Si coopera per fiducia ma la fiducia prevede cooperazione

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Sono molto stanco e non vedo l’ora di arrivare a casa, scendo dal treno dirigendomi velocemente verso la fila dei taxi.

Come il solito, anche se meno di una volta, i taxisti della stazione centrale qui a Napoli, si sono messi d’accordo per un uso originale dell’assegnazione dei clienti sulla base di parametri che lascio intuire.

Sono indirizzato verso uno di loro, entro e dico l’indirizzo.

Mi rilasso, ma poi nel momento in cui il taxista “fa il simpatico”, allora mi metto in allarme.

I napoletani sono simpatici tranne quando fanno i simpatici.

Infatti, ha supposto che io sia un “pollo”e sta facendo un giro creativo per portarmi a destinazione.

Lo correggo con calma ferma e questo lo fa diventare subito meno simpatico, ha capito che il giochetto non ha funzionato e allora può riprendere la sua vera propensione che è tutto sommato non simpatica.

Arrivato a destinazione, conto la moneta perché questa categoria di simpaticoni non ha mai il resto.

Attenzione ovviamente non sono tutti così, anzi.

Ho smesso di fumare da alcuni anni e, mettendo a posto dei cassetti, ho trovato due accendini di valore economico espressivo che non funzionano.

Sono in questa tabaccheria del centro che li ripara e, il tabaccaio, anche lui fa il simpatico, mi dice che ripararli costa 80 euro ciascuno, argomentando con competenza sulle motivazioni.

Mi sembra tanto, visto anche che non li userò, quindi sospendo la decisione.

Ora sono al centro direzionale e trovo che anche questo tabaccaio fa il servizio di accendini, entro e gli chiedo di caricarmeli.

Lo fa senza problemi complimentandosi per la bellezza degli oggetti.

Esco avendo risparmiato almeno 150 euro.

Penso che la sfiducia sia vantaggiosa in un mondo di ladri.

Non mi si accende bene il sistema di riscaldamento, chiamo l’esperto della caldaia il quale argomentando con competenza, e anche con fare simpatico, mi spiega che devo cambiare un pezzo costoso.

Rimando e cerco di capire io cosa posso fare agendo direttamente, anche se so che, prevalentemente, non riparo ma creo danni, comunque provo.

Sono fortunato: devo aver toccato qualcosa che l’ha fatta funzionare di nuovo.

Ho risparmiato, grazie alla sfiducia, altri 300 euro.

Potrei fare come tutti voi un elenco lunghissimo di storie di ordinaria furbizia.

Ma c’è qualcosa che non va e mi mette profondamente in crisi di valori.

Io credo sull’importanza determinante della fiducia, e mi occupo anche professionalmente di quest’aspetto facendo seminari di formazione, ma poi sperimento (certo non sempre e non dappertutto) che quello che conviene è l’opposto.

Il giusto non coincide con il vantaggioso e anzi il comportamento giusto è da evitare se non si vuole perdere.

Naturalmente non può essere così, anche se il mondo delle relazioni soprattutto in alcuni luoghi sta andando in questo modo.

Ma cos’ è la fiducia? Quando affermiamo che ci fidiamo di qualcuno o che qualcuno è degno di fiducia, ciò che implicitamente intendiamo è che la probabilità che quel qualcuno compia un’azione benefica o almeno non dannosa nei nostri confronti è sufficientemente elevata perché noi si possa considerare d’impegnarci in qualche forma di cooperazione prima di (o indipendentemente dal) sapere che cosa costui farà.

In modo corrispondente, quando affermiamo che qualcuno è persona di cui diffidare, intendiamo affermare che quella probabilità è bassa abbastanza da indurci a non cooperare.

Fidarsi vuole dire, concretamente, che sappiamo che qualcuno che potrebbe trarre vantaggio, a nostro danno, da una sua personale contingente superiorità (d’informazioni, di potere istituzionale, di denaro, di forza fisica, o altro) non lo farà.

Mentre in termini organizzativi le persone danno fiducia ai processi e alle relazioni che essi stessi hanno aiutato a definire; per questo i migliori leader coinvolgono chiunque lavori con loro.

Il punto chiave è che si può credere che qualcuno si comporterà secondo le attese solo in un ambiente prevedibile nei suoi aspetti fondamentali, in altre parole dei valori e delle regole di quel sistema, ma anche le regole richiedono fiducia.

Le regole sono un bene comune ma in assenza di fiducia reciproca è difficile che vengano (fatte) rispettare davvero, mentre in un ambiente turbolento la fiducia può compensare l’assenza di regole esplicite.
In generale più c’è fiducia più c’è azione, sia alla presenza di regole sia in loro assenza.
Possiamo anzi ipotizzare che la fiducia è tanto più necessaria quanto più c’è complessità e necessità di agire anche in termini divergenti o creativi in assenza di orientamenti.

Ma allora, fatte queste riflessioni, devo fidarmi o no?

Non ci si può fidare ovviamente di chi ti ha tradito più volte, oppure di chi è chiaro che pratica l’imbroglio e neanche di chi non ha il valore dell’onestà o di chi approfitta del suo vantaggio di conoscenze (l’idraulico, il meccanico, il taxista, l’avvocato, ecc) per utilizzare questo gap informativo in termini manipolatori.

Ma Bisogna rompere alcuni giochi se vogliamo vivere insieme.

Come affermava Hirschmann anche in assenza di fiducia forte, può esser razionale fidarsi della fiducia e diffidare della sfiducia in modo da indurci a non rinunciare del tutto ad agire in modo cooperativo e da mantenere tollerabili i rischi e l’intensità della potenziale delusione.

La prima ragione è che se non facessimo in questo modo, non scopriremmo mai nulla: la fiducia comincia con il mantenersi aperti alle informazioni, agendo come se ci fidassimo, almeno fino a quando non si formino convinzioni più stabili su base più solida.

La seconda è che la fiducia non è una risorsa che tende a esaurirsi con l’uso; al contrario, più ce n’è, più tende a essercene.

La fiducia si esaurisce proprio quando non è usata, quindi cerchiamo di diffidare ma anche di trovare spazi e strade per uscire da questi giochi viziosi e mortali.