Migrazioni o genocidio?

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Storicamente noi italiani siamo un popolo di migranti. Lo siamo stati sempre per motivi economici e nel ventennio fascista anche per motivi politici. Tra questi il nostro amato Luigi Sturzo, esiliato tra Inghilterra e Stati Uniti tra il 1924 e il settembre del 1946. Com’è noto, nella sue battaglie per la libertà, l’esule siciliano negli anni cinquanta ammoniva la nuova Europa politica e economica, che sorgeva dopo le follie delle due grandi guerre, sulla necessità di guardare alle porte sud della piccola Europa, cioè Spagna, Italia, Grecia e alla parte Europea della Turchia, perché queste sarebbero state le zone d’ingresso dei popoli africani e di quelli medio orientali, attratti dalle ricchezze del mondo occidentale. Questa, come tante altre, è rimasta come profezia inascoltata di don Sturzo, il quale aveva ben intuito il pericolo della nascita di una Grande Europa senza popolo, non federativa, ma imposta da strategie finanziarie dettate da soggetti forti. Una Europa non politica e come tale non in grado di portare a nuovo sviluppo il suo rapporto mediterraneo nella lotta tra i due blocchi. Ciò che don Sturzo aveva intuito era che rafforzando i processi culturali e politici di democrazia nei paesi mediterranei dell’Africa, come del medio oriente, sarebbe derivata la grande occasione per il sud Europa, soprattutto per il sud Italia, di diventare base centrale dello sviluppo logistico e nella dialettica di pace con quei popoli. Tale processo di riscatto per i popoli mediterranei, secondo Sturzo, non poteva che essere collocato nella comunanza di valori ideali, politici e strategici con l’alleato statunitense, ciò anche al fine di depotenziare l’influenza comunista sovietica sull’Europa e la tenaglia strategica di quella sugli interessi occidentali e sud europei. Possiamo sostenere che soltanto Andreotti, Moro e Craxi, ciascuno a modo loro, abbiano capito questa necessità impellente per l’Italia nell’ambito europeo e occidentale. Probabilmente, come ragionevolmente sostenuto da Nicola Antonetti, Giulio Sapelli, e Giuseppe De Lucia Lumeno, nel recente convegno del C.I.S.S.- Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo a Milazzo (dal titolo:Sturzo, La Pira e Mattei. Ideali in comune, visioni in contrasto), anche in riferimento alle lezioni sulla pace di La Pira e alle visione internazionale del ruolo dell’ENI da parte di Mattei. Certamente con il ventennio post Tangentopoli e con il vuoto politico italiano anche nell’ambito europeo, quella politica di sviluppo economico dei popoli mediterranei non europei, sembra essere stata sostituita con l’espansione verso l’area dell’europea dell’est e del nord, che tanto già costo quanto alla seconda guerra mondiale e alle sue conseguenze nella cortina di ferro. Vent’anni di mancato sviluppo dell’area mediterranea hanno determinato come conseguenza l’incapacità delle nazioni mediterranee africane e medio orientali ad essere soggetto guida dei processi democratici in quelle aree geopolitiche, nonché di poter assorbire le migrazioni dei popoli africani e medio orientali dando a queste case e lavoro. Occorre aggiungere che, contrariamente alla dottrina cristiana che chiede di incentivare i popoli a sviluppare le economie e democrazie domestiche e che giudica sommamente ingiusti i processo di migrazione e di sfruttamento dei popoli deboli, intere nazioni di quell’area sono state consegnate a dittatori, tiranni, terroristi e stragisti, che hanno fatto del mercato delle armi, delle droghe e dsi di migranti, le chiavi del loro profitto illecito a danno del bene comune anche dei loro popoli. I loro ricavi, poi, sono stati ben investiti dal punto di vista finanziario a ragione del silenzio anche degli europei. Così, per chi non ha accettato di condividere questa sorte di dolore, oppressione e morte, non è rimasto che scappare, per trovare altra morte nel mar mediterraneo che doveva essere spazio di pace e che oramai, ogni giorno, è mare di migliaia di morti. Così, a nostro avviso, si dovrebbe appalesare nella mente dei governi occidentale, ciò che la gente comune già pensa, o meglio come non si tratti di migrazioni ma di geniocidio di popoli. Utilizzare inglesismi, come hotspot, per giustificare la funzione delle stazioni di transito o di arrivo dei migranti nell’Unione Europea, seppur abile neologismo linguistico, non toglie ciò che sono; o meglio, l’altra faccia, sia pur più civile, dei campi di concentramento delle stazioni di partenza africane gestite dagli schiavisti. Alla coscienza di ciascuno la soluzione umana e politica.