Criminalità, a Napoli il dossier dell’Unicri: Più alta è l’infiltrazione, più povera è la regione

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Le regioni con un’infiltrazione criminale maggiore hanno uno sviluppo economico peggiore. E’ l’equazione emersa nel corso della Conferenza sulle infiltrazioni del crimine organizzato nell’economia legale organizzata dall’Istituto interregionale delle Nazioni Unite (Unicri) per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America e il Comune di Napoli e che si è tenuta oggi a Napoli a Castel dell’Ovo. Durante l’incontro sono stati presentati i principali risultati dello studio condotto dall’Unicri sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia legale, che si basa sui casi e sui dati forniti dalle forze dell’ordine e dalle autorità giudiziarie italiane. I mercati illegali rimangono la principale fonte di profitto della criminalità organizzata in Italia e in Europa e tuttavia l’infiltrazione della criminalità organizzata nell’economia legale sta aumentando. All’incontro hanno preso parte – tra gli altri – Giovanni Colangelo, Procuratore della Repubblica di Napoli; Colombia A. Barrosse, Console Generale degli Stati Uniti d’America; Giuseppe Grassi, Comandante Nazionale del Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità organizzata della Guardia di Finanza; Luigi de Magistris, Sindaco di Napoli; David Luna e Kristen Larson del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America; Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia e Cindy Smith, Direttrice dell’Unicri. Le attività tradizionali della criminalità organizzata sono attuate in parallelo all’acquisizione, diretta o indiretta, di imprese legali. Il rapporto mette in evidenza l’importanza e la complessità crescente della zona grigia in cui si muovono i gruppi criminali, affidandosi a diversi attori per favorire l’occultamento di profitti illegali. In particolare, diversi attori politici ed economici sono vulnerabili alle pressioni della criminalità organizzata, e possono rappresentare un “punto d’accesso” per i criminali. L’accesso illecito ad appalti pubblici e privati è un’altra strategia largamente adottata dalla criminalità organizzata. Negli anni dal 1983 al 2012 il numero, la complessità e la diffusione geografica dei provvedimenti di confisca sono aumentati passando da circa 50 confische all’anno a circa 500. Il valore totale dei beni confiscati nel periodo considerato (1983-2012) ammonta a circa 1,5 miliardi di Euro. Quasi 690 milioni di euro di beni confiscati sono situati nella sola Sicilia. Nel periodo considerato sono state confiscate 1.708 aziende. Dall’analisi emergono tuttavia due aspetti di rilievo: le regioni con un’infiltrazione criminale più profonda hanno uno sviluppo economico peggiore; e c’è una correlazione positiva tra la più alta spesa in pubblica sicurezza e il numero di provvedimenti di confisca. Sicilia, Campania, Calabria e Puglia hanno il più basso Pil pro capite e il più alto tasso di infiltrazione criminale. In questo caso, i forti legami esistenti tra organizzazioni criminali e il territorio, così come il potenziale di grande ritorno sociale derivante dagli investimenti nell’economia legale rappresentano probabilmente una fonte di attrazione di finanziamenti illeciti. Una seconda tendenza è quella delle regioni con uno standard di vita relativamente alto, come Lombardia e Lazio, che attraggono un’elevata quantità di investimenti illeciti. “Per ridurre il potere economico e il controllo territoriale del crimine organizzato – conclude la direttrice dell’Unicri, Cindy J. Smith – è fondamentale aggredirne le proprietà, scoraggiare le connivenze, far fronte all’impunità e migliorare la protezione degli imprenditori”.