di Marcello Iadevito
Per tutti i trentenni napoletani lo scudetto del Napoli ha rappresentato la fine della giovinezza. Noi cresciuti a pane e sarrismo, incantati dalla bellezza di quel gioco, abbiamo visto nello scudetto vinto nel 2023 il culmine della nostra passione giovanile, l’ obiettivo tanto agnognato fin da piccoli. Cosa c’ è dunque di più simile nel nostro rapporto con il Napoli di ciò che racconta Parthenope di Paolo Sorrentino. Calcisticamente per noi quell’ adrenalina giovanile raccontata nella prima parte del film fino alla vacanza a Capri dei tre giovani si può identificare con tutto quel percorso che va dalla risalita in A, passando per il Napoli di Mazzarri, fino alla bellezza rivoluzionaria – calcisticamente si intende!- del Sarrismo. Credo che tutti noi tifosi che non abbiamo vissuto i primi due scudetti abbiamo visto in quel Napoli la bellezza di Parthenope, in quelle trame di gioco la sua perfezione, la sua capacità di sedurre tutti. Quello scudetto Sarrista mancato ha rappresentato le promesse giovanili non mantenute da quel Napoli, mai sfociato in una vittoria dello scudetto. Eppure se noi ripensiamo a quel Napoli subito ritorniamo con il pensiero a quel periodo della nostra vita. La bellezza del calcio sta anche nell’ associazione che ognuno di noi fa tra un gol e un determinato evento della nostra vita. Quegli stessi giovani si sono poi entusiasmati con le gesta di Spalletti, il nostro Professore Marotta. Cosa ha fatto Spalletti in quella storica stagione se non farci ” vedere” la strada della bellezza sfociata poi nella vittoria dello scudetto. È stato dunque il coronamento finale di quella giovinezza. Il gol di raspadori con la Juve a Torino è il ballo finale dei tre ragazzi nel film. Dopo lo scudetto vinto vi è stato un anno di inferno in cui come Parthenope il Napoli e con lui noi tifosi ci siamo persi. A giugno è poi cominciata una nuova era, il contismo, ormai non più piena di quell’iconica bellezza giovanile sarriana. Non condivido però la linea di chi per celebrare il nuovo Napoli di Conte tende a rinnegare quella bellezza passata. Ma non condivido nemmeno chi ritiene fuori dai canoni della bellezza il Napoli del presente. Quest’ultimo rappresenta quell’essere di sale e acqua, figlio del professore Marotta che compare alla fine del film. Un Napoli apparentemente brutto rispetto alla bellezza del Napoli precedente, ma che in realtà nella sua indecifrabile solidità nasconde anche esso una bellezza. I due Napoli, così come Parthenope e il figlio del Professore Marotta, non sono in antitesi, ma anzi sono due facce diverse della bellezza. Non bisogna rinnegare l’uno per amare l’ altro. Il Napoli di Conte nella sua aggressività, nella sua capacità di giocare anche sporco, in quella sua impenetrabilita’, rappresentata una nuova bellezza. D’altronde sprazzi di quei vecchi canoni di bellezza sono ancora presenti e il gol di Kvara con il Milan è comunque di una bellezza splendente come Parthenope ricoperta dei Tesori di San Gennaro. Il nuovo Napoli contiano insomma non è un essere demoniaco come il Tesorone magistralmente interpretato da Peppe Lanzetta. Ma nella sua capacità di essere tante cose, nella sua capacità di adattarsi alle diverse fasi della partita è la Parthenope finale del film, interpretata dalla Sandrelli. Una donna – pardon una squadra – che, anche memore della bellezza che sprigionava da giovane, sa guardarsi indietro senza malinconia e adattarsi con nuova curiosità alla vita. Il Napoli di Conte insomma non è meno bello di quello di Spalletti e Sarri, è semplicemente un Napoli adulto. Ma è pur sempre Parthenope.