Intensificare, accelerare: Boccia alla prova del Sud

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Quando Stefan Pan dell’Alto Adige e il calabrese Natale Mazzuca si sono seduti alla destra e alla sinistra del presidente Vincenzo Boccia si è avuta la plastica visione di una delle novità più interessanti del nuovo corso di Confindustria: la soppressione del Comitato Mezzogiorno in favore del Comitato delle rappresentanze regionali.

Un cambiamento un po’ criticato e molto sottovalutato che mostra adesso il suo significato più intenso: la crescita del Sud non è un problema locale o da relegare nell’angolo delle questioni generali ma è a tutti gli effetti un tema centrale del quale l’intera classe dirigente del paese deve farsi carico, gli imprenditori prima degli altri.

Così la presentazione del check up periodico sullo stato di salute del Meridione realizzato con collaborazione con Srm è stata l’occasione per mettere alla prova lo schema novello con un effetto di sicuro impatto sulla platea, in maggioranza giornalisti, che ha potuto assistere in anteprima all’inedita unità di parole e di vedute.

Senza voler scomodare i tanti numeri snocciolati e nonostante il desiderio dei relatori di mostrare il bicchiere mezzo pieno, il fatto è che le cose non vanno affatto bene a meno che non ci si voglia consolare con un aumento della ricchezza dell’1 per cento nell’ultimo anno e dunque un tantino superiore allo 0,7 per cento registrato al Nord.

Meno ancora si può essere soddisfatti se a trainare la ripresina è una sola regione, la piccola Basilicata, a causa dell’impennata dell’export dovuto alle vendite in America delle Jeep prodotte a Melfi dalla Fca. Un fenomeno felice e interessante ma che ha poco a che vedere con le dinamiche industriali e le capacità di sviluppo del territorio.

Certo, c’è la consolante costatazione che laddove le aziende si organizzano in distretti e in reti gli andamenti sono migliori della media ma resta la piaga di una sconfinata disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, solo in parte lenita dai primi impulsi dell’applicazione del Jobs Act che qualche buon risultato sta portando.

Mancano gli investimenti pubblici e privati, questo il vero punto dolente, precipitati del 40 per cento nei lunghi anni della crisi e non più recuperati. Su questo sono almeno tutti d’accordo. E senza investimenti una vera solida ripresa non potrà mai aversi. Da qui la necessità di saper attivare tutte le fonti, nazionali e comunitarie.

Convince l’impostazione empirica e pratica di Boccia di premiare strumenti e misure che dimostrano di funzionare sul campo e di concentrare in una sola visione di politica industriale gli sforzi di governo e regioni sfrondando le centinaia d’incentivi che ingombrano il campo facendo la fortuna degli intermediari anziché delle imprese.

Insomma, c’è davvero molto su cui lavorare per provare a vincere la rassegnata resistenza che segue a ogni nuovo slancio. Intensificare e accelerare sono le parole d’ordine del presidente di Confindustria che da buon meridionale conosce le virtù e ancor meglio i vizi della sua terra e della sua gente, così generose e così inaffidabili.

Tanto da essere giustamente orgogliose delle grandi potenzialità che possiedono e incredibilmente decise a non attivarle.