Carlo Pisacane e l’eredità del suo “Testamento politico”

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In foto Leone Melillo

di Leone Melillo

Credere nel “bisogno d’una scintilla”, per “suscitare a fermento le vaste moltitudini”, esorta ad affermare, “cadendo”, “un ultimo grido”: “rifate, tentate, tentate sempre fino al giorno in cui vincerete”. La spedizione di Sapri – secondo la convinzione di Giuseppe Mazzini – assume questo significato ed è stata vanificata dalla “frazione così detta dei moderati”, per cui “Napoli non rispose”. 

Pisacane crede in una “libertà vera e per tutti”, nella “vita collettiva d’un popolo trasformato” dal “vero tradotto in fatti”, nella “coscienza d’un diritto moralmente innegabile” e nella “purezza delle intenzioni”.

Mazzini – come evidenzia Angiolo Gambaro – “distinta l’educazione dall’istruzione, sostiene che l’una non va separata dall’altra e che entrambe costituiscono un tutto indivisibile, anello obbligato nella catena dei doveri e dei diritti dell’uomo e del cittadino, rispetto alla libertà, al progresso, al bene sociale”.

Questo aspetto del pensiero mazziniano – che Pisacane non accoglie – invita, quindi, ad indugiare sulla “convinzione”, “profonda” in Pisacane che “le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando sarà libero”.   

Una prospettiva – tracciata dagli “scritti vari, inediti o rari” di Carlo Pisacane e dal suo “testamento politico”, pubblicati da Aldo Romano – con cui la “conoscenza di sé” ricerca le “attitudini”, le “attese esistenziali”, la “proiezione di sé in una prospettiva futura”, protesa alla “rivoluzione” come “istruzione”. 

Una scelta che consente di “trasformare la preesistente e discorde varietà di lingue, di costumi, di interessi, di bisogni, di tendenze, di aspirazioni”, per “amalgamare gli spiriti e le idee, e cementare”, quindi, “la comunanza degli interessi e dell’indirizzo politico”.

Pisacane, infatti, quando parla di “istruzione rivoluzionaria”, non pensa all’“insieme di conoscenze, acquisite con lo studio e l’insegnamento”. Il Napoletano intende l’istruzione come “l’azione di comunicare a qualcuno delle conoscenze”, che lui individua chiaramente. In questa prospettiva, l’“educazione si riferisce soprattutto allo sviluppo delle abitudini di condotta, del carattere e della moralità”. Sembra la prospettiva tracciata chiaramente da Hegel, tradizionalmente connessa alle “società secondarie, soprattutto nei riguardi dell’educazione morale e religiosa”. Come afferma Hegel, quando parla di educazione: “Dal punto di vista dell’individuo, la sua formazione consiste nella conquista di ciò che egli trova davanti a sé” (Phänomen. des Geistes, Pref., II, 3)”.

Una dimensione affermata da Carlo Pisacane che vive la “rivoluzione come istruzione”, per l’“educazione”.

L’eredità di Carlo Pisacane, una delle figure chiave del Risorgimento Italiano, pregno di significati patriottici e liberali,  rappresenta, quindi, un pilastro educativo per le nuove generazioni di inestimabile importanza. 

Un tema di ricerca che ho trattato in occasione del Premio Internazionale “Carlo Pisacane”, Sapri 2024, quando mi sono soffermato, con il Prof Corrado Limongi, sul Concorso “Storia, idee, comunità. Il Testamento politico di Carlo Pisacane”, voluto dal Ministero dell’Istruzione e del Merito.