di Giuseppe Delle Cave
Un luogo simbolo di contraddizioni e comportamenti “oltre la legge” (il riferimento è ai recenti fatti di cronaca che hanno spinto il Governo a dedicargli, addirittura, un decreto), cui si contrappone un simbolo della legalità (magistrato siciliano martire della mafia). E’ il cortocircuito che la Laf (Libera Associazione Forense) cerca di ingenerare a Caivano, e anche altrove nel Napoletano con tappe già programmate tra gennaio e febbraio, portando lì con il presidente della sua sezione napoletana, Mario Barretta, la mostra “Sub tutela Dei – il giudice Rosario Livatino”.
Presidente Barretta, fa tappa a Caivano, e nel Napoletano, la mostra sul giudice-ragazzino, Rosario Livatino, da Laf presentata al Meeting di Rimini del 2022 e punto d’attrazione per tanti giovani durante il lungo cammino che ha toccato già 70 città in Italia. Come si spiega un successo, per certi versi clamoroso, rispetto alla figura di un magistrato ucciso dalla mafia oramai 33 anni fa? Perché il giudice, e il beato Livatino, sono così attuali?
Livatino è una testimonianza di vita e non un astratto simbolo. La sua memoria continua a suscitare ancora oggi un impatto positivo, fungendo da faro per coloro che hanno conosciuto la sua storia, umana e professionale. Rosario Livatino è stato un uomo la cui eccezionalità era rinvenibile nell’ordinario suo modo di vivere, con serietà e passione, senza separazione tra il modo con cui viveva i rapporti personali anche strettamente familiari e l’impegno nel suo lavoro di Magistrato, mantenendo la stessa premura e cura verso ogni parte coinvolta, senza abuso di ruolo. Un uomo di fede capace di vivere la realtà in maniera piena, mai trascurando il riconoscimento dell’umanità dell’altro pur dentro le pieghe degli errori umani. Oggi abbiamo bisogno di testimoni così e la sua figura è certamente sempre attuale ed a lui dobbiamo ispirarci. A Caivano, come in ogni parte del mondo, ci sono persone il cui cuore attende una possibilità di riscossa, di fiducia e la figura di Livatino non può che dare coraggio e speranza.
Il Papa ha spesso citato Livatino e in un’occasione, in particolare, l’ha fatto utilizzando una sua frase molto suggestiva: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. Francesco si riferiva, in questo suo discorso all’udienza generale del gennaio 2019, ai credenti ipocriti, poco credibili. Ma è un insegnamento valido per tutti quello di Livatino. La credibilità è ancora un problema per l’Italia? E, se sì, in cosa la testimonianza del giudice siciliano può aiutare a migliorare le istituzioni di questo Paese e la società?
La credibilità nasce dalla serietà con cui si affronta la vita, così come il lavoro. La testimonianza di Livatino, richiamata dal Papa, suggerisce che la credibilità non si limita solo alla fede, ma si estende a tutti gli ambiti della vita. La credibilità di Livatino è ispirazione per una vita in cui trasparenza, integrità e responsabilità, sono soltanto la conseguenza di un atteggiamento autentico che inevitabilmente migliora il contesto sociale in cui si vive.
Oltre alla mostra, a Caivano è previsto un incontro con i giovani del territorio. Un evento parallelo, “Rosario Livatino incontra gli studenti”. Da cosa nasce e quale segno provate a lasciare in quella comunità?
L’incontro è stato fortemente voluto dal commissario Filippo Dispenza con la disponibilità del preside del Liceo Braucci di Caivano, professor Claudio Mola, proposto con l’obiettivo di ispirare e coinvolgere i giovani sulla figura di Livatino e i valori che rappresenta, come la legalità e l’impegno civico. Il segno che si cerca di lasciare in quella comunità è promuovere la consapevolezza che è possibile produrre un cambiamento nella realtà sociale a partire dalla decisione di vivere con serietà ogni aspetto della propria vita, incoraggiando gli studenti a contribuire positivamente alla società e ad abbracciare valori di integrità e giustizia.
Caivano è un esempio di disagio sociale simile a molti altri in Italia. La speranza è che le nuove generazioni che la abitano pongano fine ad una triste tradizione di comportamenti fondati sulla prevaricazione, sulla scorciatoia dell’illegalità, sui soldi cosiddetti facili. La testimonianza, l’esempio, appare dunque fondamentale perché processi di emancipazione culturale e di adesione ai principi di onestà e rispetto della legge prendano il via. Crede che il lavoro fatto in quel territorio da figure come don Maurizio Patriciello possa rappresentare un modello? Le gambe su cui gli insegnamenti, anche del beato Livatino, debbano camminare?
Sì, il lavoro svolto da figure come don Maurizio Patriciello a Caivano rappresenta un modello per promuovere l’emancipazione culturale e il riscatto sociale. Ma non solo questo. Don Maurizio è una presenza nel territorio, è un punto di riferimento che indica una strada di cambiamento verso il bene e contribuisce alla costruzione di una società più umana, basata sul rispetto reciproco. Questi sforzi sono fondamentali per interrompere cicli negativi di comportamenti illegali e promuovere un cambiamento positivo.
Cosa le ha lasciato sul piano umano e professionale l’esperienza della mostra “Sub tutela Dei”?
Sul piano umano sono stato fortemente preso a lavorare per la Mostra, vivendo la conoscenza della storia umana di Rosario Livatino non per un ricordo o una commemorazione da celebrare, ma come un incontro personale con lui. Mi ha stupito come molti si sono coinvolti rendendosi disponibili a dare il proprio contributo per l’evento, generando nuovi legami di amicizia in maniera inaspettata e questo dice che la verità di una esperienza, di un incontro, non resta ancorata al passato ma si rinnova e produce i suoi frutti nel presente.