A rilento il Grande progetto
Investiti solo 58 mln di euro

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Burocrazia lumaca: dall’approvazione del provvedimento a oggi avviate soltanto tre gare Per completare il piano restano da spendere 181 milioni. Si punta a chiudere entro il 2015 Tre gare avviate in quasi due Burocrazia lumaca: dall’approvazione del provvedimento a oggi avviate soltanto tre gare Per completare il piano restano da spendere 181 milioni. Si punta a chiudere entro il 2015 Tre gare avviate in quasi due anni, 58 milioni e 600mila euro investiti, 181 milioni e 400mila euro ancora da spendere, otto bandi per undici interventi complessivi ancora da approvare. Il focus sullo stato del Grande Progetto che l’Unione Europea finanzia con 355 milioni di euro per rilanciare il porto di Napoli è impietoso. Progettazione preliminari, verifiche, pareri, nulla osta, bandi, gare, ricorsi. La palude burocratica in cui l’Autorità Portuale è chiamata a districarsi dilata a dismisura i tempi, scoraggia le imprese e rende impossibile provvedere a una progettazione di lungo corso. Fin qui l’organo che amministra lo scalo del capoluogo riesce ad avviare tre cantieri: la realizzazione di una rete di collegamenti tra strade e ferrovie, per un costo di 31 milioni e 600mila euro; la riqualificazione e il completamento della rete fognaria portuale (22 milioni di euro); la bonifica dei fondali (5 milioni di euro). In quest’ultimo caso, però, l’Autorità ha appena pubblicato il bando, di conseguenza non si può parlare di progetto entrato nella fase esecutiva. Quella che attendono, tanto per fare degli esempi, interventi destinati a incidere in maniera determinante sul futuro del porto come il dragaggio dei fondali, necessario per poter ospitare le navi di ultima generazione sia in riferimento al traffico crocieristico che al comparto commerciale. I prossimi interventi in scaletta sono la riqualificazione della darsena della Marinella, importo dei lavori stimato in 12 milioni di euro, l’efficientamento energetico del porto attraverso l’utilizzo delle superfici degli edifici demaniali (7 milioni e 600mila euro), l’escavo dei fondali dell’area orientale (39 milioni), il prolungamento della Diga d’Aosta (18 milioni) e le azioni di bonifica superficiale delle acque e reperimento di relitti archeologici da allocare successivamente in un’area espositiva. Quest’ultimo caso è del tutto singolare perché dai documenti pubblicati dall’Autorità Portuale risulta un impegno di 26mila e 400 euro per la verifica del progetto il cui costo ammonta a 39mila euro. Spese che si sovrappongono, bilanci che non quadrano, investimenti che non partono. È la fotografia dello stato attuale del porto di Napoli. Il commissario Francesco Karrer, mandato ormai in scadenza, due settimane fa si presenta a Roma, al ministero dell’ambiente, per velocizzare la procedura di rilascio dei permessi relativi alle operazioni di dragaggio dei fondali. Ma ottiene ben poco. Dall’Autorità fanno sapere che a questo punto l’unica soluzione è rappresentata da un intervento diretto del Governo e dall’approvazione, magari, di un decreto ad hoc che consenta di velocizzare i tempi e accorpare, per esempio, pareri dei ministeri e del Consiglio superiore dei lavori pubblici. In alternativa il cronoprogramma, che prevede la pubblicazione di tutti i bandi entro la fine del 2015, non può essere in alcun modo rispettato.