Astronomia, scoperta una via alternativa per la formazione dei pianeti

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(foto da Pixabay)

Tradizionalmente, la formazione dei pianeti è stata descritta come un processo lento e graduale “dal basso verso l’alto”, in cui piccole particelle di polvere interstellare si aggregano nel corso di milioni di anni, passando da granelli della grandezza di pochi micron a pianeti di dimensioni significative. Esiste però anche una teoria alternativa: i pianeti possono formarsi rapidamente attraverso un processo noto come “top-down”. Questo avverrebbe nelle regioni caratterizzate da instabilità gravitazionale. In questo scenario il materiale, presente nei dischi di gas e polvere che circondano le giovani stelle, si frammenta in strutture a spirale a causa dell’instabilità gravitazionale; tali frammenti poi si condensano in nuovi pianeti. A sostegno di questa ipotesi lo studio di un team internazionale di astronomo guidato dall’Università di Victoria (Canada) in collaborazione con ricercatori dell’Università Statale di Milano e pubblicato sulla rivista “Nature”. Gli astronomi hanno individuato diversi protopianeti in via di formazione nella regione del disco della giovane stella AB Aurigae, tra cui uno con una massa nove volte quella di Giove. Questi appaiono come ammassi annidati all’interno di una chiara struttura di bracci a spirale che ruotano in senso antiorario attorno alla stella. La stella stessa, AB Aurigae, ha una massa di circa 2,4 volte quella del nostro Sole e ha un’età di circa 4 milioni di anni. L’età della stella pone un enigma: nel modello tradizionale di formazione planetaria “dal basso verso l’alto” ci vogliono decine di milioni di anni per formare i pianeti, molto più dell’età del sistema. Ma se questo processo non ha avuto il tempo di svolgersi, con quale meccanismo si stanno formando i protopianeti? Per rispondere a questa domanda – informa la Statale – i ricercatori hanno utilizzato l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) il radiotelescopio più potente al mondo che ha permesso di studiare come si muove il gas nei vasti bracci a spirale del sistema. “Da anni il nostro gruppo di ricerca studia sia con modelli teorici che con complesse simulazioni numeriche la fisica dei dischi gravitazionalmente instabili”, spiega il prof. Giuseppe Lodato, del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, e coautore della ricerca. “Queste simulazioni, alcune tra le più avanzate al mondo, mostrano che l’instabilità gravitazionale dovrebbe produrre delle specifiche ‘oscillazioni’ nella velocità del disco, in netto contrasto con i dischi che sono stabili. Questo sarebbe un segnale chiaro, una specie di ‘ firma’ dell’instabilità.Le nuove osservazioni di ALMA hanno adesso mostrato questa firma”. Utilizzando il radiointerferometro ALMA (array di 12 metri), il team di ricerca ha mappato la velocità di due isotopologhi dell’ossido di carbonio (il 13CO e il C18O) all’interno di questi vasti bracci a spirale intorno ad AB Aurigae e ha trovato una chiara evidenza delle “oscillazioni” previste. “I bracci a spirale si formano nel disco quando il rapporto di massa disco-stella è sufficientemente alto. All’interno di questi bracci, le variazioni di densità portano a cambiamenti nella gravità, che a loro volta portano a variazioni nella velocità del gas nell’area intorno e all’interno dei bracci. L’entità di queste oscillazioni di velocità può essere utilizzata per dedurre la propensione di questi dischi al processo di frammentazione e quindi di formazione di oggetti di massa planetaria”, ha spiegato Cristiano Longarini, Research Associate presso l’Università di Cambridge in UK e che durante il suo Dottorato di Ricerca in Fisica, Astrofisica e Fisica Applicata all’Università Statale di Milano ha sviluppato un modello teorico che lega l’entità di queste oscillazioni alle proprietà del disco Il rilevamento dell’instabilità gravitazionale nel disco attorno ad AB Aurigae è quindi una conferma osservativa diretta di questa via ‘top-down’ alla formazione dei pianeti