Spagna, asse con l’Italia sulla green economy

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La Camera di Commercio Spagnola in Italia è un organo di rappresentanza, fondata nel 1953 con il proposito di difendere, sostenere e promuovere gli interessi degli spagnoli in Italia, le esportazioni e l’internazionalizzazione delle loro società ma anche nell’incoraggiare e promuovere gli investimenti esteri delle imprese italiane in Spagna, offrendo anche tutti tipi d’informazioni, siano commerciali come giuridiche. La Camera, grazie al supporto di tutti i Soci che fanno parte di questa organizzazione, continua a rafforzare la propria presenza in Italia sviluppando attività che hanno consentito di stabilire importanti contatti e accordi con importanti istituzioni e autorità sia spagnole e italiane: ” Il nostro obiettivo principale è quello di creare un network forte, dinamico e attivo che rafforzi il rapporto tra i nostri partner, sviluppando sinergie e opportunità di business “. Ne fa parte, tra i vicepresidenti del Consiglio D’Onore, il Console Generale di Spagna a Napoli Jose Luis Solano  Gadea.

La green economy e’ uno degli spazi ove creare interessi comuni volti alla conquista del lavoro da parte dei giovani,  che accomuna Italia e Spagna. Naturalmente e’ una degli strumenti strategici anche per la  Camera di Commercio e Industria Italiana per la Spagna (CCIS); un’associazione formata da imprenditori e professionisti italiani e spagnoli. E’ una di quelle reti che stanno alla base del supporto logistico a quei imprenditori italiani in Paesi difficili, che  hanno bisogno di un supporto sempre maggiore, come dimostra la storia infelice della loro presenza a Dacca nel Bangladesh, dopo l’ultimo eccidio terroristico di questi giorni. Nata nel 1914 e riconosciuta dallo Stato italiano con legge n. 518 del 1º luglio 1970, ha sede a Madrid con delegazioni a Valencia, Vigo e Siviglia e antenne territoriali a Burgos, Santa Cruz de Tenerife, La Coruña e Oviedo. La CCIS é un importante nodo della rete di Assocamerestero, che è rappresentata in 55 paesi da 81 Camere Italiane all’Estero.

Costituisce quindi un interlocutore strategico per chi intende esplorare con efficienza e sicurezza possibilità di internazionalizzazione del proprio business, non solo nei mercati italiani e spagnoli. Un esempio di notevole interesse è  l’aver preso il via,  il  progetto SPAINERGY per favorire l’occupazione giovanile nell’ambito della green economy. La Commissione Europea ha approvato di recente la proposta progettuale coordinata dalla CCIS, nell’ambito del programma Erasmus+; un  cofinanziamento per il progetto SPAINERGY, presentato nei mesi scorsi dalla Camera di Commercio e Industria  Italiana per la Spagna in qualità di ente capofila. Il progetto, che si inserisce nel programma europeo Erasums +, mira a favorire l’acquisizione di competenze professionali nell’ambito della green economy da parte di studenti Spagnoli.

In particolare, SPAINENERGY darà l’opportunità a 63 studenti di tutta la Spagna di realizzare un periodo di stage, della durata di tre mesi,  all’interno di un’impresa attiva in uno dei settori relazionati con l’economia verde (energie rinnovabili, riciclaggio, ecc.), con sede in uno dei paesi europei coinvolti: Portogallo, Italia, Danimarca, Germania, Bulgaria. Il progetto avrà una durata totale di 24 mesi ed i primi flussi di mobilità saranno gestiti a gennaio 2017. Dopo la positiva esperienza di TURISM FOR VET, tuttora in corso, con SPAINERGY la CCIS riafferma pertanto il suo compromesso con l’occupazione giovanile, attraverso la gestione di  progetti che favoriscono l’acquisizione di competenze professionali da parte degli studenti e la loro capacità di adattamento in un contesto differente da quello del proprio paese di origine.

Un esempio della sinergia italo spagnola nel campo della green economy è  nel campo delle soluzioni altamente innovative  per lo smaltimento dei rifiuti: è  infatti anche italiana la tecnologia che recentemente ha  ottenuto il Certificato di eccellenza della Commissione Europea, per il  programma quadro “Horizon 2020“ per la validità, l’alta qualità e l’efficienza di realizzazione del processo di decarbonizzazione idrotermale (Htc) brevettato dalla Spagna. La Commissione Europea assegna il certificato di eccellenza al nuovo impianto per i rifiuti organici: decarbonizzazione idrotermale (Htc), si chiama così, infatti, il metodo innovativo, brevettato in Spagna dalla società Ingelia, si è sviluppato in Italia grazie alle aziende Ingelia Italia e Creo srl, che propone una tecnologia all’avanguardia per il recupero e la valorizzazione dell’umido e del verde da raccolta differenziata, finalizzato alla produzione di lignite e alla chiusura in loco del ciclo dei rifiuti organici. 
Saranno italiani anche i primi impianti, dopo quello sperimentale di Valencia che in solo otto ore , trasforma le biomasse in un principale prodotto finito: la lignite che puo’ essere utilizzata al posto del pellet da legna, come materiale per l’industria in sostituzione della materia prima fossile in molteplici applicazioni (dai filtri alle vernici) e come ammendante per i terreni, risolvendo così in parte il problema dello smaltimento dei rifiuti organici.

Entro il 2017, la Creo srl, guidata dall’imprenditore lucchese Luca Gelli, si prefigge di contare su  due stabilimenti in Toscana, uno a Piombino, che avrà una capacità annua di 60mila tonnellate di rifiuti, con ampliamento e raddoppio negli anni successivi all’avvio, e l’altro a Capannori, in provincia di Lucca (60mila tonnellate). Il tutto per un investimento complessivo di 35 milioni di euro, di cui 8 provenienti da contributi regionali. Seguiranno, poi, e sempre in Toscana , gli impianti a Montespertoli , per poi passare a quello  in Basilicata (Potenza), e successivamente in Puglia e Veneto, sempre previo le dovute autorizzazioni e adoperando il procedimento brevettato in Spagna e acquisito dalla Ingelia Italia: il primo obiettivo è costruire in Italia 15 impianti di decarbonizzazione idrotermale, che tratteranno 475mila tonnellate all’anno di rifiuti organici e produrranno 150mila tonnellate di lignite e 19mila tonnellate di concentrato fertilizzante ricavato dall’acqua impiegata nel  processo.

Mentre alcune autorizzazioni sono ancora attese, nel frattempo  e’ arrivata  dalla Commissione europea  il Certificato per l’Eccellenza della Tecnologia , e tale riconoscimento si inserisce in un percorso di studio e di ricerca portato avanti da Creo e Ingelia Italia insieme al Dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’Università di Pisa, area della chimica industriale, in collaborazione con l’Università Politecnica di Valencia; ulteriore collaborazione attivata è quella che riguarda l’utilizzo agronomico della lignite e del compound di elementi fertilizzanti prodotti dal processo di decarbonizzazione: il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, il principale Ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare, svolgerà delle prove per valutare l’impiego nel settore agricolo e vivaistico, soprattutto sulla coltura della vite e dell’olivo». 

Il procedimento di decarbonizzazione idrotermale ha luogo in condizioni di pirolisi umida. In ambiente chiuso, con acqua liquida a 20 bar e temperature che raggiungono i 200 gradi, i rifiuti organici da raccolta differenziata, le potature e gli sfalci reagiscono come in un naturale processo di carbogenesi, ottenendo un prodotto che ha le caratteristiche di materia prima rinnovabile. Il processo permette di recuperare fino al 99 per cento del carbonio iniziale, evitandone quindi la dispersione nell’ambiente sotto forma di anidride carbonica o, peggio, di gas metano. L’impatto ambientale è molto basso, perché non c’è combustione, i rifiuti non vengono bruciati e non vengono rilasciate polvere sottili in atmosfera. Le emissioni sono visibili, composte prevalentemente da vapore acqueo, essendo quelle derivate dall’essiccazione del biocarbone a valle dell’impianto. L’impianto è inoltre autosufficiente per energia e acqua.

La durata del ciclo di produzione è di 8 ore contro gli oltre 60 giorni della biodigestione e compostaggio: con un ciclo così veloce i quantitativi di rifiuti putrescibili in giacenza sono fino a 150 volte inferiori rispetto al compostaggio ed ecco perché l’impianto ha una ridotta esigenza di area, limitando così il consumo di suolo. Un altro punto di forza risiede nella riduzione delle emissioni: infatti, per ogni tonnellata di rifiuto organico trattato con carbonizzazione idrotermale, anziché con impianto di compostaggio con digestore, si evita di immettere in atmosfera 1,3 tonnellate di anidride carbonica per un totale a regime di 78.000 tonnellate annue. Per la realizzazione degli impianti, Creo srl recupererà fabbricati esistenti di dimensioni contenute. Infine, gli scarti: il processo di decarbonizzazione idrotermale produce zero scarti, perché ogni materiale inserito o trasformato viene valorizzato e, quindi, recuperato.

Due sono i prodotti ricavati da un processo di carbonizzazione idrotermale: la lignite e un liquido sterile contenente acqua e sostanze fertilizzanti. Il primo può essere destinato ad applicazioni di tipo industriale, agricolo e come combustibile. Il secondo per la produzione di fertilizzanti per l’agricoltura, sia in forma solida attraverso l’estrazione degli elementi chimici dal liquido sia in forma liquida concentrata. A fronte delle molteplici possibilità, l’obiettivo principale di Creo srl è rivolto ad impiegare la lignite esclusivamente in processi e prodotti industriali (per esempio nella produzione di filtri a carbone attivo, di elettrodi per batterie, di materiali nanostrutturati e biopolimeri). Con lo stesso impegno, l’azienda sta lavorando per utilizzare la lignite anche in agricoltura e nel settore vivaistico, dove è già normata come ammendante.

Attualmente nell’Unione europea c’è una disponibilità di biomasse umide provenienti dai residui forestali, municipali e dell’agricoltura pari a circa 140 milioni di tonnellate all’anno: di questi 80 milioni di tonnellate sono rifiuti organici umidi. Circa 2/3 di questo enorme quantitativo viene tuttora incenerito o avviato a discarica. In Italia la quantità totale di rifiuti organici da raccolta differenziata è pari a circa 5,7 milioni di tonnellate nel 2014. Secondo le previsioni, il numero è destinato a crescere a circa 6,5 milioni di tonnellate entro il 2020 e raggiungere quota 10,7 milioni di tonnellate entro il 2030 . Attualmente, a fronte di questi numeri non ci sono impianti sufficienti a recuperare tutto l’organico raccolto.