Affidamento paritario, prima sentenza in Italia. Si fa davvero il bene di un bambino?

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Affidamento paritario, prima sentenza in Sicilia per due genitori divorziati. Accolta l’istanza presentata dal padre. La decisione emessa dalla sezione civile del tribunale di Palermo è chiara:il figlio minorenne abiterà una settimana da lui e un’altra dalla madre”. Secondo l’interpretazione della prima sezione civile del tribunale di Palermo, giunta pochi giorni fa, a propositi dei figli di genitori divorziati, l’articolo 337 ter del codice civile non si riferisce esclusivamente all’affidamento legale condiviso ma anche alla custodia fisica condivisa, lasciando quindi propendere per la preferibilità del collocamento paritetico.” Per la prima volta, in Sicilia, i giudici riconoscono l’affidamento paritario, ovvero il figlio minorenne non sarà più affidato a un solo genitore: nel caso che è stato affrontato il ragazzo ha espresso il desiderio di stare “una settimana da mamma e una da papà”, il tribunale lo ha accontentato. Il diritto di famiglia è negli ultimi anni in profonda trasformazione, specchio di una società che cambia, ma anche di riforme che incidono notevolmente su decisioni e assetti che sembravano ben delineati e che hanno accompagnato le separazioni e l’affidamento dei figli per decenni. Ha assunto, senza dubbio, un ruolo fondamentale il best interest del minore (il miglior interesse), spesso conteso tra i genitori e bersaglio di una guerra che suo malgrado deve subire, in passato senza poter esprimere la propria opinione pur essendo destinatario di decisioni che suo malgrado doveva accettare. Ma, la recente riforma Cartabia, ha previsto l’ascolto del minore in tutti i procedimenti che lo riguardano. Il legislatore ha previsto l’ascolto di un minore che ha compiuto gli anni dodici ed anche di età inferiore ove capace di discernimento, ascoltato dal giudice o ad un suo ausiliario – psicologo o neuropsichiatra infantile. Le opinioni del minore dovranno essere prese in considerazione, tenuto conto della sua età e del suo grado di maturità. Anche le sentenze dei giudici, negli anni sono cambiate, a dimostrarlo anche quella emessa nei giorni scorsi dal Tribunale di Palermo, che apre la visuale all’affido condiviso paritario con collocamento alternato e mantenimento diretto. Nel principio di bigenitorialità che da anni accompagna giudici ed operatori del settore minorile nel nostro Paese, i provvedimenti legalmente hanno affidato in maniera condivisa tra i due genitori, mentre la custodia fisica restava affidata prevalentemente ad uno dei genitori. Il principio di fondo della bigenitorialità che si può attuare nelle sue diverse forme, deve portare ad una situazione di fatto idonea a garantire la presenza di ciascun genitore nella quotidianità del minore. La separazione è un lutto per il sistema famiglia e per la coppia, che spesso porta rabbia e rancore, che si riversa nei tribunali trascinandosi dietro ogni decisione che riguarda i propri figli, in una guerra senza esclusione di colpi, che talvolta porta a denunce e ad accuse pesanti, dove inermi subiscono i figli, spesso sottoposti a cambiamenti o a visite contro il loro volere, con rischi psicopatologici per il minore. Dall’altra parte c’è sempre un genitore che rivendica più tempo col proprio figlio o il suo legittimo ruolo. In Italia sono quattro milioni ed in estate e durante i periodi festivi le tensioni aumentano. Conflitti e ripicche si susseguono e a volte finiscono in tragedia. Che l’equilibrio possa trovarsi nel collocamento paritetico? In realtà il fondamento è che i figli minori trascorrano, alternativamente, un periodo abbastanza lungo di permanenza presso la casa della madre e del padre, consistente, il più delle volte, in un paio di settimane prima con un genitore e, poi, con l’altro. Nel caso specifico di Palermo, il giudice ha assecondato il desiderio del ragazzino di vivere una settimana con la madre ed una col padre. Le sentenze si rispettano e fanno anche strada ad altre o diventano spunto per delle nuove, proprio per questo motivo, chi come me opera nel settore sociale, incontrando ogni giorno ragazzini e separazioni conflittuali, una riflessione sorge spontanea: può un minore, anche se per suo volere, divenire una sorta di pallina pazza che rimbalza da una casa all’altra ogni settimana? Che i ragazzini abbiano capacità di adattamento, è fuori dubbio. Ma, ogni settimana dovrà affrontare un trasloco con i libri di scuola, le sue cose personali, adattandosi agli orari dell’altro genitore, alle regole dell’altro. Dov’è finita la continuità per un minore, che necessita di punti fermi e solidi? Tenere in considerazione la volontà di un minore è estremamente giusto, ma forse andrebbe accompagnato ad una riflessione, trovando il giusto compromesso regolamentando anche la valutazione sull’opportunità del collocamento alternato che certamente non può essere effettuato a scatola chiusa, ma caso per caso. D’altro canto le cause familiari, non si presentano mai uguali a se stesse, ma l’importante è che, sia il giudice che i genitori in lite, tengano sempre in considerazione l’interesse dei figli e il loro diritto a crescere in un ambiente quanto più sereno possibile e che gli garantisca stabilità.