E’ morto questa mattina a Napoli Paolo Isotta, una delle più autorevoli voci della musicologia italiana. Autore di alcuni dei più importanti saggi sui massimi compositori italiani, da Paisiello a Rossini, da Donizetti a Verdi, Isotta aveva 70 anni ed era professore emerito del Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli. Era stato per tantissimi anni il critico musicale del Corriere della Sera.
Isotta si è spento nella sua casa di Napoli, città dove è nato il 18 ottobre del 1950, che amava profondamente e che non ha mai lasciato. Figlio di un avvocato civilista, frequenta il liceo Classico Umberto I del capoluogo campano e poi la facoltà di Giurisprudenza e di Lettere dell’Università Federico II di Napoli. I suoi studi musicali avvengono sotto la guida del pianista Vincenzo Vitale, allievo di Alfred Cortot e maestro di pianisti celebri come Michele Campanella e Bruno Canino. Studia anche composizione con Renato Parodi e Renato Dionisi. Isotta vive in quasi totale simbiosi con la musica, conoscendone gli aspetti più profondi nonché quelli squisitamente tecnici, entrando in contatto, spesso in maniera polemica, con i più grandi personaggi del mondo musicale internazionale. Noto anche per la sua ‘vis polemica’, Isotta insegna ai Conservatori di Reggio Calabria, Torino e Napoli, ma abbandona l’insegnamento nel 1994 “per progressiva intolleranza verso gli allievi attuali”. La sua carriera di critico musicale inizia invece al ‘Giornale’ di Indro Montanelli, nel 1974, per poi passare al ‘Corriere della Sera’ nel 1980, dove rimane fino alla pensione. In quegli anni pubblica molti elzeviri che, grazie alla sua competenza e al suo stile di scrittura ricercato e raffinato, gli fanno vincere il Premiolino nel 1990. Dirige con Piero Buscaroli le collane ‘Musica e Storia’ per Mondadori e ‘La Musica’ per Rusconi e scrive anche diversi saggi su Antonio Caldara, Gioachino Rossini (‘I diamanti della corona’ del 1974 e ‘Per una lettura de ‘Il Turco in Italia’ di Rossini’ del 1984), sull’influenza della musica sull’opera di Thomas Mann (‘Il ventriloquo di Dio’ del 1983) e ancora su Paganini, sul direttore d’orchestra Victor De Sabata e l”Omaggio a Renata Tebaldi’ del 2002. Poi il silenzio fino al 2014, quando appare per Marsilio ‘La virtù dell’elefante’, un libro vincitore del Premio Acqui Storia nel 2015 in cui racconta la sua lunga esperienza di critico musicale ma anche di uomo, togliendosi diversi sassolini dalle scarpe. “Non è il libro della mia vita, è il libro di una vita”, dice lo stesso Isotta de ‘La virtù dell’elefante’, in cui pubblica anche diverse foto della sua famiglia e dei suoi amati cani. A questo volume ne seguono molti altri, fino a ‘Verdi a Parigi’ pubblicato da Marsilio nel 2020.
Nota la sua polemica nei confronti del direttore d’orchestra Claudio Abbado che contrapponeva a Riccardo Muti del quale è stato grande amico fino a qualche anno fa. Ne ‘La virtù dell’elefante’ dedica ampio spazio sia ad Abbado che a Muti, dopo avere pubblicato nel 2013 un articolo fortemente critico nei confronti del direttore d’orchestra Daniel Harding e, indirettamente, di Claudio Abbado. Articolo che gli costa il divieto di entrare al Teatro alla Scala dopo che l’allora sovrintendente Stéphane Lissner lo dichiara “persona non gradita”. Dopo l’addio al Corriere della Sera del 16 ottobre 2015 con un famoso articolo apparso sul quotidiano di Via Solferino (“Torno a essere un musicista e null’altro che questo. Col presente articolo si chiude la mia attività di critico musicale svolta per più di quarantadue anni”), Isotta si dedica allo studio e alla pubblicazione di nuovi libri, ma parallelamente collabora con Il Fatto Quotidiano, dove scrive di musica, cultura, politica e costume e, dal 2018, con Libero. Tra i premi ricevuti, nel 2017 c’è l”Isaiah Berlin’, conferitogli “per altissimi meriti culturali”, dopo Mario Vargas Llosa, Ralf Dahrendorf, Giuseppe Galasso, Giovanni Sartori, Andrea Carandini e molti altri.