“Agnotology”, l’importanza di studiare l’ignoranza

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Il Rinascimento del Nord produsse in Europa sviluppi scientifici di prima grandezza. Oggi, lo ‘spirito del Nord’ soffia nelle comunità in cui è diffuso e intenso il dialogo intorno a ciò che non conosciamo. Qui il processo d’apprendimento prende il sopravvento sul processo d’insegnamento al fine di coltivare questioni astruse che svelano sentieri inediti da percorrere. L’insegnamento, che è praticato con tanto fervore nel Bazar delle Follie, è focalizzato sulle mappe della conoscenza affinché l’allievo sia messo nelle condizioni di poter dire ‘io so’. L’apprendimento, invece, prepara la mente alla comprensione dell’ignoranza come qualcosa di regolare anziché di deviante. Chi impara a studiare l’ignoranza – “agnotology” è il termine coniato dallo storico della scienza Robert N. Proctor – prova piacere a non trovare ciò che cercava e non ha paura di misurarsi con l’incertezza che nasce dal “non sapere di non sapere”. È così che fatti catalogati come immutabili, fissati una volta per tutti, vengono sfidati e smentiti. Sollecitate dalla tecnologia a correre con passo spedito, le nuove generazioni del ventunesimo secolo si liberano dalle pesanti mappe della conoscenza datate “ventesimo secolo” per viaggiare con un bagaglio leggero lungo sentieri pluridirezionali. Sono loro i nomadi della conoscenza. Quanti hanno assimilato la lezione del fisico e premio Nobel Richard Feynman conducono esperimenti alla caccia di ciò che invalida le loro ipotesi di partenza, anziché soffermarsi solo sulle evidenze che le confermano. Nei più svariati campi della sperimentazione – dalla ricerca di base giù fino all’applicazione industriale delle scoperte, dalle innovazioni tecnologiche ai nuovi modelli di business – i giovani talenti sono in mobilità internazionale. Partendo dai quattro punti cardinali, il loro è un andirivieni (non emigrazione) che li fa incrociare navigando gli uni in direzione opposta agli altri. Da tempo, i giovani cinesi, indiani, coreani e, in generale, orientali si sono mescolati in occidente con europei e americani. Questi ultimi stanno facendo lo stesso muovendosi verso Est. Con pari determinazione, per rispondere alle esigenze di un ceto medio in rapida evoluzione e con crescente potere d’acquisto, le imprese corrono a tutto campo, giocando la partita dell’innovazione aperta tanto ai fornitori quanto ai concorrenti e ai clienti. Le loro scelte di localizzazione della ricerca e sviluppo diventano cruciali rispetto alle decisioni di localizzazione delle attività di fabbrica. All’Intel dicono che se è stato relativamente semplice decidere sul dove installare una fabbrica, è invece un’arte quella di scegliere dove paracadutare un centro di ricerca. Tutto dipende dai talenti disponibili, ancor prima che dai consumatori e dalle politiche dei governi. Unitamente alla mobilità delle persone e delle imprese, la pervasività della tecnologia minaccia un numero già grande e crescente di industrie. Si pensi alla marea montante del wifi globale che tanto rafforza la propensione alla mobilità quanto indebolisce gli operatori tradizionali che nel settore delle telecomunicazioni avevano piantato radici robuste ed estese.

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