Intelligenza artificiale e preparazione dei giovani: le opportunità e i rischi

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di Franco Fronzoni

Un’infinità di discussioni è in corso negli organi competenti e nella stampa sull’intelligenza artificiale (AI); giustamente poiché, pur risalendo i suoi albori agli anni ’50 del secolo scorso, ormai, è diventata fortemente operativa. Gruppi economici potentissimi spendono mucchi di denaro per la sua continua progressione e, con una notevole varietà di impostazioni. Assisteremo a tutte le sue evoluzioni ma, già da tempo, influenza molto vantaggiosamente commercio, industria e tutti i settori nei quali resta importante l’informatica della quale è intelligente espressione. Sono molte le società che investono grandi capitali nella ricerca; ne riporto qualcuna per dare un’idea del quanto e del chi, facendo ricorso a valutazioni ritrovate per l’anno 2022; per un totale di 220 miliardi di investimenti; in testa Meta (30%), Nvidia (27%), ASML (15%), e poi Amazon, Alphabet, Broadcom (con il 14 %, ciascuna).

Oltre i tanti vantaggi, esistono anche molte preoccupazioni di natura etica, lavorativa, e per le privacy individuali di tutti noi. Molte Commissioni sono state create, a tutti i livelli, per ricercarne difetti e determinarne opportuni indirizzi, con provvedimenti e regole che debbono preventivamente guidarla. Un esempio estremo di tali necessità è rappresentato dal fatto che, poiché la AI funziona con l’energia elettrica potrebbe, a sua propria difesa di esistenza, divenire capace, perfino, di poter impedire all’uomo di effettuarne lo spegnimento. Un po’ come la ribellione dei Robot che, in una commedia di Capek, ascoltata alla radio – l’EIAR di allora – nel lontano 1939 e, rimastami impressa nonostante non avessi mai, precedentemente, saputo nulla dei Robot; quelli si erano ribellati contro gli umani fino al punto di distruggere tutta l’umanità (nel lavoro teatrale la salvò l’amore di due ultimi umani sopravvissuti all’eccidio, un uomo ed una donna, che seppero, appunto con l’amore riconoscersi tali).

Al di là di tutto quanto già in studio da parte delle società che si occupano dello sviluppo dell’intelligenza artificiale nel loro precipuo interesse e degli Enti e Stati nazionali per una opportuna regolamentazione, mi balenava la riflessione che un grande pericolo per l’uomo potrebbe provenire da una esasperata familiarizzazione con la consultazione della AI, a danno del suo proprio esclusivo modo di pensare. E’ noto che il cervello umano attuale è frutto di una evoluzione nel corso delle ere pregresse, evoluzione avvenuta, come afferma la paleoantropologia, con il nutrimento con carne animale (dapprima era soltanto vegetale) e, con il suo continuo esercizio per far fronte alle sempre maggiori necessità della vita. Nel corso della evoluzione sono aumentate le capacità razionali, cognitive e di ragionamento  dell’uomo (speculazioni filosofiche ed inventive), con un lungo processo che si denomina “cefalizzazione”, durante il quale si sono sviluppate anche parti specifiche del cervello, quali la corteccia cerebrale, il mesencefalo e le materie cerebrali, bianche grigie. Da qui, un mio supposto timore che la AI possa sostituire talmente tanto l’attività cerebrale, al punto di dover riconoscere di non poterne più fare a meno. 

Qualche avvisaglia di tale tendenza, la ravviso nel fatto che nelle scuole sembra sottovalutarsi l’importanza dell’esercizio della memoria, così come l’esercizio per scrivere bene e per saper fare un’operazione matematica come la semplice divisione, tanto esistono moderni sistemi sostitutivi. Per la memoria mezzi veloci di consultazioni via Internet, mentre prima, libri, libroni, vocabolari ed enciclopedie per lo scrivere bene, non più necessario, poiché meglio farlo con telefonini e computer; per le operazioni matematiche anche le più semplici, meglio il calcolatore a portata di mano anche nel telefonino. E’ molta l‘attività umana oggi surrogata da tutto quanto si trova velocemente sui media e, senza fatica alcuna e, mi appare molta anche una certa trascuratezza della scuola per alcuni d questi punti, per cui scorgo un primo punto di preoccupazione: “possibilità di diminuzione della capacità di memoria dei cervelli nelle generazioni future”. 

 Oggi, in fase lavorativa, all’insorgenza di un dubbio o di una mancanza di informazione, si usa subito ricorrere alla AI per saperne di più – così come facciamo abitualmente quasi tutti noi consultando Google per risolvere un qualsiasi problemino – avere qualche chiarimento –  oppure per ricavare un giudizio appropriato sui nostri lavori e/o confronti circa altri già esistenti. Ecco che siamo già nella fase di riconoscimento di vantaggi offerti dalla intelligenza artificiale che ottimamente integra quella dell’operatore umano; ma fino al punto di sostituirla completamente? Stiamo assistendo, così, ad una sorta di “possibile diminuzione della capacità di ragionamento per il cervello umano nel futuro”.

Sarebbe come a dire che, se è vero che la funzione crea l’organo, potrebbe risultare vero che una ridotta funzione, possa ridurlo.

Questi dubbi devono essere posti all’attenzione delle Autorità scientifiche, affinché si possano evitare conseguenze gravi, sia nel subito che per il futuro, quali, al limite (con linguaggio matematico)… disastrose regressioni anche della consistenza stessa nel cervello umano, troppo facilmente sostituito dal benedetto settore dell’informatica, rappresentato dalla attuale AI.