Addio a Skarmeta , l’autore del ‘Postino di Neruda’

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Nato a Antofagasta, nel nord del Cile, il 7 novembre 1940, figlio di immigrati croati, Antonio Skármeta inizia a scrivere sin da bambino e alla fine degli anni Sessanta pubblica una raccolta di racconti, «El entusiasmo» e nel 1969 vince il premio Casa de las Americas con il saggio «Desnudo an el tejado». In seguito al colpo di stato (1973), Skármeta lascia gli studi di lettere e filosofia in Cile, per terminarli alla Columbia University di New York, dove ha iniziato a lavorare traducendo autori come Francis Scott Fitzgerald e Jack Kerouac. Dopo aver vissuto un anno in Argentina, si è trasferito a Berlino, dove ha insegnato sceneggiatura all’Accademia di cinema e televisione. In Germania ha pubblicato «Sognai che la neve bruciava» (1975) il suo primo romanzo. Ha raggiunto la fama internazionale grazie ad «Ardiente paciencia» (1985), più noto con il titolo «El cartero de Neruda» (Il postino di Neruda). Il romanzo, tradotto in oltre venti lingue e adattato al cinema con l’ultima interpretazione di Troisi, era nato come uno spettacolo teatrale. Il protagonista del libro è Mario Jiménez, un giovane pescatore che decide di abbandonare il proprio lavoro per diventare il postino della Isla Negra, nella quale l’unica persona che riceve e invia corrispondenza è il grande poeta Pablo Neruda. Mario ammira Neruda e vorrebbe che il poeta gli dedicasse un libro e che la loro relazione fosse qualcosa di più di un educato scambio di battute con mancia finale. Quando il suo desiderio diventa realtà, tra i due nasce un’amicizia che conduce Neruda a strane, e apparentemente poco poetiche, avventure. Nel frattempo, il clima politico del Cile di quegli anni fa precipitare gli eventi. Tornato in Cile dopo il 1989, dove ha lavorato per il cinema e la televisione, Antonio Skármeta ha dato alle stampe «Le nozze del poeta» (1999); «La bambina e il trombone» (2001) ed «Il ballo della Vittoria» (2003), che gli è valso il Premio internazionale Ennio Flaiano e il Premio Planeta in Spagna. Della sua produzione successiva vanno citati «Un padre da film» (2010) e «I giorni dell’arcobaleno» (2011).