Le donne migranti sono a rischio salute e hanno gravi difficoltà ad accedere ai servizi di assistenza sessuale e riproduttiva. E infatti, benché ogni anno aumenti il numero delle donne coinvolte nei movimenti migratori dal Sud del mondo verso i Paesi a reddito più elevato una delle sfide che donne si trovano ad affrontare è l’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva (SRH).
Un nuovo studio scientifico attivato presso il servizio del sociale, pubblicato e riconosciuto anche dalla rivista scientifica Midwifery Journal, è stato realizzato da un team di scienziati coordinati dal professor Antonio Giordano, presidente della Sbarro Health Research Organization presso la Temple University, Filadelfia, Stati Uniti, in collaborazione con Fátima Morales, professoressa assistente affiliata alla Sbarro e docente presso il Dipartimento di Medicina Preventiva e Sanità Pubblica dell’Università di Siviglia, Palmira Immordino, professore presso il Dipartimento di promozione della salute, cura materno-infantile, medicina Interna e Specialità Mediche dell’Università di Palermo, Italia e Gaetano Romano, professori della Sbarro Health Research Organization presso la Temple University, Filadelfia, USA, Carmen García Gil, esperta in studi di genere e María Pérez Sánchez nell’Università di Siviglia.
Il loro lavoro scientifico esamina e mappa le barriere che le migranti devono affrontare per accedere ai servizi sanitari, le conseguenze e le strategie implementate per superarle. L’ostacolo più comune è stato identificato nella mancanza di informazioni (57%), seguito da problemi linguistici (43%), dalle differenze culturali (39%), dallo status economico (25%), da barriere amministrative (25%) e discriminatorie ( 14%) che determinano tutte il sottoutilizzo dei servizi di maternità e dei metodi contraccettivi. Lo studio, poi, ha sviluppato strategie e piani d’azione per migliorare la salute delle donne migranti.
E infatti, se in passato le strategie utilizzate si basavano principalmente sulla ricerca di aiuto all’interno della propria comunità o al contesto familiare oggi si è compreso che per migliorare l’accesso delle donne migranti ai servizi SRH occorre promuovere l’alfabetizzazione sanitaria e formare operatori sanitari culturalmente sensibili e reattivi ai loro bisogni. “Sono indispensabili politiche in grado di avvicinare i servizi sanitari alle donne migranti che spesso si trovano in situazioni vulnerabili e hanno bisogno di un accesso equo e adeguato alle cure mediche” commenta Giordano.
“Attivare protocolli specifici e un accesso equo ai servizi sanitari per le donne migranti significa creare dei benefici alla società tutta: una popolazione sana è essenziale per la prosperità e lo sviluppo di qualsiasi comunità” ha concluso il vicepresidente Shro, Giancarlo Arra.