Dalla metro aperta a Cheffou, tutti i buchi dei belgi

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Polizia e intelligence belga sempre più nella bufera dopo l’ennesima clamorosa gaffe della liberazione di Fayçal Cheffou, per giorni considerato il terzo terrorista, ‘l’uomo col cappello’, e rilasciato per mancanza di prove. Ma questo è solo l’ultimo insuccesso di una lunga serie. Prima, dopo, e perfino durante le stragi di martedì scorso sono state tante le falle, gli errori, le incertezze, i ritardi registrati nell’azione di lotta al terrorismo delle autorità belghe, additati ormai al livello internazionale come simbolo di inefficienza e inettitudine. Accuse già scoppiate all’indomani delle stragi di Parigi del 13 novembre, pianificate a Molenbeek. E che nei giorni prima del 22 marzo si erano placate, solo per qualche ora, grazie all’arresto di Abdelslam Salah. Ma che ora, alla luce degli ultimi sviluppi, stanno riprendendo vigorose. Di seguito una breve galleria delle mancanze più clamorose.

‘L’UOMO CON IL CAPPELLO’, TUTTO DA RIFARE – Appena due giorni dopo le stragi, viene fermato un giornalista free-lance, Faiçal Cheffou. Dopo i primi interrogatori, il giorno dopo, venerdì, il suo fermo viene trasformato in arresto, grazie alla testimonianza chiave del tassista che ha portato i due kamikaze e lui a Zaventem. L’accusa è gravissima: aver partecipato ad attività terroristica in relazione agli attentati. Rimane dentro sabato e domenica. Oggi la svolta: libero per mancanza di prove. La polizia riparte da zero e rilancia la caccia all’uomo con un video sul web;

CRITICHE DA TURCHIA E GRECIA – Ankara nei giorni scorsi ha fatto sapere di aver in passato informato Bruxelles dell’espulsione di Ibrahim El Bakraoui, il ‘foreign fighter’ fermato dai turchi vicino al confine con la Siria lo scorso giugno ed espulso verso il Belgio, via Schipol-Amsterdam, a luglio. E’ uno dei kamikaze di Zaventem: al momento del suo rientro in Olanda non era stato preso in custodia né dagli olandesi né dai belgi. “Incompetenti”, ha tuonato il presidente Recep Tayyip Erdogan. Oggi ancora imbarazzo, ma con la Grecia. Atene aveva comunicato al governo belga, già a gennaio 2015, di aver trovato mappe dell’aeroporto di Zaventem nell’appartamento dove Abdelhamid Abaaoud, la ‘mente’ di Parigi, aveva vissuto in quel periodo. Anche quella segnalazione è caduta nel vuoto;

METRO, PERCHE’ NON S’E’ CHIUSA? – Dopo un batti e ribatti durato giorni, resta l’ennesimo giallo tra il ministro dell’Interno, Jan Jambon, che dice di aver dato l’ordine di evacuazione alle 8.50 (comunque 52 minuti dopo le bombe a Zaventem) e il portavoce della Metro, che nega tutto. Per questa vicenda e altre gravi disfunzioni, sia lui, sia il suo collega alla Giustizia, Koen Geens, hanno offerto le proprie dimissioni, respinte dal premier Charles Michel. Al lavoro una Commissione d’inchiesta parlamentare;

SALAH, PERCHE’ COSI’ POCHI INTERROGATORI? – Per mesi è stato la ‘primula rossa’ del terrorismo islamico, l’uomo più ricercato al mondo. E una volta catturato vivo, ben prima del 22 marzo, viene interrogato pochissimo. Le Monde ha rivelato che dopo 125 giorni di caccia all’uomo, Salah è stato ascoltato solo due volte, per un’ora ciascuna, perché stanco e ferito. Appena 120 minuti, che secondo molti non sono stati abbastanza nemmeno per tentare di sventare le stragi di Bruxelles.

Polizia e intelligence belga sempre più nella bufera dopo l’ennesima clamorosa gaffe della liberazione di Fayçal Cheffou, per giorni considerato il terzo terrorista, ‘l’uomo col cappello’, e rilasciato per mancanza di prove. Ma questo è solo l’ultimo insuccesso di una lunga serie. Prima, dopo, e perfino durante le stragi di martedì scorso sono state tante le falle, gli errori, le incertezze, i ritardi registrati nell’azione di lotta al terrorismo delle autorità belghe, additati ormai al livello internazionale come simbolo di inefficienza e inettitudine. Accuse già scoppiate all’indomani delle stragi di Parigi del 13 novembre, pianificate a Molenbeek. E che nei giorni prima del 22 marzo si erano placate, solo per qualche ora, grazie all’arresto di Abdelslam Salah. Ma che ora, alla luce degli ultimi sviluppi, stanno riprendendo vigorose. Di seguito una breve galleria delle mancanze più clamorose.

‘L’UOMO CON IL CAPPELLO’, TUTTO DA RIFARE – Appena due giorni dopo le stragi, viene fermato un giornalista free-lance, Faiçal Cheffou. Dopo i primi interrogatori, il giorno dopo, venerdì, il suo fermo viene trasformato in arresto, grazie alla testimonianza chiave del tassista che ha portato i due kamikaze e lui a Zaventem. L’accusa è gravissima: aver partecipato ad attività terroristica in relazione agli attentati. Rimane dentro sabato e domenica. Oggi la svolta: libero per mancanza di prove. La polizia riparte da zero e rilancia la caccia all’uomo con un video sul web;

CRITICHE DA TURCHIA E GRECIA – Ankara nei giorni scorsi ha fatto sapere di aver in passato informato Bruxelles dell’espulsione di Ibrahim El Bakraoui, il ‘foreign fighter’ fermato dai turchi vicino al confine con la Siria lo scorso giugno ed espulso verso il Belgio, via Schipol-Amsterdam, a luglio. E’ uno dei kamikaze di Zaventem: al momento del suo rientro in Olanda non era stato preso in custodia né dagli olandesi né dai belgi. “Incompetenti”, ha tuonato il presidente Recep Tayyip Erdogan. Oggi ancora imbarazzo, ma con la Grecia. Atene aveva comunicato al governo belga, già a gennaio 2015, di aver trovato mappe dell’aeroporto di Zaventem nell’appartamento dove Abdelhamid Abaaoud, la ‘mente’ di Parigi, aveva vissuto in quel periodo. Anche quella segnalazione è caduta nel vuoto;

METRO, PERCHE’ NON S’E’ CHIUSA? – Dopo un batti e ribatti durato giorni, resta l’ennesimo giallo tra il ministro dell’Interno, Jan Jambon, che dice di aver dato l’ordine di evacuazione alle 8.50 (comunque 52 minuti dopo le bombe a Zaventem) e il portavoce della Metro, che nega tutto. Per questa vicenda e altre gravi disfunzioni, sia lui, sia il suo collega alla Giustizia, Koen Geens, hanno offerto le proprie dimissioni, respinte dal premier Charles Michel. Al lavoro una Commissione d’inchiesta parlamentare;

SALAH, PERCHE’ COSI’ POCHI INTERROGATORI? – Per mesi è stato la ‘primula rossa’ del terrorismo islamico, l’uomo più ricercato al mondo. E una volta catturato vivo, ben prima del 22 marzo, viene interrogato pochissimo. Le Monde ha rivelato che dopo 125 giorni di caccia all’uomo, Salah è stato ascoltato solo due volte, per un’ora ciascuna, perché stanco e ferito. Appena 120 minuti, che secondo molti non sono stati abbastanza nemmeno per tentare di sventare le stragi di Bruxelles.