In un mondo completamente “liquido”, dove tutto è a portata di mano, dove le relazioni sono diventate bidimensionali, leggere i giornali senza i giornali, conoscersi senza vedersi, vedere i film senza cinema, l’unica attività reale è la ristorazione, il cibo. Per mangiare abbiamo ancora bisogna per fortuna delle tre dimensioni, di un mondo solido. Il solido: Nino Di Costanzo; Isola di Ischia; Mosaico; stelle Michelin: due; DaNì Maison.
In contrasto con la sua genesi isolana Nino, dopo gli studi specifici, va in giro per il mondo, libero di perseguire la ricerca del sapere, incontra i grandi protagonisti non per seguire le loro orme ma per cercare quello che loro cercavano; rientra per una collaborazione con l’Hotel Terme Manzi, prende in carico al suo interno il ristorante Il Mosaico e da qui inizia la sua scalata che lo porta in meno di due anni alle due stelle Michelin. Severità, precisione e personalità, caratterizzano lo Chef in quegli anni. Nel 2015 il sodalizio si interrompe e Nino inizia il suo periodo sabbatico (con nuove esperienze cucinando per i clienti di mezzo mondo di Ciro Paone di Kiton) che lo porta ai nostri giorni, alla Maison daNì. La casa di famiglia, che fu del nonno e del papà viene trasformata in un luogo, prima che un ristorante, per ossigenare i suoi ricordi.
Nino crea un giardino ed un orto secondo i suoi canoni, ordine e perfezione, all’ingresso durante il percorso tra il verde si ha già la netta sensazione che il suo chakra è nella sua storia, nella sua famiglia. L’interno è minimal/maximal come dire quando l’essenzialità del minimalismo riesce a portare contenuti massimali anche se il protagonismo emozionale è certamente nei piatti. Nino Di Costanzo dà la possibilità di capire piatti complessi nel modo più semplice possibile, prende forza e ispirazione dalla tradizione contadina e marinara dell’isola, utilizzando il cibo come vettore di comunicazione con gli avventori in un continuo processo evolutivo. Il cliente qui viene seguito in prima persona dallo Chef con le sue apparizioni discrete, pronto a raccontare, pronto a sorridere. Il pensiero di quest’uomo, attraverso le sue creazioni, si svuota dell’aggressività necessaria in una società votata al chiacchiericcio, portando a mangiare con pathos fino all’ultimo piatto, fino all’ultimo boccone. Qui si sceglie e non si subisce, qui i piatti anziché essere destinati all’eternità sono diretti all’intensità, liberi di perseguire fino in fondo il diritto al piacere.
Le stoviglie sono create e disegnate personalmente dallo Chef, qui non ci sono piatti che diventano recinti, qui si usa il vetro in blocchi, colorato come il mare ed il sole, elemento di purezza, trasparenza, sospensione. L’entrèe, dopo quello di mare servito su un corallo, è l’ingresso nella napoletanità in formato mignon, esercizio di cultura e pazienza. Il gran Cru…di di pesci, crostacei e molluschi serviti su blocchi di vetro colorato in varie dimensioni e, intelligentemente ritirati singolarmente dopo ogni specifico consumo, è una lezione ai Nipponici e non solo …; il risotto napoletano ai sentori del peperone imbottito, per chi non è partenopeo, riporta alla leggerezza un piatto che leggero non è, ma anche all’eleganza un caposaldo della cucina partenopea, è un’esperienza sensoriale complessa e completa, cinque sensi in un piatto, senza stravolgere la tradizione pur passando per l’innovazione; il coniglio, riferimento culinario dell’isola, qui è nel raviolo e sposa la regina della Regione, la mozzarella di bufala, che bel connubio; la pasta e patate di Nino è un must, 25 formati diversi cotti in gruppi per assonanza nei tempi di cottura, con diverse tipologie di patate secondo stagionalità, trasformate in creme.
Come molti hanno già detto, un piatto che diventa un quadro, come dico io una pasta e patate che ti riappacifica con le cattiverie della vita; l’agnello con la parmigiana di melanzane, la pizza di scarole e la lasagnetta di patate, rielaborata dallo Chef, diventa un piatto estivo per provocazione e tecniche di lavorazione. Il dolce è un cibo premio, è un viaggio emozionale che non ammette delusioni ma aspira all’estasi plurisensoriale e, quando coinvolge anche la sfera emozionale, allora ecco qua: Napul’è. Servito su cartoline ed articoli di giornale, un tablet racconta la napoletanità (con Pino Daniele in sottofondo) e i percorsi di Nino di Costanzo dove nulla lascia al caso, neanche i ringraziamenti al suo Pastry Chef, Antonino Maresca, compagno di avventure dolciarie.
Le coccole finali che decretano il fine pasto nella maggioranza dei casi restano nell’oblio della saturazione gastrointestinale e nei conflitti di coscienza: li mangio o non li mangio. Li mangio. Tutti i protagonisti della pasticceria napoletana, nessuno escluso, formato particelle, meno di un boccone per un’esplosione da Bosone di Higgs, non a caso, “la particella di Dio”. Che dolci particelle, che esplosioni! Per concludere chi vuole vedere all’opera lo Chef con la sua brigata può accomodarsi in cucina per i quattro coperti dello chef table. Il servizio e l’accoglienza sono curati da tre giovani, due per la sala il terzo è il sommelier, sorridenti, educati, professionali e cordiali, come dire qui c’è un algoritmo per tutto. Bentornato Nino.
—————————————–
Menu degustazione: € 100/150
Maison da Nì: I^ Traversa Montetignuso, 28 – Ischia (NA)
Info 081.993190 www.danimaison.it – info@danimaison.it