Addio a Salvatore Pica, l’ultimo dandy napoletano

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in foto un'illustrazione di Jenni Catullo

di Antonello Grassi

È morto a Napoli all’età di 83 anni Salvatore Pica. Era ricoverato all’ospedale Cotugno. Operatore culturale assai noto in città, Pica – che da qualche anno soffriva di enfisema polmonare – non ha retto alle complicazioni seguite al Covid dal quale era stato colpito qualche settimana fa.
Nato alla vigilia della seconda guerra mondiale a Montesanto, quartiere popolare nel centro antico della città, Pica era divenuto quasi senza volerlo, alla fine degli anni Sessanta, un punto di riferimento per la Napoli più aperta alle sollecitazioni artistiche, culturali e politiche provenienti, in quel febbrile scorcio di secolo, da Milano e da Francoforte, da Parigi e da New York, da Londra e da Los Angeles.  Assieme alla Modern Art Agency di Lucio Amelio, allo Studio Morra, alla Galleria Trisorio, allo Spazio Libero di Vittorio Lucariello, lo Studio Ellisse di Salvatore Pica – dove era possibile venire a contatto con il grande design italiano e internazionale – fu infatti uno dei pochi ma vitali centri di snodo e di irradiamento delle nuove tendenze estetiche in una città la cui borghesia era ancora, in massima parte, attardata sui miti dell’Ottocento.
Tuttavia quella di Ellisse fu soltanto una parentesi nel percorso umano e culturale di Salvatore Pica. Sensibilissimo ai mutamenti che dopo il ’68 si fecero tumultuosi perfino in una società statica come quella napoletana, negli anni Settanta e poi soprattutto negli anni Ottanta Pica se ne fece interprete e in qualche caso promotore e anticipatore con le sue originali iniziative: tra le quali si ricordano, all’indomani del terremoto, l’Accademia della catastrofe; oppure l’apertura, in un quartiere come la Sanità, del Kgb, la discoteca che inaugurò una nuova era in un rione allora tabù per gran parte della borghesia napoletana; o il lancio del bar Pick e Paik nell’area dei baretti (che sarebbe esplosa qualche anno dopo); e ancora l’inaugurazione di varie gallerie d’arte contemporanea per aiutare gli artisti che non avevano la possibilità di esporre.
Vitalissimo e giovanile ancora negli anni 90 e Duemila nonostante l’avanzare dell’età, Pica appariva sempre in bilico tra la nostalgia di un passato ormai mitico, quello di una Napoli popolare – dalla quale lui stesso proveniva – e pullulante di vita, poverissima e tuttavia gentile e ironica; la delusione per un presente che aveva tradito le speranze della sua giovinezza; e il disincanto amaro nei confronti di un futuro le cui premesse non lasciavano presagire nulla d buono. A chi non lo conosceva bene il suo humour appariva venato di malinconia e cinismo, una malinconia e un cinismo che, a guardare bene, erano in lui l’altra faccia di una attitudine sentimentale esasperata, vera cifra del napoletano antico, specie ormai rarissima, che sopravviveva in lui.

La biografia (da Wikipedia)

Salvatore Pica (Napoli, 7 gennaio 1939) è un imprenditore e scrittore italiano esperto di arte e design. Dal dopoguerra, è stato uno dei primi operatori culturali a promuovere la cultura del design e dell’arte contemporanea nel mezzogiorno italiano.

Centro Ellisse
Nel 1968 apre il Centro ellisse a Napoli,[3] una città dove i negozi antiquari e i restauratori sono numerosi. In questo contesto Pica propose la manifattura italiana del design, con aziende quali Driade,[4] Alessi e Kartell, esponendo i prodotti in un’ambientazione domestica. Seguendo questo innovativo stile di vendita, l’identità del negozio si evolse diventando uno dei primi promotori e rivenditori di arte contemporanea a Napoli.[5] Insieme con la Modern Art Agency dell’amico Lucio Amelio.

Lavoro come operatore culturale
Il Centro Ellisse fu partner e sponsor dell’Accademia di belle arti di Napoli, producendo concorsi e mostre aperte agli studenti. Il Centro Ellisse pubblicò libri sul design, l’arte, il teatro e l’antropologia con il progetto editoriale “Quaderni Ellisse”, includendo autori come Giulio Baffi, Stefano De Stefano e fotografi di rilievo come Fabio Donato.
Con la Pica Gallery, Pica ha lavorato come curatore e gallerista sostenendo i giovani artisti, tra i quali vi sono Lino Fiorito, Gennaro Castellano, Adriana De Manes, Matteo Attruia,[9] Pierre-Yves Le Duc. Inoltre ha aiutato a riscoprire artisti, da lui promossi nel passato, come Renato Barisani e Sergio Fermariello.
Insieme con lo scrittore Lucio Rufolo, Pica è membro fondatore dell’Accademia della catastrofe, un movimento situazionista che ha animato trasversalmente la cultura popolare e quella alta di Napoli.
Pica è autore di saggi antropologici in stile autobiografico ed etnografico. Ha trattato sull’antropologia della metropoli, la donna, i napoletani, in diversi scritti pubblicati da editori storici come Dante & Descartes e Colonnese.

Opere
La notte è dura ma non ci fa paura (1990, Colonnese)
La donna napoletana (1991, Colonnese)
Il Maschio Napoletano (1996, Dante & Descartes)
Tipi da baretto (1997, Dante & Descartes)
Vissi d’Arte: Quarant’anni sui marciapiedi dell’arte 1968 – 2008 (2008, Profeta/Imprint)
La Rabbia Esaudita (2012, Enzo Albano)
I napoletani (2014, Enzo Albano)

in foto un’illustrazione di Jenni Catullo