Giappone, dichiarato innocente dopo 46 anni di braccio della morte

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Roma, 26 set. (askanews) – Iwao Hakamada ha 88 anni, 46 dei quali li ha trascorsi nel braccio della morte di una prigione giapponese, rischiando di essere portato ogni giorno, senza preavviso, nella sala delle impiccagioni. Era considerato l’uomo che più a lungo ha atteso l’esecuzione al mondo. “Era” perché da oggi può dirsi un uomo libero: un processo di revisione l’ha mandato infine assolto, mettendo in crisi il sistema giudiziario e la pratica della pena di morte nipponica.

I fatti per i quali era stato condannato sono avvenuti ben 58 anni fa nell’area di Shizuoka. Una famiglia di quattro persone fu sterminata e della strage fu accusato Hakamada. I tribunali lo riconobbero colpevole e fu condannato a morte, nonostante continuasse indefessamente a proclamarsi innocente e nonostante i dubbi che la sentenza lasciava aperti.

Il Tribunale distrettuale di Shizuoka, nella sentenza di revisione emessa oggi, lancia in realtà un atto d’accusa, sostenendo che le autorità investigative avrebbero manipolato le prove per ottenere una condanna. In conseguenza di ciò, la corte ha concluso che “non si può concludere che Hakamada sia il colpevole” del quadruplice omicidio.

Hakamada era stato, in particolare, condannato sulla base di due prove: alcuni indumenti macchiati di rosso-sangue trovati all’interno di un serbatoio di miso – la polpa di soia usata per una serie di preparazioni alimentari – e una confessione della prima ora. Ma la revisione – che è iniziata a ottobre dello scorso anno e si è composta di 15 udienze – ha smontato entrambe le prove d’accusa.

“Non è plausibile che macchie di sangue rosso rimangano dopo essere state immerse nel miso per oltre un anno. È stato accertato che, molto tempo dopo l’incidente, le macchie di sangue furono aggiunte dalle autorità investigative, e gli indumenti furono nascosti nel serbatoio” ha commentato il giudice capo Tsunetaka Kunii del Tribunale distrettuale di Shizuoka.

E anche l’altra prova “schiacciante” contro Hakamada è creollata miseramente: una confessione dell’imputato è risultata essere a sua volta fabbricata dalle autorità investigative.

Hakamada ha continuato a proclamare la sua innocenza anche dopo che la condanna a morte era stata confermata nel 1980. Nel 2014 era stata emessa una decisione per un nuovo processo. Tuttavia, in seguito delle obiezioni della procura, la decisione era stata revocata, ed era partita una battaglia legale con i difensori e i sostenitori del vecchio condannato, che intanto era uscito dal carcere per un’amnistia.

L’assoluzione odierna è un vero caso. E’ la prima volta in 35 anni che un processo di revisione rovescia una condanna a morte e si tratta solo del quinto caso dal dopoguerra. Il sistema giudiziario nipponico, d’altronde, è noto per essere abbastanza orientato in favore dell’accusa.