Una settimana di passione (però domani è Pasqua)

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Settimana di passione: nel senso pienamente tragico dell’espressione. E non soltanto per gli attentati di Bruxelles (31 morti e 300 feriti) o per le lacrime dell’ex ministro degli Esteri ed ora Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini. Lacrime che al di là dell’umana pietas tradiscono, purtroppo, un’altra tragica e ben più grave verità: l’impotente inconsistenza delle politiche comunitarie che il Vecchio Continente oppone al pericolo tragicamente reale del terrorismo islamico.

Ma anche una settimana di passione che, in sintonia coi riti pasquali, si accompagna ad una serie di dati negativi che sembravano accantonati, sia sul fronte dei consumi e soprattutto sul fronte del lavoro. Almaviva, per dire, gruppo italiano leader nell’ICT, ha avviato le procedure di licenziamento collettivo di circa 3 mila addetti (1.670 a Palermo, 918 a Roma e 400 a Napoli). E sulla stretta lunghezza d’onda è anche Meridiana, la compagnia di volo che si appresta a licenziare altre 500 persone. Né serviranno ad impedirlo, temiamo, gli appelli del ministro Giuliano Poletti, il tanto decantato Jobs act o l’annunciata tracciabilità e, dunque, la più stretta vigilanza sull’utilizzo dei voucher da parte delle aziende. O magari sì. Perché, come osservano i sindacati, almeno nel caso di Almaviva: “Non è pensabile che si mettano per strada migliaia di persone al solo fine dirincorrere qualche risparmio sui grassi bilanci delle committenze pubbliche e private nel settore del call center in outsourcing: Telecom, Wind, Vodafone, Enel, Alitalia, Poste Italiane, Sky, sono chiamate in solido a rientrare il lavoro dai paesi dell’Est europeo”.

Mentre, a proposito dei consumi, i dati dicono purtroppo che per la maggior parte degli italiani sarà una Pasqua all’insegna del risparmio e del fai te, dal momento che – secondo Federconsumatori – complice anche internet, dove spopolano le ricette più svariate, si registrerà una contrazione dei consumi relativi appunto ai prodotti pasquali di circa il 2% rispetto al 2015. 

Ma sarà una stretta di cinghia anche più diffusa e generalizzata, a ben vedere, se, come hanno titolato alcuni giornali, sarà una Pasqua non particolarmente felice neanche per Piazza Affari, visto che la borsa – già non proprio brillante da inizio d’anno – giovedì scorso ha chiuso in ribasso e, dunque, aumentato le perdite, a causa sia delle banche e sia dell’ennesimo scivolone del prezzo petrolio (registrato, come si sa, sulla pubblicazione del dato relativo alle scorte statunitensi, che la scorsa settimana sono cresciute di 9,4 milioni di barili, quasi quattro volte rispetto alle stime e cioè 2.5 milioni).

E a proposito di banche, altro che settimana di passione: che cosa, infatti, non abbiamo letto?

Per esempio, che tra le cause del fallimento di banca Etruria (fallimento che, naturalmente, non ha impedito di pagare una liquidazione da 1,2 milioni all’ex direttore generale Luca Bronchi) ci sono i crediti milionari concessi con troppa facilità e mai recuperati. E tra i grandi debitori ci sono, ovviamente, un sacco di nomi che contano: da Caltagirone Bellavista, che dovrebbe restituire 45 milioni, al gruppo Sacci, da Sogeim a Saico, Interporto di Roma, Abm, fino a Sanatrix (tra le cliniche – si ricorderà – al centro dell’inchiesta sulla sanità abruzzese) che avrebbe ancora un debito di 10,6 milioni.

Ma questa è storia di ieri, si spera. L’altro giorno, infatti, la Camera ha confermato la fiducia al governo sul decreto legge che riordina le Bcc (351 voti a favore e 180 contrari) sicché per l’approvazione definitiva ora non dovrebbero esserci più problemi. Legge che intanto è stata anticipata dalle nozze ormai consacrate tra Bpm e Banco popolare (nasce così il terzo polo bancario del Paese, con oltre 25 mila dipendenti e circa 2400 sportelli) e, dunque, avvia un processo di concentrazione, giustamente ritenuto da alcuni commentatori, ormai inesorabile. Processo che si inserisce – è stato detto – nella legge Amato degli anni Novanta. Ecco, il punto è proprio questo: occorrono vent’anni e forse più per cambiare le cose dalle nostre parti.

E dire che idee e soluzioni certo non mancano. Secondo la Confcommercio, per esempio, “liberata da lacci e lacciuoli”, ossia dai difetti strutturali (eccessi di burocrazia, illegalità, deficit di accessibilità, capitale umano) l’Italia avrebbe benefici ingenti. In occasione del recente Forum di Cernobbio, infatti, l’associazione ha calcolato che, in termini di prodotto lordo, la somma assumerebbe una consistenza stratosferica, pari a circa 230 miliardi di euro ai prezzi attuali. Numeri che farebbero segnare al Pil un balzo di oltre il 16 per cento, altro che zero virgola.

Mentre, secondo la Cgia di Mestre, se soltanto al Sud di mettesse effettivamente mano agli sperperi e alle inefficienze della Pubblica amministrazione (pecora nera è la Campania, che fa peggio di Sicilia, Puglia, Molise e perfino Calabria) si potrebbero recuperare 30 miliardi di Pil.

Inefficienze locali che sotto forma di tributi, solo limitatamente agli ultimi due anni, si traducono in 7 miliardi di tasse pagate (49 miliardi da addizionali, tasi e rifiuti nel 2015, mentre erano 42 nel 2013), vale a dire 300 euro in più per famiglia.

C’è davvero da deprimersi. Ma domani è Pasqua di resurrezione, per fortuna. Insomma, possiamo farcela.