Ad Astra, la #buonascuola di Elon Musk

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Il Bazar delle Follie vende di tutto; è anche coinvolto nei servizi educativi. Se volete che i vostri figli siano invischiati nelle lotte scolastiche tra rifomisti renziani e controriformisti di varia estrazione, allora fate loro frequentare le scuole del Bazar. Siate tanto ambiziosi da puntare a saltare il fosso? Rivolgetevi a Elon Musk, destinazione Los Angeles. Musk è l’imprenditore che dalla scienza e dalla tecnologia ha creato gioielli imprenditoriali come PayPal per i pagamenti online, la Tesla Roadster – la prima sportiva elettrica car dell’era moderna – e SpaceX, che progetta, produce e lancia razzi e veicoli spaziali innovativi, “con l’obiettivo finale di consentire alle persone di vivere su altri pianeti” (come recita il suo sito web). La rivoluzione dell’apprendimento è una speranza pervasiva. Elon Musk l’ha tradotta in realtà fondando di sana pianta una scuola elementare nuova di zecca nei suoi contenuti. Musk ha dato alla scuola il nome “Ad Astra” forse per rammentare il detto latino “Per aspera sic itur ad astra” che ci porta a riflettere sulle asperità da affrontare per giungere alle stelle, cioè alle cose alte. Nell’intervista rilasciata a Maya Kosoff (2015), Musk afferma di non vedere nelle scuole regolari fare le cose che a suo giudizio dovrebbero essere fatte. Egli vede un difetto fondamentale nel modo in cui le scuole insegnano la risoluzione di un problema. “è importante – sostiene Musk – insegnare il ‘problem solving’ o insegnare il problema e non gli strumenti”. La visione di Ad Astra è quella di una scuola elementare senza distinzioni tra studenti di primo o di terzo anno. Una scuola, inoltre, che viene incontro alle attitudini e alle abilità dei discenti. Dice Musk: “C’è chi ama l’inglese o, in generale, le lingue. Altri mostrano passione per la matematica; altri ancora per la musica. Abilità diverse, tempi d’apprendimento differenti”. Musk non si cura – se mai ce ne fossero – di divieti statali, impedimenti burocratici e boicottaggi corporativi. Va spedito avanti, perché è convinto che l’apprendimento e l’insegnamento siano liberi, e che creare del vuoto nel vaso delle politiche scolastiche sin qui adottate dia fiato alla libertà d’apprendere e di insegnare. Egli alza la voce per dire che non basta riformare, bisogna ridefinire contesti e contenuti della scuola se si vuol contribuire ad aprire uno scenario tinto di rosa per le nuove generazioni, i neonati che avranno 20 anni nel 2035. Ci sarà tra i nostri infanti un altro Jonas che, al pari del Jonas che avrà vent’anni nel 2000, un film del 1976 diretto da Alain Tanner, scriverà un’altra, tutta diversa storia della scuola?