Fine degli “aiutini”, Ctu in agguato e giustizia fuori controllo: chi è responsabile?

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Riceviamo e pubblichiamo il dossier (indirizzato ai vertici nazionali e locali della Giustizia) realizzato dallo studio legale Vizzino (avvocati Riccardo ed Emma Vizzino, Antonella D’Alto, Lucia Marino, Valentina Pellegrino) e Adriano J. Spagnuolo Vigorita (giurista, saggista, abilitato all’avvocatura), con la collaborazione di Paolo Pandolfi, presidente dell’associazione “Aiuti Giustizia” (familiari vittime di mala sanità e mala giustizia). 

di Adriano Spagnuolo Vigorita, Emma Vizzino  e Riccardo Vizzino

LA SITUAZIONE ATTUALE
L’epoca dei sussidi facili è giunta al termine, ringraziando Dio; purtuttavia, siamo ora alle prese con una nuova piaga, il cui fio stanno pagando – guarda un po’! – ancora una volta…i Cittadini onesti, che realmente necessitano d’aiuto: l’allusione è alle continue truffe in campo previdenziale ed assicurativo, che si consumano in particolar modo nelle Regioni meridionali (quelle, cioè, ove le misure di sostegno al reddito son state oggetto di copiose erogazioni), e che il più delle volte sono poste in essere proprio al fine d’intascarsi qualche sommetta.
Ecco, dunque, che il ruolo dei Giudici s’ingolfa in misura sempre maggiore, ed anche gli avvocati, trasgredendo sia la normativa professionale sia le previsioni legislative, recitano un ruolo tutt’altro che marginale (sul punto si tornerà in seguito).
In questi loschi affari si nota in modo pressoché evidente la miriade di lacune riguardo alla tenuta degli albi dei Consulenti Tecnici d’Ufficio, oramai obsoleti e quasi mai aggiornati periodicamente.
Sorge ora spontanea una domanda: chi dovrebbe vigilare affinché questo non avvenga più? Nelle righe seguenti si fornirà la relativa risposta, facendo, altresì, luce sul grado di responsabilità attribuibile ai soggetti che sono, a vario titolo, coinvolti, segnatamente i vertici dell’INPS, i Presidenti dei Tribunali, la Regione Campania i Consigli degli Ordini forensi, le Aziende Sanitarie Locali, l’Agenzia delle Entrate, la Guardia di Finanza e, non da ultimo, l’Ordine di Medici ed Odontoiatri e quello dei Periti Assicurativi. 

SEMPRE GLI STESSI CTU: QUALCOSA CHE NON QUADRA!
Va osservato, innanzitutto, che – oltre ai sotterfugi messi in atto da certa gente…senza un briciolo di civiltà – i luoghi ove si lavora superficialmente (lasciando, quindi, via libera alle truffe) sono proprio gli Uffici Giudiziari, i quali ultimi (specialmente nel Distretto di Corte d’Appello di Napoli) pullulano di «cavallette» che balzellano da un’aula di udienza all’altra, consegnando bigliettini e facendosi pubblicità finanche in momenti ex lege proibiti: gli scriventi si riferiscono ai professionisti, tecnici e sanitari, che il più delle volte dichiarano di possedere i requisiti per giurare come consulenti tecnici d’ufficio (d’ora in avanti CTU); costoro, in realtà, sono sovente privi delle conoscenze necessarie ad orientare il convincimento del Giudice nella fase delicata di composizione delle singole liti, vuoi perché queste ultime ineriscono ad un campo del tutto estraneo alle conoscenze ed all’esperienza da loro maturate, vuoi – soprattutto – perché ai piani alti della Giustizia locale (e non solo, purtroppo!) non ci si premura minimamente di effettuare le verifiche caso per caso, specie per ciò che inerisce al possesso di determinate qualifiche necessarie all’espletamento di tale compito (come quella di medico-legale oppure quella relativa alla sussistenza o meno dello status di sanitario strutturato, il quale ultimo – come in séguito si dirà – non può giurare come CTU senza essere previamente autorizzato). Per quanto attiene al campo medico, dati che preoccupano maggiormente vanno identificati nell’omesso controllo circa l’iscrizione o meno del possibile CTU nell’apposito elenco tenuto presso i Tribunali, la presenza o meno di conflitto d’interessi (ad es., bisognerebbe sincerarsi che un sanitario non abbia rapporti professionali con le parti del giudizio ovvero con i legali, sebbene nell’ambito di altri procedimenti), od in ordine all’effettivo possesso della qualifica di medico-legale: è possibile che, girando e voltando, a giurare siano sempre gli stessi professionisti, spesso non competenti nella materia oggetto di causa (come nel caso del ginecologo chiamato a periziare in un caso delicatissimo in tema di decremento delle capacità motorie).
C’è, poi, da sottolineare che, non di rado, molti di questi CTU figurano tanto come firmatari di certificati in altri giudizi pendenti, quanto come periti di parte (CTP) designati dai contendenti: procedendo di questo passo, ahi noi, l’imparzialità dei consulenti d’ufficio (i quali, giova rammentarlo, sono ausiliari del Giudice) è messa a serio repentaglio!

CHI È IL MEDICO LEGALE?
A tal proposito, v’è da articolare delle considerazioni circa la figura del perito medico-legale, osservando che, ogniqualvolta il Consulente sia privo delle competenze della specializzazione medico legale, si osserva inesorabilmente ad un atteggiamento comune: il nesso di causa è sempre e aprioristicamente accertato ed il consulente, riportando le solite e benamate frasi generalistiche, si limita ad elencare i criteri di accertamento causale ritenendoli così soddisfatti e procede alla semplice quantificazione del danno.
Ciò porta, in maniere avvilente e dequalificante, a scontri tra specialisti medici legali, che solitamente assumono il ruolo di consulenti di parte e specialisti CTU (che hanno però l’ultima parola) sulla corretta interpretazione del caso.
Appare spesso più che mai evidente la difformità di linguaggio fra i due soggetti testé menzionati, che conduce sovente a risoluzioni aberranti sotto il profilo medico legale…in senso favorevole a chi si assume danneggiato.
Sebbene sia assolutamente da difendere, in ambito civilistico, il criterio della probabilità logica che permette la validazione del nesso di causa, che si traduce inevitabilmente in un vantaggio per il danneggiato (a differenza del penale, dove il dubbio favorisce il reo), l’incapacità tecnica di valutazione del nesso causale dei non specialisti non fa altro che dar luogo a risarcimenti ingiusti ed alimentare i fenomeni fraudolenti, con un danno che si ripercuote sulla collettività (ad esempio sui prezzi dei premi assicurativi).
Non è certo mistero che la carenza della nozionistica di base porta a valutazioni causali non più basati sul “più probabile che non”, bensì a ritenere valido il nesso causale sulla base della semplice possibilità che un evento e un danno siano tra loro legati.
Chiaramente, in ambito traumatologico le conseguenze sono devastanti: nessun medico dotato di compiutezza di ragionamento potrà mai negare la possibilità che un generico trauma possa produrre generiche lesioni traumatiche articolari, ma ciò non è quanto viene richiesto al CTU di fare, facendo peraltro perdere il senso di un accertamento tecnico.
Se le risposte ai quesiti di un giudice trovano puntualmente risposta affermativa basandosi sulla sola superficialità del dato generico, della generica compatibilità, nei termini della possibilità, anche se quel nesso è certamente poco probabile, il CTU è relegato non tanto a fare il proprio lavoro, ma a prendersi una responsabilità, paventando l’aspetto tecnico, di avallare richieste di una dell’altra parte senza porre in essere quei ragionamenti dovuti alla metodologia medico legale.
Può ad esempio un incidente motociclistico produrre una isolata frattura del V metacarpo senza determinare lesioni accessorie tegumentarie o contusioni anche minori di altri distretti corporei? Di certo può. Ma, sapendo che, epidemiologicamente, quella frattura è dovuta nell’80-90% dei casi ad un pugno contro una superficie rigida, in assenza di altri elementi tecnici medico legali che depongano per il fatto che un trauma stradale motociclistico sia mai avvenuto, è giusto esprimersi positivamente sul nesso di causa?
Fu, peraltro, l’intervento del legislatore a mitigare alcune evidenti incongruenze nell’operato dei Consulenti introducendo la legge 27/12 ed il celebre triplice accertamento medico legale clinico-obiettivo-strumentale ovvero visivo, che poi, stante le inesattezze riportate nel testo ed alcuni casi limiti che avrebbero portato a delle evidenti ingiustizie, ha trovato anche diverse pronunce avverse di cassazione.
Andando però a scovare nell’intento di quella normativa cogliamo ancora i punti più critici della nostra discussione odierna.
Che lo si voglia chiamare accertamento medico legale, triplice accertamento o accertamento del nesso di causa, tutto converge ancora una volta nella costante necessità di approfondita valutazione.
Ad allora imbricando la legge e la metodologia tecnica, si riesce a comprendere quelle che sono le richieste e le necessita dell’ambito giuridico.
E’ doveroso validare ogni singolo criterio di accertamento del nesso causale sotto il triplice profilo clinico, obiettivo e strumentale con la conseguenza che la carenza di solo uno di questi porta all’impossibilità di esprimersi in maniera positiva.
Dunque, sotto il profilo clinico dovrà essere rispettata la compatibilità (sempre in termini probabilistici e non possibilistici) che uno specifico quadro di accesso in PS sia adeguato alle lesioni riportate, finanche scoperte successivamente, e alla tipologia di trauma od evento dannoso subito. Ad esempio, la caduta da motociclo d’estate dovrà produrre escoriazioni per il corpo e contusioni multiple pluridistrettuali.
L’obiettività, in caso di lesioni intrarticolari acute, anche se non immediatamente diagnosticabili, dovrà condure alla scelta di eseguire una RX per verificare la presenza di fratture, la cui sintomatologia è completamente sovrapponibile e richiede un consulto specialistico ortopedico, infine bisognerà medicare le ferite e immobilizzare i distretti, prescrivere la terapia medica o chirurgica e infine dimettere o ricoverare. Dovrà poi essere rispettato un adeguato iter clinico con controlli seriati e terapie fino alla guarigione.
Sotto il profilo obiettivo, al momento della visita in sede di accesso peritale, una specifica lesione riportata a seguito dell’evento dannoso, dovrà necessariamente avere il suo adeguato corrispettivo osservabile e obiettivabile.  La semplice limitazione ai gradi estremi per dolore riferito o il dolore alla digitopressione non può rappresentare una lesione che solitamente si accompagna ai suoi segni cardine. Ed invece basta che il soggetto riferisca dolore, per ritenere soddisfatto il criterio obiettivo.
Con ciò, peraltro, si dimentica, o meglio si ignora, che l’oggetto della quantificazione del danno in medicina legale sono le menomazioni e non le lesioni. Invece, anche di fronte ad un quadro obiettivo dichiaratamente negativo ed aspecifico, se sono documentate lesioni strumentalmente, sovente si procede, ingiustamente, al riconoscimento di percentuali di danno biologico anche basati sui corrispettivi tabellari.
Ed infatti, ulteriore abitudine inspiegabile è quella di attribuire percentuali di danno biologico, non solo a fronte di obiettività negative, ma anche quando non vi sono lesioni permanenti documentate (i classici 1-2% della contusione di ginocchio o del colpo di frusto).
In ultimo, occorre spendere riflessioni in ordine al criterio strumentale introdotto proprio dalla 27/12.
L‘errore più marchiano che viene sistematicamente commesso è quello di ritenere validato il nesso di causa tra un evento traumatico e delle lesioni refertate strumentalmente de plano, senza considerare il rapporto sotto il profilo cronologico. Si finisce, dunque, puntualmente con il risarcire lesioni che sotto il profilo documentale sembrano preesistenti al trauma, mancando nelle immagini e nei referti quei segni di acuzie che sempre accompagnano la produzione di lesioni (classica è la lesione di crociato anteriore dimostrata con RMN eseguita a distanza di 20 giorni dal trauma, in assenza di versamenti articolari, edema osseo e con aspetto assottigliato del legamento, quando è noto in letteratura che nei primi 30-40 giorni c’è un versamento importante, i fenomeni infiammatori conferiscono al legamento leso un aspetto ispessito e l’edema osseo scompare non prima dei 2-3 mesi, ma mai si riesce a far esprimere il CTU sull’incompatibilità causale cronologica).
È chiaro, dunque, che il ruolo del CTU, in veste di arbitro imparziale, con giusta fede prioritaria in ciò che dice rispetto ai consulenti di parte, debba essere interpretato non solo da professionisti con conclamata esperienza professionale clinica, poiché tale esperienza diventa di dubbia utilità laddove non venga resa compiutamente, mediante la dominante conoscenza, alle necessità di giustizia.
In ultimo si deve sensibilizzare sull’aspetto economico, che sta impedendo il sereno svolgimento delle attività d’ufficio in tutti gli ambiti, abbassando la qualità e producendo un allontanamento dello specialista da questo tipo di attività.
D’altronde se il ruolo d’ufficio cui verte il maggiore degli oneri, non solo deontologici, ma in termini di prestazione d’opera viene riconosciuto sulla scorta di tabelle stipulate in lire e mai riviste (soprattutto in penale l’attuale valore di un’autopsia è al massimo di 387.86 euro LORDI pagati a distanza di 2 anni), cosa ci si potrà mai attendere?
Va evidenziato, altresì, che gli Uffici Giudiziari – in totale spregio alla disciplina legislativa di settore – non eseguono i dovuti controlli circa le effettive qualifiche di chi aspira a ricoprire il ruolo di CTU in determinate cause: è mai possibile che ad uno specialista maxillo-facciale sia affidata la consulenza d’ufficio in una causa delicata in materia di riconoscimento dell’invalidità, o che un ostetrico-ginecologo sia nominato perito d’ufficio in controversie attinenti ai postumi di un sinistro? Eppure…questo si verifica molto frequentemente, dando luogo a conseguenze che rischiano di capovolgere l’esito di un giudizio (determinando la soccombenza di chi, in base a prove tangibili e dati oggettivi, sembrava aver palesemente ragione).
Nei giorni scorsi, i professionisti dello Studio Vizzino hanno formulato, nel corso di un’udienza innanzi al Giudice di Pace, un’eccezione che, probabilmente, farà scuola: difatti, una volta appreso che il Magistrato Onorario aveva nominato CTU un professionista medico, costoro hanno giustamente obiettato che questi non solo non aveva le competenze per periziare in un caso come quello sub judice, ma non risultava neppure in possesso della qualifica di medico-legale. Il Giudicante, preso atto della tesi suffragante tale obiezione, ha accolto quest’ultima senza batter ciglio. 

 LA QUESTIONE DEGLI ANTICIPI
Non va parimenti tralasciata la questione riguardante l’anticipo del compenso ai CTU, in particolare nelle controversie rientranti nella competenza del Giudice di Pace. A tal riguardo, non ci si può esimere dal palesare che, nonostante le liti de quibus abbiano un valore di gran lunga inferiore a quelle pendenti innanzi ai Tribunali, i sunnominati consulenti percepiscono un onorario…da capogiro: qualcosa, dunque, puzza, poiché, diversamente opinando, si finirebbe col negare una più che tangibile realtà.
Ebbene, sul punto si può affermare che una cospicua pluralità di CTU riesce, mediante vari stratagemmi, tanto a farsi anticipare parte del compenso dai contendenti quanto ad intascarsela…«pulita pulita», considerato che costoro, furbescamente (oltreché in maniera del tutto illegale), spesso non rilasciano apposita fattura.
Piuttosto recentemente lo Studio Vizzino, nel corpus di varie memorie depositate nei giudizi cennati (in particolare, in una causa innanzi al GdP di Marano di Napoli), ha eccepito apertamente questa piaga ormai cancrenosa, che arreca pregiudizi non indifferenti al menage dello Stato!
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a quasi totalità delle eccezioni in tal senso formulate son state oggetto di accoglimento da parte della Magistratura Onoraria, la qual cosa lascia supporre che il diritto, grazie a Dio, non è ancora carta straccia!  

MEDICI STRUTTURATI: POSSONO FARE I CTU?
C’è da sciogliere, poi, un ulteriore nodo gordiano: i medici prestanti servizio in seno alle strutture pubbliche non possono assolutamente richiedere l’iscrizione all’albo dei CTU presso i Tribunali senza la previa autorizzazione dell’ASL alla quale fanno capo.
Anche di questo, però, ci si dimentica totalmente: ecco perché ci troviamo in aula anche i dirigenti medici dei presidi ospedalieri, molti dei quali, immemori del Giuramento d’Ippocrate prestato all’atto dell’abilitazione, hanno appreso (e, ahi noi, trasmettono ai posteri) l’arte del far soldi in maniera piuttosto facile.
Il medesimo discorso vale anche con riferimento ai consulenti tecnici chiamati a far da ausiliari al Magistrato nelle controversie in materia assicurativa: non è, infatti, raro che, nelle fila dei periti, figurino individui che non capiscono un’acca riguardo all’oggetto della controversia. 

LO ZAMPINO (ANCHE) DEGLI AVVOCATI…E DEI CAF
Merita, infine, un cenno la condotta – senz’altro reprensibile – tenuta da certi avvocaticchi che, immemori della normativa professionali, ricorrono alla pratica del “tutto gratis” (od imbrogli simili) per accaparrarsi la clientela e promuovere cause previdenziali ed assicurative, oppure si fanno usare come fantoccio dai CAF senza mai entrare in contatto con i loro effettivi clienti: su tale pratica, tanto illegale quanto vigliacca, dovrebbero vigilare i Consigli degli Ordini Forensi; ma, a quel che sembra, in seno a questi ultimi le preoccupazioni sono altre, non certamente quella di liberare il Paese dagli Azzeccagarbugli e dai Mangiafoco (tra i quali ultimi figurano, come sopra precisato, anche i CAF).
È, inoltre, frequente che gli «assistiti» (beninteso, inconsapevoli di essere tali!) possano vantare, in ragione dell’esiguo reddito annuo percepito, il diritto al patrocinio a spese dello Stato: per tal ragione, gli imbroglioni de quibus finiscono col vedersi compensare un’ingente quantità di crediti sulla base delle liti curate (sovente in modo maldestro) per degli sventurati che non li conoscono neppure!
Sulla base di tutto quanto suesposto, gli scriventi desiderano formulare alle Istituzioni coinvolte la richiesta di azzerare le pile di albi obsoleti che, da lustri, soggiornano nei Tribunali e, al tempo stesso, di disporre controlli periodici a tappeto sulla tenuta degli stessi: non va, invero, trascurato che…l’esito delle liti dipende in larga parte dalle risultanze della consulenza d’ufficio e, se si continua di questo passo, si finisce non solo per paralizzare il sistema-Giustizia, ma anche per camuffare da verità delle panzane assurde che, di sicuro, nulla hanno a che vedere con quella certezza del diritto costituente principio cardine del nostro ordinamento.
Anche gli organi di governo forense devono essere più vigili per quanto attiene a determinate prassi deleterie per la Cittadinanza onesta: in uno stato sociale di diritto non ci dovrebbe essere spazio per marionette al servizio di potenti signorotti che gestiscono determinati “giri”, ragion per cui si invitano i COA a tenere gli occhi ben aperti.
Lo stesso discorso vale per L’ASL, L’Ordine dei Medici ed Odontoiatri e l’Ordine dei Periti assicurativi: non è accettabile che le vigenti previsioni normative siano eluse in maniera sistematica (con particolare riguardo all’àmbito sanitario, nel quale son presenti CTU che giurano pur non avendone titolo, in quanto Medici strutturati) solo per soddisfare loschi interessi.

OCCORRONO TUTELE!
Si auspica, quindi, che le Istituzioni, destinatarie del presente scritto, trovino quanto prima un rimedio alle problematiche sinora illustrate: non è assolutamente giusto che i Cittadini esemplari paghino il prezzo di disattenzioni, malaffari e scarsa competenza in capo a chi li dovrebbe tutelare!