Debito alle stelle in sei mesi (78.6 mld) quanto 5 punti percentuali di Pil

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Si può essere ottimisti quanto si vuole, ma guai a nascondere la testa nella sabbia pur di evitare di guardare in faccia la realtà. Ridotto ai minimi termini è questo il senso che si ricava dalla riunione del recente G20, svoltosi in Cina a cavallo delle due ultime settimane. Nella bozza del documento finale, infatti – pure redatto, evidentemente, per essere condiviso da tutti i rappresentanti del club dei Paesi maggiormente industrializzati – il linguaggio prudente della diplomazia evita di consegnarci un’immagine dei Grandi della Terra al pari dello struzzo. Certo, nel documento si parla vagamente di rilancio dell’economia, facendo ovviamente leva su tutti gli strumenti possibili, fiscali e monetari; ma si dice pure chiaramente che i rischi “al ribasso persistono”, tra cui lo stagnante stato di commerci e investimenti internazionali, fino alla possibilità che gli stessi mercati finanziari possano ricadere in nuove turbolenze.

Da qui, tuttavia, a concertare soluzioni concrete ne passa. Nel senso, che ciascun membro del club – alla fine, come è giusto che sia – adotterà decisioni imposte dalle questioni di casa propria e non di altre. E, infatti, in questo senso i segnali sono subito arrivati. Per esempio, dagli analisti è unanimemente ritenuto, ormai, tutt’altro che scontato l’atteso incremento dei tassi della moneta Usa in questo mese di settembre. Il cambiamento di orientamento si evince dalla diffusione da parte dell’Institute for Supply Management dell’omonimo indice (ISM, appunto) non manifatturiero che nel mese di agosto è registrato in discesa a 51,4 punti dai precedenti 55.5 del mese prima.

A invitare alla prudenza è intervenuto, poi, anche il direttorio della Bce che infatti ha lasciato i tassi invariati (tassi negativi, ricordiamolo) e confermato il piano di acquisti “Quantitative easing” fino al marzo 2017. L’economia dell’area euro è “solida ma lo scenario base rimane soggetto a rischi al ribasso”, ha sottolineato il presidente Mario Draghi nella consueta conferenza mensile.

A metterci il carico da dieci, inoltre, è intervenuta anche la notizia della produzione industriale tedesca che a luglio è risultata molto debole (-1,5%) rispetto al mese precedente. Sicché, come si incarica di farci sapere l’Eurostat, il pil della Germania è rilevato in rallentamento, dopo l’aumento di 0,5% registrato nel primo trimestre 2016. Nel secondo, insomma, la crescita è stata di 0,3% nella zona euro e 0,4% nella Ue-28.

In questo scenario – nemmeno a ripeterlo – l’Italia (insieme a Francia e Finlandia) è addirittura fermo. Crescita zero. E se il pil di Austria (+0,1%), Grecia e Lituania (+0,2%) è registrato sotto la media Ue (+0,4%), letteralmente volano invece i Paesi dell’Est: Romania (+1,5%), Ungheria (+1%), Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca (+0,9%). Va bene anche la Spagna (+0,8%).

Sempre a proposito del Belpaese ci sono, invero, degli indicatori negativi stranamente sottaciuti dalla grande stampa e che pure meriterebbero, invece, di essere sottolineati. Per dire, in materia di lavoro, nel secondo trimestre di quest’anno sono diminuiti i contratti stabili e contemporaneamente sono aumentati i licenziamenti. Infatti, le attivazioni di contratti a tempo indeterminato sono state 392 mila 43, ovvero il 29,4% in meno rispetto all’anno scorso (-163 mila 99). I rapporti di lavoro a tempo indeterminato cessati sono stati 470 mila 561.

Il nostro Paese, ancora, è primo in Europa per mancata riscossione dell’Iva. Secondo uno studio commissionato da Bruxelles, nel 2014 sono andati persi 36,9 miliardi di euro, in assoluto la cifra più elevata di tutti i Paesi europei.

E ce ne sarebbero anche altri di dati da evidenziare, ma non è il caso di deprimerci ulteriormente. Anche se uno, in particolare, proprio non si può ignorarlo ed è relativo al debito pubblico che – come riporta il sito “Finanza in Chiaro” – sta letteralmente esplodendo.

“Soltanto nei primi sei mesi dell’anno – scrive infatti Gancarlo Marcotti – il nostro debito pubblico è aumentato di 78,9 miliardi di euro, una cifra pazzesca, mai era accaduta una cosa del genere in passato … e sì che l’Italia in fatto di debito può dire la sua”. E aggiunge: “Per capire cosa significhi per l’Italia incrementare il debito pubblico di 157,8 miliardi in un anno basta dire che nel 2009, quando stava per disintegrarsi il mondo, abbiamo avuto il massimo aumento del nostro debito pubblico, fino ad oggi imbattuto: +97,2 miliardi. Mentre la crescita media negli ultimi dieci anni sempre del nostro debito pubblico è stata di 64,7 miliardi”.

È appena il caso di ricordare che 78,9 miliardi di euro corrispondono grosso modo al 5% del nostro pil. E però di tutto questo c’è poco sui giornali. Ci sono invece paginate e paginate dedicate alla bufera che si è abbattuta sul neo sindaco di Roma, Virginia Raggi, e sul M5S.

Altro che mettere la testa nella sabbia.