Draghi: la notizia che non c’è

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Draghi: la notizia non c’è e i giornali se la inventano. Come previsto, dalla conferenza stampa di ieri della Banca Centrale Europea non sono arrivate novità. Malgrado ciò i giornali strillano titoli che alludono a chissà quali bacchettate sulle dita che il Governatore avrebbe inferto ai politici tedeschi e, metaforicamente, alla più che mai perfida Albione. Invero in Germania, come altrove, non pochi “rappresentanti del popolo” per lisciare il pelo all’elettorato o semplicemente per ignoranza o opportunismo, sproloquiano su tutto e hanno il diritto di farlo in quanto, almeno loro, sono stati eletti. Mario Draghi, rispondendo alla più scontata delle domande a seguito delle recenti esternazioni di Schauble e altri, si è limitato a distillare aria fritta, ribadendo l’ovvio concetto che Eurotower risponde solo all’Europa e non alla Germania o al suo ceto politico, sulla base del Trattato Europeo e dello statuto della BCE. Ovviamente il banchiere romano ha tralasciato di ricordare che i sacri testi sono stati redatti sotto dettatura della Bundesbank tedesca e rappresentano per le Autorità Monetarie una impropria cintura di castità. Tant’è che l’istituto di Francoforte, a differenza della Fed americana e di tanti altri istituti di emissione, ha come unico obiettivo il controllo dell’inflazione. Concetto che, declinato nella prassi condivisa da tutti i banchieri centrali, inclusi quelli tedeschi, equivale a un obiettivo di crescita dei prezzi, nel medio termine, vicino ma inferiore al 2%. Tale mitico e imperscrutabile traguardo, apparentemente irraggiungibile, continua a essere citato dal Governatore, che lo utilizza come alibi e clava per abbattere critiche e osservazioni provenienti da ogni dove, ma in particolare dai sacerdoti dell’ortodossia monetaria teutonica. Va osservato che tale obiettivo è ben lontano dall’essere raggiunto perché è asimmetrico, cioè pensato e imposto in epoche caratterizzate dalla paranoia dell’inflazione, non dal rischio deflazione. Ne consegue che se è relativamente facile (ma in passato anche la Bundesbank ha spesso fatto cilecca) ridurre l’inflazione, quando è troppo alta, con rialzi dei tassi d’interesse, è molto più difficile alzare il livello dei prezzi contrastando i venti avversi della globalizzazione alimentati anche dal calo delle materie prime, ovvero da forze esogene fuori dal controllo delle autorità monetarie. E ciò è tanto più vero quanto più i tassi sono già a zero o perfino negativi, come accade da tempo non solo in Europa ma anche in Giappone e altrove. Ma allora, viene da chiedersi, le politiche in atto sono inutili o perfino dannose? Draghi, rispondendo indirettamente ai critici, ha ribadito che le analisi controfattuali, cioè quelle che ipotizzano il “cosa sarebbe successo se avessimo lasciato inalterate le politiche in essere due anni fa”, dimostrerebbero che l’inflazione corrente e attesa sarebbe ancora più lontana dall’obiettivo, cioè più bassa di almeno uno 0,5% se nulla si fosse fatto. Inoltre ha precisato che l’attuale livello dei tassi è cosi basso proprio perché c’è deflazione, escludendo così il rapporto causale inverso, sostenuto da alcuni, che vedrebbe proprio il livello minimo dei tassi d’interesse reali e nominali come concausa del rafforzarsi delle aspettative deflattive. Insomma, se si vogliono tassi più alti per aiutare i risparmiatori tedeschi (e italiani, perché no) basta raggiungere un’inflazione maggiore. Tutto ciò è un distillato della scuola di pensiero neo-keynesiana oggi dominante anche all’interno delle principali Banche Centrali, con la rilevante eccezione della Bundesbank, ovviamente. Più che contro la Germania Draghi ha alzato un muro per fermare proprio le derive più estremiste del pensiero monetario e in particolare l’ipotesi che la BCE possa prendere in considerazione la creazione di moneta per finanziare direttamente le famiglie e/o gli investimenti in deficit del settore pubblico. È un eterodosso dibattito che va sviluppandosi, con particolare riferimento al Giappone (che ha oltre la metà del debito pubblico sui libri della banca centrale) e che si riassume con un efficace slogan coniato negli anni settanta dal famoso economista conservatore Milton Friedman “denaro buttato dagli elicotteri”, una efficace espressione per rappresentare la capacità, per qualsiasi banca centrale, di creare inflazione senza problemi ogni volta che ne abbia bisogno. Ma qui siamo alla blasfemia secondo lo statuto della BCE e Draghi, giustamente, glissa. In Europa solo la politica, invece di prendersela con la BCE, può cambiare le regole del gioco e riaprire i rubinetti fiscali. In Italia qualcuno da tempo ci sta provando. Vediamo se anche i socialdemocratici tedeschi, dopo un lungo sonno, si faranno sentire.