Acri-Ipsos: generale miglioramento del clima economico in Italia

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Roma, 29 ott. (askanews) – Il clima economico in Italia mostra segni di un generale miglioramento, rispetto allo scorso anno, che aveva già segnato il ritorno ad un cauto ottimismo, dopo un 2022 attraversato dall’avvio del conflitto in Ucraina, dal drammatico aumento del costo dell’energia e dalle ricadute pesanti sui prezzi, cui si era associato un periodo di incertezza politica. Lo riporta la tradizionale indagine annuale realizzata dall’Acri in collaborazione con Ipsos, all’antivigilia della Giornata mondiale del risparmio.

Una fotografia relativa al modo in cui gli italiani gestiscono e vivono il risparmio, alla luce del contesto Paese e della condizione socioeconomica personale. E’ basata su domande specifiche che mirano a cogliere il punto di vista degli italiani sul tema specifico della Giornata.

Secondo lo studio il contesto appare oggi meno problematico, complice probabilmente la discesa dell’inflazione, a cui si accompagna la speranza di un abbassamento dei prezzi a breve, e la discesa dei tassi di interesse che per alcune famiglie e imprese, può rappresentare una boccata d’ossigeno per le proprie finanze.

Come certificato già da Istat, in Italia migliora la fiducia per il clima economico e la fiducia dei consumatori, certamente legata agli aumenti salariali dell’ultimo anno e ad un mercato del lavoro che continua a ridurre la disoccupazione mese dopo mese dal 2016. Lo studio Acri-Ipsos evidenzia un miglioramento del tenore di vita delle famiglie, che si attesta su livelli superiori a quelli pre-pandemia (49% le famiglie che dichiarano un tenore di vita migliorato o più facile da mantenere vs 44% nel 2018). É il risultato del calo rispetto al 2023 di famiglie in forte difficoltà economica e della crescita delle famiglie che hanno registrato un miglioramento.

I soddisfatti per la propria situazione economica salgono quindi dal 56% al 64%. Nel frattempo le aspettative degli italiani riguardo al futuro appaiono orientate a dare molta fiducia alle capacità personali di affrontare la situazione (34% dichiara che la propria situazione migliorerà vs 15% che pensa che peggiorerà), rasserenati dall’aver gestito bene gli ultimi anni, e forti di un certo ottimismo sulla propria capacità di risparmio e di ricomposizione della spesa.

Le aspettative per l’economia mondiale appaiono migliori rispetto agli ultimi due anni, prosegue l’analisi, seppure non ottimistiche. Queste aspettative sono favorite da segnali di resilienza nei mercati globali e da una ripresa economica post-pandemia più robusta del previsto in diversi Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, e dalla convinzione che i conflitti, per quanto gravi e rischiosi, non possano generare ulteriori danni all’economia del Paese.

Quando si considerano, invece, le prospettive economiche dell’Europa e soprattutto dell’Italia, queste rimangono stabilmente negative (il saldo tra chi pensa che migliorerà e chi pensa che peggiorerà è rispettivamente di -16 vs -13 punti percentuali il 2023 e di -36 vs -37 punti percentuali).

Nello scenario attuale, a valle del rinnovo del Parlamento Europeo, si indebolisce la fiducia nell’Unione europea e nell’Euro, riporta l’indagine, specialmente tra le fasce di età più mature; al contrario, le nuove generazioni rimangono molto più positive (53% tra i 18-30enni vs 45% a totale popolazione). Nel complesso, è venuta meno la ripresa di fiducia del periodo post pandemico.

A intaccare la fiducia hanno probabilmente contribuito diversi fattori, proseguono Acri e Ipos con un comunicato: le tensioni politiche interne all’Ue emerse con più forza all’indomani delle elezioni europee, comprese le questioni relative alla migrazione e alla gestione delle frontiere; i profondi cambiamenti nel panorama geopolitico e le tensioni per i conflitti in atto che hanno influenzato la percezione della capacità dell’Ue di mantenere una posizione forte e unitaria sulla scena internazionale.

Secondo lo studio l’Europa che appare ancora come il luogo della libertà di scambio e movimento (29%), ma ingessata da troppa burocrazia (33%), e da una mancanza di omogeneità delle regole nei diversi Paesi, non riuscendo a far sì che tutti gli stati membri operino in modo trasparente e democratico.

C’è una minore soddisfazione verso l’euro rispetto al picco del 2021 (40% vs 49% nel 2021), anche se la maggior parte degli italiani continua a ritenere che nel lungo periodo l’Euro offrirà un vantaggio (50%). Ciò nonostante, la maggioranza degli italiani continua a ritenere che l’uscita dall’Ue sarebbe un grave errore (61%).