Regeni: al via vertice investigatori Italia-Egitto

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 E’ iniziato il vertice tra gli inquirenti e gli investigatori di Italia ed Egitto che indagano sulla morte di Giulio Regeni. Oggi e domani gli incontri tra la delegazione egiziana e i magistrati di Roma sull’omicidio di Regeni: sul tavolo un dossier egiziano di duemila pagine, con indagini su circa 200 persone. 

Immagini video, tabulati telefonici, referti e verbali: è il “materiale probatorio” che l’Italia chiede da molte settimane all’Egitto per far luce sull’omicidio del ricercatore friulano Giulio Regeni – il cui cadavere fu scoperto il 3 febbraio scorso lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria – e che spera di avere nell’incontro che inquirenti ed investigatori dei due Paesi hanno in programma a Roma oggi e domani. Per l’Egitto saranno presenti due magistrati e tre ufficiali di polizia egiziani, per l’Italia il Procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, il pm Sergio Colaiocco e gli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri che seguono il caso.

    Gli egiziani arrivano al tavolo con un dossier sulla morte del ricercatore italiano di duemila pagine che include un esame compiuto su 200 persone di diverse nazionalità che avevano rapporti con la vittima. Ma non è detto che si tratti dei documenti richiesti più volte dall’Italia, ritenuti indispensabili per fare passi in avanti verso la verità, dopo i depistaggi – ultimi quello di un omicidio commesso da una banda di rapinatori; e di un “incrocio” tra l’omicidio Regeni e un traffico di reperti archeologici gestito da una banda locale – da parte delle autorità egiziane, censurati pubblicamente dal governo italiano.

    L’interesse italiano è su piu’ fronti, a cominciare dai video dei luoghi frequentati da Regeni il 25 gennaio (giorno della scomparsa), nel tentativo di individuare il ricercatore, o suoi amici, o persone la cui identificazione può essere di interesse investigativo. Ugualmente, le immagini video potrebbero essere utili – secondo gli investigatori – per individuare furgoni o automobili sospette, che potrebbero in qualche modo essere in collegamento con la scomparsa di Regeni.

    L’Italia chiede con insistenza anche i dati raccolti dalle celle telefoniche dei luoghi sicuramente frequentati quel 25 gennaio da Regeni, la cui “lettura” potrebbe dare una svolta decisiva alle indagini; e, inoltre, ogni elemento raccolto dalle autorità egiziane relativo al periodo dal 25 gennaio al 3 febbraio, data, quest’ultima, del ritrovamento del cadavere.

    Non solo: gli investigatori vorrebbero anche copia del verbale di ritrovamento del cadavere di Regeni, per verificare la compatibilità della descrizione della salma con quanto rilevato al momento dell’autopsia. E, inoltre, i verbali di tutte le testimonianze raccolte dagli investigatori egiziani: sia quelle degli amici del giovane italiano, sia quelle delle altre persone ascoltate dalla polizia. E ancora, una parola definitiva sul ritrovamento, il 24 marzo scorso, dei documenti di Giulio Regeni nell’abitazione della sorella del capo di una banda specializzata in sequestri e rapine di stranieri.

    Infine, gli investigatori italiani – secondo quanto si è appreso – potrebbero chiedere anche informazioni sull’interesse che le autorità egiziane avessero per le ricerche di Regeni, in particolare per i suoi incontri con il sindacato degli ambulanti e per quel progetto, solo abbozzato e forse non gradito al Cairo, che era nella mente del ricercatore italiano, di chiedere un finanziamento da 10mila sterline alla Antipod Foundation per promuovere un programma di sviluppo proprio in Egitto.

Madre scomparso egiziano a mamma Giulio, ti invidio – “Ti invidio per questo coraggio nel presentare le tue richieste determinate, ti invidio l’interesse del tuo governo per la causa di tuo figlio e, scusami, ti invidio per averlo potuto rivedere, anche se in modo tragico”: così scrive alla madre di Giulio Regeni una donna egiziana mamma di un ragazzo scomparso in Egitto nel 2013, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera online. “Cara Paola Regeni, sono passati mille giorni dal rapimento di mio figlio Amr Ibrahim Metwalli – si legge nel testo su Corriere.it -, che è stato nascosto nelle carceri del potere egiziano. Io e mille altre madri egiziane vorremmo rivedere i nostri figli, vedere che i media dell’Egitto parlassero delle nostre tragedie, invece di accusarci di raccontare bugie; vorremmo che un procuratore ci desse un po’ d’ascolto” “Signora Regeni – conclude la lettera -, io e altre centinaia di mamme egiziane ti diciamo che la causa di tuo figlio è la nostra e che la causa dei nostri figli è nelle tue mani. La scoperta della verità su Giulio riporterà a noi i nostri figli e i nostri diritti. E ti diciamo anche che i nostri cuori si calmeranno soltanto quando tu e la tua famiglia otterrete giustizia”. 
   

 E’ iniziato il vertice tra gli inquirenti e gli investigatori di Italia ed Egitto che indagano sulla morte di Giulio Regeni. Oggi e domani gli incontri tra la delegazione egiziana e i magistrati di Roma sull’omicidio di Regeni: sul tavolo un dossier egiziano di duemila pagine, con indagini su circa 200 persone. 

Immagini video, tabulati telefonici, referti e verbali: è il “materiale probatorio” che l’Italia chiede da molte settimane all’Egitto per far luce sull’omicidio del ricercatore friulano Giulio Regeni – il cui cadavere fu scoperto il 3 febbraio scorso lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria – e che spera di avere nell’incontro che inquirenti ed investigatori dei due Paesi hanno in programma a Roma oggi e domani. Per l’Egitto saranno presenti due magistrati e tre ufficiali di polizia egiziani, per l’Italia il Procuratore della Repubblica di Roma Giuseppe Pignatone, il pm Sergio Colaiocco e gli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri che seguono il caso.

    Gli egiziani arrivano al tavolo con un dossier sulla morte del ricercatore italiano di duemila pagine che include un esame compiuto su 200 persone di diverse nazionalità che avevano rapporti con la vittima. Ma non è detto che si tratti dei documenti richiesti più volte dall’Italia, ritenuti indispensabili per fare passi in avanti verso la verità, dopo i depistaggi – ultimi quello di un omicidio commesso da una banda di rapinatori; e di un “incrocio” tra l’omicidio Regeni e un traffico di reperti archeologici gestito da una banda locale – da parte delle autorità egiziane, censurati pubblicamente dal governo italiano.

    L’interesse italiano è su piu’ fronti, a cominciare dai video dei luoghi frequentati da Regeni il 25 gennaio (giorno della scomparsa), nel tentativo di individuare il ricercatore, o suoi amici, o persone la cui identificazione può essere di interesse investigativo. Ugualmente, le immagini video potrebbero essere utili – secondo gli investigatori – per individuare furgoni o automobili sospette, che potrebbero in qualche modo essere in collegamento con la scomparsa di Regeni.

    L’Italia chiede con insistenza anche i dati raccolti dalle celle telefoniche dei luoghi sicuramente frequentati quel 25 gennaio da Regeni, la cui “lettura” potrebbe dare una svolta decisiva alle indagini; e, inoltre, ogni elemento raccolto dalle autorità egiziane relativo al periodo dal 25 gennaio al 3 febbraio, data, quest’ultima, del ritrovamento del cadavere.

    Non solo: gli investigatori vorrebbero anche copia del verbale di ritrovamento del cadavere di Regeni, per verificare la compatibilità della descrizione della salma con quanto rilevato al momento dell’autopsia. E, inoltre, i verbali di tutte le testimonianze raccolte dagli investigatori egiziani: sia quelle degli amici del giovane italiano, sia quelle delle altre persone ascoltate dalla polizia. E ancora, una parola definitiva sul ritrovamento, il 24 marzo scorso, dei documenti di Giulio Regeni nell’abitazione della sorella del capo di una banda specializzata in sequestri e rapine di stranieri.

    Infine, gli investigatori italiani – secondo quanto si è appreso – potrebbero chiedere anche informazioni sull’interesse che le autorità egiziane avessero per le ricerche di Regeni, in particolare per i suoi incontri con il sindacato degli ambulanti e per quel progetto, solo abbozzato e forse non gradito al Cairo, che era nella mente del ricercatore italiano, di chiedere un finanziamento da 10mila sterline alla Antipod Foundation per promuovere un programma di sviluppo proprio in Egitto.

Madre scomparso egiziano a mamma Giulio, ti invidio – “Ti invidio per questo coraggio nel presentare le tue richieste determinate, ti invidio l’interesse del tuo governo per la causa di tuo figlio e, scusami, ti invidio per averlo potuto rivedere, anche se in modo tragico”: così scrive alla madre di Giulio Regeni una donna egiziana mamma di un ragazzo scomparso in Egitto nel 2013, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera online. “Cara Paola Regeni, sono passati mille giorni dal rapimento di mio figlio Amr Ibrahim Metwalli – si legge nel testo su Corriere.it -, che è stato nascosto nelle carceri del potere egiziano. Io e mille altre madri egiziane vorremmo rivedere i nostri figli, vedere che i media dell’Egitto parlassero delle nostre tragedie, invece di accusarci di raccontare bugie; vorremmo che un procuratore ci desse un po’ d’ascolto” “Signora Regeni – conclude la lettera -, io e altre centinaia di mamme egiziane ti diciamo che la causa di tuo figlio è la nostra e che la causa dei nostri figli è nelle tue mani. La scoperta della verità su Giulio riporterà a noi i nostri figli e i nostri diritti. E ti diciamo anche che i nostri cuori si calmeranno soltanto quando tu e la tua famiglia otterrete giustizia”.