L’importante è salvarsi, nei programmi del Governo tutto e il suo contrario

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In Italia è più o meno dall’inizio dell’insediamento di governi di tipo repubblicano che la popolazione non riscontra univocità di comportamento dell’esecutivo. Non che lo stesso debba rispondere accettando senza un minimo di scelta e una seria ricognizione tutte le richieste di ogni categoria sociale. Deve in ogni caso evitare di menare il can per l’aia, modo di fare che con tale tipo di atteggiamento spesso si associa. Volendo entrare solo in uno dei casi accennati, arrivato ormai oltre ogni soglia fisiologica di sopportazione, alcuni dei casi delle varie Aziende di Stato, una per tutte l’Ilva, si arriva subito al nocciolo della questione. Come è successo per la vicenda ITA Alitalia, anche nel caso delle acciaierie è stato sollevato un polverone tale che ha lasciato distinguere poco con almeno un minimo di chiarezza a solo un palmo dal naso. Quindi, anche in tal caso, l’assalto ai forzieri dello Stato sta procedendo fino a scadenza da definire, ovvero sine die. In tal modo alcuni personaggi stanno continuando a bruciare o far man bassa di una mole di denaro pubblico molto difficile da quantificare. Da non trascurare che quegli stessi soldi sono stati racimolati prendendoli dalle tasche dei contribuenti. Se Sir Winston Churchill, che gradiva essere considerato prima un economista e poi un politico, fosse stato ancora vivo, avrebbe avuto gran soddisfazione, seppure con amarezza, nel vedere confermata ancor oggi la validità di un suo aforisma. Con esso paragonava un governo che pretedeva di sistemare i propri conti dissestati con l’aumento del prelievo fiscale a un cittadino della middle class.
Il comportamento di quel governo era sensato quanto quello di chi, volendosi alzare da terra, si fosse messo in un grande secchio e cercasse di sollevarsi tirandolo per il manico. Tutti provvedimenti resi concreti tramite manovre fiscali o dello stesso genere (prelievi forzosi) che hanno un grado di razionalità simile a quello dei cosiddetti Gratta e Vinci. Fin qui tale comportamento può essere riassunto con quella espressione popolare che suona: “Piove, governo ladro!”. È stato così messo sotto osservazione un modo di fare della mano pubblica molto radicato, peraltro, grazie all’ appoggio di una probabile “miopia di circostanza” di chi dovrebbe controllare e non lo fa. Non molto diversamente accade per i rapporti degli operatori privati che si mettono in relazione, perché obbligati o volontariamente, con la macchina statale. Il Paese sta assistendo ormai da un pò di mesi all’affaire FIAT. È il caso comunque, più che altro per orgoglio tricolore, qualificare la storica azienda torinese come una delle attività produttive avente per scopo, previsto cioè nell’oggetto sociale, la realizzazione di qualcosa di concreto, nel caso di specie veicoli a motore. L’ azienda proprietaria della stessa, la Stellantis, è una società finanziaria di diritto francese. In sostanza chi prepara o meglio dovrebbe preparare e fare le scelte cardine per quella azienda e altre simili dello stesso gruppo, è un pool di persone in pratica riconducibile agli epigoni della famiglia Agnelli e ai suoi parenti e affini Elkann. I primi sono arrivati, scavalcando una generazione, dopo che quella famiglia aveva espresso uno degli esempi di imprenditori italiani più conosciuti e stimati sulla faccia della terra: l’ Avvocato. Poche figure al mondo, da che si hanno notizie del genere, sono state e restano talmente famose da essere riconosciute solo per il titolo che li qualifica. Nonostante i risultati di particolari successi di tipo mercantile, che già al tempo dell’Avvocato cominciavano a essere ridimensionati, subendo un lento ma graduale arretramento nelle classifiche mondiali di settore. La conferma del fenomeno globale cominciava a farsi sentire all’interno e all’esterno della realtà di quei tempi. Facendo con la mente un triplo salto mortale per arrivare a questi giorni, è doveroso osservare che la vera Fabbrica Italiana Automobili Torino, meglio il suo staff, non si sarebbe messo mai a muso duro anche se ingentilito da master più che prestigiosi, di fronte al Governo. L’azienda originale, che aveva attraversato il secolo scorso potendo contare quasi al 100% sulle proprie forze e capacità, non si sarebbe mai messa in quelle condizioni.
Era anche quella stessa che poteva vantarsi di aver avuto tra i presidenti del CdA anche il Professor Vittorio Valletta, ancora oggi ritenuto un anticipatore dei tempi come Henry Ford negli USA e Adam Von Opel in Germania. In questi giorni, accentuando un modo di fare che già da tempo mordeva il freno nel CdA di Stellantis, a Parigi il Presidente John Elkann, sia perdonato il qui pro quo: il CEO Carlos Tavares, ha fatto una proposta al Governo italiano paragonabile da vicino a “quelle che non si possono rifiutare”. Partendo il tutto dalla Francia, si intona molto appropriatamente:” hony soit qui mal y pense”, sia dannato chi pensa male. Oramai manca poco a una chiacchierata in presenza tra chi sta a Parigi e chi a Roma. Al momento non è possibile fare altro che restare in trepida attesa: se son rose fioriranno.Altrettanto se sono spine.