Petrolio su ottovolante dopo flop Doha, Borse tengono

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Per i mercati petroliferi un flop, per l’Iran un successo. Sono le due letture, in contrapposizione tra loro, del vertice di Doha di ieri, occasione mancata per un accordo sul congelamento della produzione del greggio. I prezzi, però, li fanno i mercati e infatti le conseguenze non si sono fatte attendere, con il petrolio americano che ha segnato in apertura il peggior crollo da due mesi (-6,8% a 37,6 dollari). Ma in giornata le quotazioni sono salite sull’ottovolante, grazie allo sciopero del settore petrolifero in Kuwait che fa mancare al mercato 1,7 milioni di barili al giorno, più di quello che si proponeva di ottenere il vertice di Doha. E così, alla fine, il petrolio ha chiuso a 39,78 dollari al barile (-1,4%) e anche le Borse, che all’inizio avevano tremato, hanno poi retto l’urto.

Asia scivola con sisma e calo greggio  – Avvio di settimana difficile per le Borse di Asia e Pacifico dopo il sisma che colpisce il Giappone e l’Indonesia dallo scorso 14 aprile ed ha costretto molte aziende ad interrompere le attività produttive. Pesa anche l’ennesimo calo del greggio a seguito del mancato accordo di Doha sul congelamento della produzione, insieme alla rivalutazione dello yen, che penalizza i titoli dei grandi esportatori del Sol Levante. Tokyo ha ceduto il 3,4%, Taiwan lo 0,4%, Seul lo 0,28% e Sidney lo 0,4%. Deboli Hong Kong (-1,36%) e Shanghai (-1,33%) ancora in fase di contrattazioni, in controtendenza Mumbai (+0,5%) e Giakarta (+0,33%), ancora attive. 

La Borsa di Tokyo termina il primo giorno di contrattazioni dopo il sisma avvenuto nella prefettura di Kumamoto con un ribasso sostenuto del 3,40%: il Nikkei ha ceduto oltre 570 punti a quota 16.275.95. Il terremoto di magnitudo 7.3 verificatosi nel corso del fine settimana nella regione del Kyushu, ha aumentato l’instabilità sui mercati finanziari, con gli investitori che guardano all’interruzione della produzione annunciata dalle principali aziende nell’intera regione, da Toyota a Sony, da Bridgestone a Panasonic, e il conseguente impatto dei danni sull’intero comparto assicurativo. Il comunicato poco incisivo dei ministri delle Finanze del G20, dopo i 2 giorni di incontri a Washington, insieme al mancato accordo tra i paesi dell’Opec sul taglio della produzione sono serviti come catalizzatori per un nuovo e pronunciato apprezzamento dello divisa giapponese, considerata dagli investitori come valuta rifugio. Lo yen è tornato a scambiare a quota 108 sul dollaro e a 122 sull’euro, ai massimi dall’aprile 2013.

Per i mercati petroliferi un flop, per l’Iran un successo. Sono le due letture, in contrapposizione tra loro, del vertice di Doha di ieri, occasione mancata per un accordo sul congelamento della produzione del greggio. I prezzi, però, li fanno i mercati e infatti le conseguenze non si sono fatte attendere, con il petrolio americano che ha segnato in apertura il peggior crollo da due mesi (-6,8% a 37,6 dollari). Ma in giornata le quotazioni sono salite sull’ottovolante, grazie allo sciopero del settore petrolifero in Kuwait che fa mancare al mercato 1,7 milioni di barili al giorno, più di quello che si proponeva di ottenere il vertice di Doha. E così, alla fine, il petrolio ha chiuso a 39,78 dollari al barile (-1,4%) e anche le Borse, che all’inizio avevano tremato, hanno poi retto l’urto.

Asia scivola con sisma e calo greggio  – Avvio di settimana difficile per le Borse di Asia e Pacifico dopo il sisma che colpisce il Giappone e l’Indonesia dallo scorso 14 aprile ed ha costretto molte aziende ad interrompere le attività produttive. Pesa anche l’ennesimo calo del greggio a seguito del mancato accordo di Doha sul congelamento della produzione, insieme alla rivalutazione dello yen, che penalizza i titoli dei grandi esportatori del Sol Levante. Tokyo ha ceduto il 3,4%, Taiwan lo 0,4%, Seul lo 0,28% e Sidney lo 0,4%. Deboli Hong Kong (-1,36%) e Shanghai (-1,33%) ancora in fase di contrattazioni, in controtendenza Mumbai (+0,5%) e Giakarta (+0,33%), ancora attive. 

La Borsa di Tokyo termina il primo giorno di contrattazioni dopo il sisma avvenuto nella prefettura di Kumamoto con un ribasso sostenuto del 3,40%: il Nikkei ha ceduto oltre 570 punti a quota 16.275.95. Il terremoto di magnitudo 7.3 verificatosi nel corso del fine settimana nella regione del Kyushu, ha aumentato l’instabilità sui mercati finanziari, con gli investitori che guardano all’interruzione della produzione annunciata dalle principali aziende nell’intera regione, da Toyota a Sony, da Bridgestone a Panasonic, e il conseguente impatto dei danni sull’intero comparto assicurativo. Il comunicato poco incisivo dei ministri delle Finanze del G20, dopo i 2 giorni di incontri a Washington, insieme al mancato accordo tra i paesi dell’Opec sul taglio della produzione sono serviti come catalizzatori per un nuovo e pronunciato apprezzamento dello divisa giapponese, considerata dagli investitori come valuta rifugio. Lo yen è tornato a scambiare a quota 108 sul dollaro e a 122 sull’euro, ai massimi dall’aprile 2013.