L’asse Cina-Russia e l’Eurasia

Nella tradizione, ormai lunga, della dottrina eurasista, ha un posto rilevante il nesso profondo tra slavi e razze asiatiche.

Sul piano filosofico e geoculturale, è come se i russi rappresentassero ancora la “Terza Roma”, quella della ricostruzione definitiva della civiltà europea e del suo Imperium, che si unisce con il mondo asiatico, inizio e termine dello sviluppo sapienziale dell’umanità.

Si noti, peraltro, che queste dottrine, nate in un contesto conservatore e spesso propugnate dalle “Guardie Bianche” controrivoluzionarie, sono oggi i punti di riferimento di quella che potremmo definire l’”ideologia della Presidenza” negli anni di Vladimir Putin.

L’Eurasia quindi, dominio dello Hearthlandasiatico, secondo le teorie geopolitiche di Mackinder, collegamento spirituale e politico con l’Europa peninsulare, punto di controllo di tutti i “mari mondiali”, da quello Atlantico attraverso la penisola europea a quello Pacifico, che bagna l’area orientale dello Hearthlandasiatico.

L’Eurasia è un invariante strategico.

E’ questo l’universo filosofico, tutt’altro che secondario, nel quale si sviluppa la nuova dottrina eurasista che, peraltro, sconta la lontananza inevitabile tra la penisola europea e mediterranea con il Nuovo Continente.

La filosofia, stavamo per scrivere l’esoterismo, del Patto Atlantico, è invece un progetto filosofico, prima che militare, che unisce la tradizione massonica britannica, quella che ha definito l’idea di Impero moderno, con il protestantesimo europeo.

I valori del Moderno, quindi, che si incarnano nella tradizione occultista della teosofia e della fine dei tempi in attesa della Rivelazione Ultima.

Non si creda, peraltro, che queste impostazioni siano aliene dal contesto geopolitico, strategico e militare che ha disegnato il confronto bilaterale della guerra fredda.

Nel quadro geofilosofico attuale, il tema di fondo è quello dell’unione tra gli slavi, lo abbiamo già notato, e le razze asiatiche, soprattutto quella han cinese.

Il modello culturale dello Hearthlandè quindi quello della Tradizione contro la distruzione del Sacro, della Sapienza contro quella che Hegel chiamava la “scienza calcolante”, del popolo contro l’individualismo, dell’economia sociale contro il mercato atomizzato.

Tutte idee della destra spiritualista epanslavista che riemergono nel progetto eurasiatico oggi, dopo la fine dell’URSS; e che hanno viaggiato dentro gli apparati bolscevichi, compresi quelli dell’intelligence, fino ad oggi.

Ironia della sorte, erano queste le posizioni di un Santo e di un geniale matematico, oltre che pope ortodosso, Pavel Florenskij, che sarà fatto uccidere da Stalin nel lager delle isole Solovky.

Il mistico russo (altra frattura eurasista: misticismo vs. razionalismo) aveva scoperto, prima di essere fucilato dalla GPU, le proprietà della superconduttività elettrica alle basse temperature.

Ma torniamo agli equilibri geoeconomici attuali e futuri nel sistema russo-cinese.

E’ molto probabile allora che, data la forte presenza di jihadisti in Asia Centrale, il califfato di Al Baghdadi, sconfitto territorialmente tra Siria e Iraq, possa ricostruirsi in Asia centrale, nello snodo tra civiltà russa e mondo han, sulle macerie dell’Afghanistan e nell’arco, ormai critico, tra Tagikistan e Uzbekistan.

Secondo i dati più recenti, in tutta l’Asia centrale i jihadisti che combattono con l’Isis sono ben 10.000, mentre 3000 sono i terroristi islamici russi e solo 800 quelli provenienti dalla Cina.

Numeri tali da mettere in allarme i governi dell’area.

E’ la globalizzazione terrorista del jihad islamico che spezza in due il progetto eurasiatico, fuggendo da un più pericoloso Mediterraneo e da un Nord Africa ormai ingestibile anche per l’Islam detto “radicale”.

Inoltre, la vicinanza del nuovo cerchio islamista alle due nuove potenze, Russia e Cina, consente l’innesco di fortissime tensioni ideologico-religiose nella Provincia Autonoma dello Xingkiang cinese, abitata da uighuri islamici di origine turca, nonché la destabilizzazione futura, per quanto riguarda la Federazione Russa, degli Urali e della Siberia Centrale.

Mosca e Pechino non vogliono che alcuno si intrometta nella nuova Hearthland, non solo il jihad ma anche le altre grandi potenze globali statuali, ed è questo il senso delle tensioni in Ucraina, porta dell’Asia, o in Georgia, nesso possibile tra NATO e sistema russo.

L’altra possibilità è che gli USA rafforzino il loro dialogo bilaterale con la Cina senza la collaborazione russa, ma Washington continua a sostenere le colourrevolutionsdei Paesi periferici, un dato che Pechino guarda con il massimo timore.

Sul piano economico e finanziario, le banche centrali russa e cinese hanno promosso, all’inizio di quest’anno, un Memorandum of Understandingper le parità locali e gli scambi finanziari, mentre il Russian Direct InvestmentFund, la Vneshkombanke il China-Eurasia Economic Fund hanno costituito un accordo per gestire il flusso di investimenti cinesi nell’economia russa, soprattutto nelle aree siberiane e nell’area del trans-Baikal.

La Federazione Russa vende oggi armi evolute alla Cina, ma non vuole creare occasioni di reverse engineeringné intende accettare la volontà cinese di non vendere armi russe ai concorrenti di Pechino in Asia, ovvero l’India e il Vietnam.

La Cina, poi, continua ad investire in Ucraina, con una disponibilità, tra le altre, di ben 15 miliardi di Usd per la costruzione di abitazioni, mentre sostiene l’upgrade tecnologico della rete informatica di Kiev.

Inoltre, Mosca non accetta il progetto cinese di costituire una banca di investimenti per la Silk and Road Initiative, accelerando così la scelta, da parte di Pechino, di costituire la Asian InfrastructureInvestmentBank, che ha un rilievo geopolitico più vasto e tende a diluire il potere cinese nel più vasto contesto europeo e internazionale.

Mosca, poi, non accetta il progetto cinese di costituire piattaforme commerciali diverse e magari opposte al WTO.

Sul piano strategico, Cina e Russia offrono ai loro vicini della Shangai Cooperation Organization una serie di opportunità operative per raggiungere la stabilità interna.

Il punto di partenza è stato l’accordo sino-russo del Maggio 2015, in cui i due Paesi hanno collegato l’integrazione eurasiatica con l’iniziativa di Pechino della Silk and Road Initiative.

Secondo la Banca Mondiale, la Cina ha già investito 13 miliardi di Usd in Kazakhistan, di fronte però all’Olanda che ne ha messi a disposizione 64.

Pechino è il principale operatore di Investimenti Esteri Diretti in Kirghizistan, con 299 miliardi di Usd, mentre la Russia ha messo a disposizione 161 mld. di Usd.

E’ probabile, quindi, che Mosca e Pechino vogliano continuare in questa direzione, evitando pericolose implicazioni militari e operazioni invasive sul territorio di Paesi che, pure, sono a rischio jihad.

E non bisogna dimenticare l’effetto del TPP nel sistema delle economie dell’Eurasia.

Sia il TTP del Pacifico che il TTIP atlantico sono diretti, come è facile intuire, a destabilizzare, da parte degli USA, il progetto eurasiatico.

Israele, poi, ha un ottimo rapporto, sia economico che strategico, con il Kazakhistan, che fornisce allo Stato Ebraico un quarto del suo fabbisogno petrolifero.

Ovvero, il progetto eurasiatico arriva oggi fino al Mediterraneo, mentre Israele ha rotto ogni trattativa, il 29 novembre scorso, con la UE riguardo al processo di pace in Medio Oriente.