Notizie dal mondo ASviS. Consumo di suolo al ritmo di 20 ettari al giorno: rallenta, ma non si arresta

Riproponiamo il testo di Monica Sozzi della Redazione ASviS, il cui Comitato scientifico è presieduto dal professore Enrico Giovannini, pubblicato sul sito ASviS il 09 dicembre 2024

Ogni giorno, in Italia, spariscono 20 ettari di suolo naturale sotto il cemento. Nel 2023, il nostro territorio ha perso una superficie pari a tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze messe insieme: 72,5 km². Questa trasformazione, lenta ma inesorabile, ci costa oltre 400 milioni di euro ogni anno per la perdita dell’effetto spugna, ossia la capacità del suolo di assorbire e trattenere l’acqua.

È quanto emerge dal rapporto 2024 “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici“, redatto da Ispra e Snpa e pubblicato il 3 dicembre 2024. Sebbene il consumo netto di suolo mostri un lieve rallentamento rispetto agli anni precedenti, l’Italia resta lontana dall’obiettivo europeo di azzerare questa perdita entro il 2050. Il documento analizza l’impatto del consumo di suolo sul nostro territorio e sui servizi ecosistemici, fornendo dati dettagliati per Regioni, province e comuni.

Il consumo di suolo: dati e tendenze attuali

Il consumo di suolo in Italia non mostra segni di arresto, nonostante il lieve rallentamento. Le trasformazioni del 2023 si concentrano in alcune Regioni particolarmente vulnerabili: il Veneto guida con 891 ettari, seguito da Emilia-Romagna, Lombardia e Campania. Questi territori sopportano una pressione crescente, in gran parte legata a espansioni industriali e logistiche. Solo la logistica ha occupato 504 ettari nel 2023, soprattutto al Nord, con un forte impatto in aree come Emilia-Romagna, Piemonte e Veneto.

 

Nelle città, le dinamiche sono disomogenee. Roma, pur registrando un incremento ridotto rispetto agli anni precedenti (+71 ettari contro i +124 del 2022), rimane tra i comuni con i livelli più elevati di consumo, insieme a Uta (+106 ettari), comune della città metropolitana di Cagliari e Ravenna (secondo comune per superficie totale in Italia, +89 ettari).

A livello europeo, l’Italia si distingue per un consumo di suolo ancora elevato rispetto agli altri Paesi, sottolineando la necessità di politiche più incisive per tutelare il territorio e contenere l’espansione urbana.

I costi ambientali ed economici

Il consumo di suolo costa all’Italia oltre 400 milioni di euro l’anno per la perdita dell’effetto spugna, ossia la capacità del suolo di assorbire e trattenere l’acqua, aggravando il rischio di alluvioni e siccità. Nel 2023 sono stati ripristinati solo 8 km² di aree naturali, insufficienti a bilanciare le perdite. La cementificazione impoverisce gli habitat naturali e riduce i terreni agricoli disponibili. Nel 2023, le superfici impermeabilizzate sono cresciute di 26,2 km².

Tra il 2006 e il 2023, i costi della perdita di suolo sono stati stimati tra 7 e 9 miliardi di euro all’anno, con una perdita di capitale naturale tra 19 e 25 miliardi. Questi impatti colpiscono agricoltura, gestione idrica e sanità pubblica, rendendo urgente ridurre la cementificazione e incentivare il recupero dei suoli degradati.

Il degrado dei servizi ecosistemici

Il consumo di suolo in Italia compromette sempre più i servizi ecosistemici, fondamentali per la biodiversità e la regolazione ambientale. Nel 2023, l’88% del nuovo suolo cementificato si trovava su terreni ecologicamente utili, frammentando gli habitat e riducendo del 10% le specie animali e vegetali nelle aree urbanizzate.

Negli ultimi dodici mesi, oltre 1.100 ettari di nuovi terreni artificiali si trovavano in aree a pericolosità idraulica media, aumentando il rischio di alluvioni, mentre 530 ettari sono stati trasformati in zone a rischio frana, di cui 38 in aree a pericolosità molto elevata.

Parallelamente, meno del 30% della popolazione urbana ha accesso a un’area verde pubblica adeguata entro 300 metri, aggravando il fenomeno dell’isola di calore urbana.

Le superfici cementificate raggiungono temperature fino a 5 °C superiori rispetto ai suoli naturali, riducendo la qualità della vita, soprattutto nelle grandi città. La perdita della capacità del suolo di trattenere l’acqua, regolare il clima e sostenere la biodiversità espone le comunità a costi crescenti. Ridurre l’impermeabilizzazione e ripristinare gli habitat sono interventi urgenti per frenare questo degrado.

Azioni e strategie per il futuro

L’Europa mira ad azzerare il consumo netto di suolo entro il 2050, un obiettivo essenziale per contrastare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. L’Italia, con un consumo netto di 64,4 km² nel 2023, è ancora lontana da questa meta, e gli scenari futuri delineati nel Rapporto prevedono ingenti perdite ambientali ed economiche. Se la velocità di trasformazione dovesse confermarsi pari a quella attuale anche nei prossimi anni, si potrebbe stimare il nuovo consumo di suolo in 1.739 km2 tra il 2023 e il 2050. Considerando i costi annuali medi dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, se fosse confermata la velocità media 2006-2023 anche nei prossimi 7 anni, si può stimare un costo cumulato complessivo, tra il 2006 e il 2030, compreso tra 173 e 212 miliardi di euro.

L’Ispra propone la rigenerazione urbana come strumento chiave, favorendo il riutilizzo di aree degradate invece di consumare nuovi terreni vergini. Tuttavia, nel 2023 sono stati recuperati solo 8 km², un dato insufficiente. L’impegno delle amministrazioni locali è disomogeneo. Roma, ad esempio, ha ridotto il consumo di suolo, ma rimane tra i comuni con i valori più alti. Il ripristino degli habitat naturali è una priorità, soprattutto nelle aree costiere e urbane.

Per frenare il fenomeno di cementificazione e accelerare la transizione ecologica, è indispensabile una legge nazionale sul consumo di suolo. Una legge che coniughi sviluppo e protezione ambientale, promuova il riuso, la rigenerazione e la tutela del capitale naturale, sostenendo al contempo l’attività agricola.

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