Danza, così Fabrizio Esposito reinventa le convenzioni

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In occasione della Giornata Mondiale della Danza dell’UNESCO del 29 aprile, come da consuetudini si muovono le acque anche più stagnanti del mondo della danza e del balletto italiano, che da nord a sud si rianima e propone iniziative disparate con personaggi più o meno noti. Fabrizio Esposito, già solista della compagnia di balletto del Teatro di San Carlo di Napoli ed oggi coreografo indipendente, non rientra nel novero degli artisti dell’occasione e delle festività, per intenderci. 

Esposito è uomo di danza impegnato tutto l’anno, con iniziative variegate che spaziano dalla formazione alla coreografia, dalla didattica alla scena, dalle residenze coreografiche all’improvvisazione. Un personaggio atipico quanto basta per inventarsi una sua Giornata Mondiale della Danza al PalaMontoro, realizzata in differita il 30 aprile quasi a sbeffeggiare la consuetudine della data e della stessa nomenclatura (Internationa Dance Days, ndr). 

Perché Fabrizio ha deciso di mettersi di traverso rispetto alle abitudini ed alle tradizioni della danza? 
Il mio modo di vedere la danza è sempre stato rivoluzionario, forse perché io stesso non amo troppo i vincoli nella vita e nella quotidianità, salvo le mie relazioni personali ovviamente. La danza poi, a maggior ragione, è un’arte così libera da non potermela proprio immaginare in una scatola chiusa da regole e lucchetti. Figuriamoci in una giornata come quella della celebrazione di Tersicore a tutto tondo! A pensarci bene è stata scelta la data di nascita di Jean Georges Noverre per festeggiare Tersicore ebbene, fino a prova contraria, il teorico illuminista del Settecento aveva concesso maggiore spazio all’interpretazione dei danzatori-interpreti, liberandoli per sempre da costumi ingombranti, parrucche, accessori e quant’altro potesse loro impedirgli di realizzare l’opera d’arte coreutica. 

Quanto ha contato la sua carriera al Teatro di San Carlo per liberare la sua anima rivoluzionaria? 
Fortunatamente abbiamo avuto diversi direttori, ognuno con una propria esperienza ed un proprio canovaccio artistico. Tutti ci hanno lasciato il segno, io ho potuto farne una miscellanea densa di esperienze differenti in scena ed oggi in ogni mia coreografia. Il bello della danza è proprio il poter sperimentare quotidianamente sul proprio e sull’altrui corpo ogni idea, anche le più stravaganti. E così oggi da coreografo rivivo quelle meravigliose esperienze di danzatore riversandole sui miei giovani ragazzi, di una giovane compagnia impegnata in progetti sempre più innovativi. 

La coreografia e la didattica sono davvero oggi i suoi crucci? 
Non potrei mai lavorare senza i giovani, ne morirei. La danza ha il suo futuro nei giovani per cui mi calo ogni giorno nelle loro realtà per cavarne emozioni, sofferenze, inquietudini e tantissime risorse. Con i giovani mi sento ancor più giovane, sia come maestro che come coreografo lavorando appieno con loro. 

Quali sono le produzioni per i giovani? 
La mia creazione di Karmaen è stata studiata con loro, partendo da un libretto storico molto accurato ma poi sperimentato sulle loro reazioni e sulle loro capacità interpretative. Si tratta di una Carmen nata e vissuta tra i briganti del Mezzogiorno italiano. Il prossimo lavoro dei Carmina Burana, invece, sarà un work in progress ancor più fisico che contenutistico, ovviamente, mettendo in risalto ancor di più le loro capacità espressive nel rendimento coreografico ed interpretativo. Del resto saranno Carmina multietnici, in un periodo in cui l’inclusione è davvero d’attualità. 

Come può essere questo International Dance Day il migliore compromesso tra i giovani ed il loro futuro? 
Il mio sforzo costante è quello di dotare i giovani dei migliori strumenti possibili per un lavoro critico ed indipendente. I giovani devono avere uno start up significativo per poter resistere poi alle inevitabili pressioni del palcoscenico, del successo e del fallimento. Questi tre elementi si rincorrono ogni giorno nella vita di un danzatore per cui noi adulti abbiamo l’obbligo di prepararli al meglio ed al peggio perché ognuno di loro avrà il proprio destino. 

Qual è l’anima di questa Giornata?
Il mio International Dance Day ha voluto stimolare le coscienze sul tema della formazione in vista del futuro, accogliendo l’invito di Massimiliano Craus sulla provocazione dell’alternanza scuola-lavoro della Legge 107 (la cosiddetta Buona Scuola) del Governo Renzi, divenuta materia d’indirizzo dei trienni delle scuole superiori di secondo grado. La danza sarebbe, in teoria, la migliore disciplina possibile da inquadrare nel progetto formativo dell’alternanza scuola-lavoro per cui, a ragion veduta, ho pensato a questo convegno sulla Formazione invitando il direttore della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo di Napoli Stephane Fournial, la coreografa Emma Cianchi, il direttore del Teatro Carlo Gesualdo di Avellino Dario Bavaro e la docente e coreografa Antonella Iannone moderati proprio dal critico e docente Massimiliano Craus. Gli obiettivi e le finalità che rincorro ogni giorno sono tutte le speranze di successo per i giovani che ci osservano. Non dobbiamo mai dimenticare che noi abbiamo percorso la stessa strada solo qualche annetto fa.