa vera e propria ancora non si è affacciata. Stante in questi termini l’avvio di quei lavori, in effetti assimilabili a dei compiti delle vacanze seppur svolti da un anno all’altro, l’attenzione di quell’aula è protesa in gran parte all’ analisi dei fatti accaduti di recente e a quanto potrebbe succedere da ora a fine anno. Se possibile, provando a spingersi ancora oltre. Ciò che viaggia di pari passo con la disamina delle conseguenze politiche e sociali di quanto sta accadendo, è la previsione degli effetti economici che le stesse provocheranno. In buona sostanza, allo stato, dall’inizio della pandemia, tutti i parametri micro e macro economici della maggioranza dei paesi, risultano alterati. Buona parte di tali conseguenze sono dovute alle restrizioni della disponibilità di materie prime, dei semilavorati e della componentistica, provenienti per la maggior parte dal Medioriente. Proprio da dove la guerra sta creando altri presupposti per dilagare ancora. In effetti le novità sgradevoli che si contenderanno la scena a Davos sono i due conflitti di più recente inizio, quello in Israele e, derivato da esso, quello dello Yemen. La prima constatazione delle conseguenze che ne stanno derivando, è che il Premier ucraino Zelensky sia intervenuto a quel Forum sulle montagne elvetiche, per denunciare quanto stia accadendo nel suo paese. Il mondo sta spostando il suo interesse sugli altri due conflitti, quelli in corso in Israele e quello nei cieli sul Mar Rosso. Il timore del Premier ucraino è senz’ altro fondato, malauguratamente non riguarda solo il suo paese, ma l’Occidente in generale. È possibile che, coinvolgendo l’interesse di tanti popoli le recenti guerre, quella distrazione possa verificarsi, senza preavviso, come hanno fatto gli Usa e l’Inghilterra qualche giorno fa. I precedenti nella storia sono molti, qualcuno anche recente e seguono la propria strada. Quanto lascia ancor più perplessi è che, nel Pacifico, si stanno rinforzando amicizie collaudate insieme a sodali finora poco più che formali. L’ iniziativa di quel nuovo interlocutore a Oriente per ora associa partners di tutto riguardo, quali Russia, Cina e, prevedibile ma non scontata, la Corea del Nord. Essa porta in dote un armamentario nucleare che da solo fa tremare le vene ai polsi di quanti sono coinvolti nella guerra in Israele. Ieri è stata presente alla sessione di lavoro anche la Signora Commissario von der Leyen. La stessa ha potuto portare, per ora, null’altro che le parole di solidarietà della Ue. Domani si spegneranno le luci su quella platea assortita e i partecipanti ritorneranno al loro lavoro, avendo ricevuto nell’ occasione una serie di imput da elaborare. Non sarà un’incombenza facile, perchè anche oggi le notizie che provengono dai fronti di guerra, dai mercati e dagli indicatori economici in generale, sono tutt’altro che incoraggianti. Non pertanto il mondo si fermerà, anzi! Solo che già si sta vedendo chi veramente sta fattivamente collaborando per fermare le armi e chi, equivocando la portata di “para bellum, si vis pacem,”, limitandosi a fare dichiarazioni senza far null’altro, di concreto si limita a ripetere: “armiamoci e partite”.