Il costo del denaro, intermediario degli scambi e non soltanto oggetto di transazioni, ha preso la sua strada ed era ora

in foto Jerome Powell

Con buona attendibilità si può affermare che parte dei sacri riti di Jackson Hall ha avuto una buona forza al fine di sgretolare le varie ostruzioni che avevano sbarrato fino a qualche giorno fa l’andamento del corso del dollaro, gestito dalla Fed e quello dell’euro, regolato dalla BCE. La situazione sembra che ora stia ritornando nel corridoio della naturale gestione operata dai due istituti che, di norma, riescono a tenere le redini di quelle currency. È bene provare a capire quali sono state le anomalie che hanno distorto la corretta gestione delle vicende, se non altro per cercare di evitare il ripetersi di situazioni simili. Che fosse del tutto necessario riportare il gioco artefatto dell’azzeramento dei tassi d’interesse, principalmente in seno alle economie più progredite, era chiaro ormai da tempo. Quindi era il momento di girare la testa al cavallo, come dicono nei campi, anche per riportare al più presto ordine nei vari sistemi economici definibili liberi.
È a tal punto che, dopo aver tentato di riportare l’economia reale in una forma paritetica, quanto meno nella relazione con altri fenomeni comparabili alla liaison ante Covid, che il nodo doveva intendersi arrivato al cappio. Nel libro dei sogni si sarebbe anche potuto verificare, li e solo li, senza eccezioni di sorta, un gioco molto pericoloso. Al contrario ora i due grandi competitor, il dollaro e l’euro, devono tenersi ben coordinati per evitare di essere scavalcati dalla recessione. Non si sbaglia se si pensa che FED e BCE già da settembre avranno un bel daffare. A tutti buon lavoro.