Vaiolo delle scimmie, dichiarata emergenza in Africa

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Appena 15 mesi dopo la fine dell’emergenza che lo aveva visto protagonista, il vaiolo delle scimmie – ormai ribattezzato mpox – torna a fare paura. L’emergere di un nuovo ceppo più pericoloso di quello diffusosi tra il 2022 e il 2023 e l’esplosione dei casi in Africa ha fatto alzare nuovamente il livello di allarme. Nel pomeriggio, i Paesi africani hanno già fornito una prima risposta: hanno dichiarato l’mpox un’emergenza sanitaria pubblica per la sicurezza continentale. Domani, 14 agosto, il comitato di emergenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità valuterà se il virus rappresenti nuovamente un pericolo di portata globale. “Questa dichiarazione non è semplicemente una formalità, è un chiaro invito all’azione. Dobbiamo essere proattivi e aggressivi nei nostri sforzi per contenere ed eliminare questa minaccia”, ha affermato il direttore generale del Cdc africano Jean Kaseya. La preoccupazione è legata all’emergere di un nuovo ceppo del virus (detto Clade 1b): è più virulento di quello che si è diffuso tra il 2022 e il 2023 in tutto il mondo (Clade 2b) ma, rispetto al virus gemello endemico in Africa centrale – Clade 1a -, si trasmette con più facilità, per esempio attraverso i contatti ravvicinati, come quelli sessuali. È questa variante del virus che negli ultimi mesi ha fatto salire i contagi, a partire dalla Repubblica Democratica del Congo che oggi costituisce l’epicentro dell’epidemia. I numeri esatti non sono certi. Oggi, il nuovo bollettino dell’Oms stimava per il mese di giugno 567 contagi nel continente africano. Certamente, però, è una stima per difetto. L’Africa Centers for Disease Control and Prevention parla di circa 15 mila casi nel continente dall’inizio dell’anno e 461 i decessi. A preoccupare non è solo la dimensione dei contagi. Il virus sta mostrando di essere capace di varcare i confini e insediarsi in aree in cui fino a oggi non era presente. Nell’ultima rilevazione dell’Oms, per esempio, anche Burundi, Kenya, Rwanda e Uganda riportano i primi contagi. Anche il profilo delle persone contagiate è completamente diverso da quello osservata tra il 2022 e il 2023. In quel caso a essere più colpiti erano i maschi adulti; oggi tra le vittime principali ci sono i minori. Secondo i dati diffusi dall’Oms, il 39% dei casi e il 62% dei decessi riportati dall’inizio dell’anno fino a maggio nella Repubblica Democratica del Congo riguardavano bambini con meno di 5 anni di età. Il 20% delle persone decedute non aveva ancora compiuto un anno e negli ospedali, riferisce Save the Children, sono ricoverati a causa della malattia anche neonati di appena due settimane. “Il caso peggiore a cui ho assistito è quello di un bambino che aveva solo due settimane quando ha contratto l’mpox”, racconta Jacques, epidemiologo ed esperto di mpox presso un partner di Save the Children. “Aveva eruzioni cutanee su tutto il corpo, la febbre alta e la pelle cominciava ad annerirsi”. Il bambino è oggi in cura, ma si teme per altre migliaia di minori potenzialmente esposti al virus. Intorno a Goma ci sono tre campi per persone sfollate dove circa 354 mila bambini sono stipati in tende in condizioni insalubri”, dice Greg Ramm, direttore di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo. La situazione rischia di esplodere. Questa “non è semplicemente un’altra sfida ma è una vera crisi che richiede un’azione politica collettiva”, ha detto Jean Kaseya. “Ma lasciatami essere chiaro: questo non è solo un problema dell’Africa, mpox è una minaccia globale”, ha concluso.