Occupazione, al Sud record di donne madri inattive: il 60% non ha un lavoro e non lo cerca

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Nel Mezzogiorno una buona parte delle donne inattive sarebbe disponibile a lavorare immediatamente se ci fosse l’opportunità di un’occupazione regolare. E’ uno dei dati che emerge dal rapporto “Famiglia, lavoro, gender gap: come le madri-lavoratrici conciliano i tempi”, realizzato dall’osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, pubblicato in occasione del Festival del lavoro 2016 che si apre oggi a Roma, e presentato nel corso di una conferenza stampa in Vaticano.


Fuori dal mercato un terzo delle donne
L’Italia, spiega il Rapporto, è il paese europeo con il più alto rapporto tra inattivi e popolazione: un terzo delle donne italiane 25-49enni (33,3%) – sono escluse, con la scelta di questa fascia d’età, le pensionate – non lavora e neppure cerca un’occupazione. Un tasso d’inattività così elevato non si registra in nessun altro paese dell’Unione (nella media dell’Unione a 28 paesi il tasso è pari al 20,1%). Il tasso d’inattività delle madri con figli conviventi ha un andamento più virtuoso: ancorché di molto superiore a quello dei padri, diminuisce dal 2004 al 2015 di 3 punti percentuali, mentre quello dei padri aumenta, nello steso periodo, di circa 3 punti; mentre la crisi economica determina, dal 2008 al 2014, un aumento di 2 punti percentuali del tasso d’inattività dei padri, quello delle madri diminuisce nello stesso periodo di 2 punti, a causa del fenomeno del minor impatto della recessione sull’occupazione femminile.

Maglia nera alla Campania
Il tasso d’inattività delle madri italiane con figli conviventi si attesta nel 2015 al 37%, mentre quello dei padri al 6%, anche se occorre precisare che, nel 2015, i padri rappresentano solo l’11% del totale dei 2,6 milioni di genitori inattivi (89% le madri). Il tasso d’inattività delle madri più elevato si osserva nel Mezzogiorno, dove quasi il 60% non lavora e non cerca lavoro, mentre quello più basso si registra nel Nord (25%). La regione dove il tasso d’inattività delle madri è più alto è la Campania (61%), quella dove è più basso e il Trentino Alto Adige (22%), dove quasi l’80% delle madri è attiva. Il tasso d’inattività più elevato dei padri si registra in Calabria (15%) e quello più basso in Umbria (2%). Ma se si divide tutta la popolazione in quattro condizioni professionali – occupati, disoccupati, forze di lavoro potenziali e inattivi non disponibili a lavorare – emerge una fotografia del mercato del lavoro meridionale, spiega il Rapporto, piuttosto diversa e più veritiera di quella che si ottiene utilizzando solo i tre tradizionali indicatori (occupati, disoccupati e inattivi). Le forze di lavoro potenziali sono costituite in gran parte dagli inattivi disponibili a lavorare immediatamente se ci fosse l’opportunità, ma che non cercano attivamente un’occupazione, e dagli inattivi che cercano un’occupazione attivamente, ma non sono disponibili a lavorare immediatamente.
I disoccupati sono, invece, coloro che rispondono contemporaneamente ai due requisiti e cioè cercano attivamente un’occupazione e sono disponibili a lavorare immediatamente. Inoltre, si osserva, non è completamente vero che quasi il 60% delle madri meridionali stia a casa, perché la quota d’inattive che non sono disponibili a lavorare si riduce al 31,4%.

Forze di lavoro potenziali
Una percentuale pari al 24,8% è costituita dalle forze di lavoro potenziali, in gran parte costituite da persone che sarebbero disponibili a lavorare immediatamente se si presentasse l’occasione e che probabilmente sono costrette ad accettare lavori non regolari. Sono persone con caratteristiche non molto diverse da quelle dei disoccupati dai quali si distinguono solo per non aver cercato attivamente un’occupazione: è probabile che nel Mezzogiorno i canali formali di ricerca del lavoro non funzionino e siano più efficaci quelli legati alle reti di parenti, amici e conoscenti. Le madri del Mezzogiorno inattive non disponibili a lavorare sono pari al 31,4%. Le percentuali di forze di lavoro potenziali del Nord (6,7%) e nel Centro (9,5%) sono molto più contenute: di conseguenza, la quota d’inattivi non disponibili a lavorare si riduce in misura minore rispetto alle forze di lavoro, passando al 18,5% nel Nord e al 19,9% nel Centro. Le forze di lavoro allargate (forze di lavoro + forze di lavoro potenziali) sono, di conseguenza, nel Mezzogiorno pari al 68,6%, quota inferiore di 13 punti rispetto a quella che si osserva nel Nord (81,5%).