Associazioni non profit buone e cattive

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In un’ottica di prevenzione e contrasto all’evasione fiscale e di salvaguardia delle attività di particolare rilevanza sociale, come quelle rivolte alla cura di anziani e delle persone svantaggiate, l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 16 del 28.04.16, ha dettato una nuova strategia che punta a rivoluzionare i controlli fiscali anche nei confronti di quelle realtà non profit che hanno come unico scopo quello di svolgere attività commerciali senza pagare le tasse.

I falsi enti non commerciali, invero, godendo di sconti e agevolazioni o, ancor peggio, sottraendo sovvenzioni pubbliche destinate al “vero” non profit, procurano un danno, anche in termini di concorrenza sleale, a chi invece assume in pieno il rischio di impresa e non evade il fisco.

Infatti, coloro che operano nel settore commerciale di riferimento usufruendo d’indebite agevolazioni fiscali, ma anche celando sotto le mentite spoglie del volontariato veri e propri rapporti di lavoro, compiono atti di concorrenza sleale, perché si pongono in una posizione di vantaggio rispetto agli antagonisti del mercato, in quanto affrontano costi minori e di conseguenza possono offrire prodotti e/o servizi a prezzi più vantaggiosi.

Ad oggi le indagini condotte anche mediante l’incrocio dei dati dell’anagrafe tributaria con i controlli su internet (pubblicità, recensioni, opinioni etc.), hanno mostrato un’attività “sociale” inquinata dalle finte realtà non profit: circoli privati che forniscono prestazioni alberghiere di alto livello, ovvero che gestiscono discoteche, ristoranti e palestre esclusive attrezzate di tutto punto, con vasche per l’idromassaggio, saune ecc.; ma anche associazioni sportive costituite solo per emettere fatture false. Tali soggetti investono nella forma associativa al solo scopo di eludere il fisco; ad esempio, costituiscono un’associazione enogastronomica e culturale, con tanto di statuto che si prefigge lo scopo di valorizzare la cultura del mangiare e del bere del territorio, con il sotteso intento di aprire un ristorante, così eludendo accuratamente gli adempimenti e le spese legate all’apertura di una società, come l’obbligo d’iscrizione alla Camera di Commercio (risparmiando la relativa tassa annuale), il pagamento dell’Irap, dell’Ires ed usufruendo del regime fiscale agevolato (Legge 398/91).

Simulacri di organismi sociali, privi di vita associativa, senza alcuna rendicontazione delle entrate e delle uscite.

Da qui l’importanza di distinguere tra associazioni “buone e cattive”, per evitare il rischio di beneficiare chi non ne ha diritto e negare sostegno a chi realmente persegue finalità solidaristiche e di utilità sociale.