Un Governo “slabbrato” non dà buona immagine

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(fonte foto Imagoeconomica)

Riproponiamo l’articolo di Ermanno Corsi apparso sul Roma di martedì 6 agosto all’interno della rubrica Spigolature

di Ermanno Corsi

Con “Il Milione” Marco Polo (ricorrono i 700 anni dalla morte) raccontò il viaggio lungo la via della seta. Da tempo quella “via” andava sostituita o rinnovata. Il Presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping e Giorgia Meloni hanno così firmato un “nuovo patto triennale” che, garantendo libero scambio in un contesto di pace, può costruire nuovi ponti fra Occidente e Oriente. Economia e finanza in primo piano, certo. Ma per la stabilità e la pace quanto contano gli aspetti diplomatici e politici? La premier italiana non è mancata di audacia, su questi punti, quando ha affermato al Presidente della Cina che “stare con Mosca non conviene”.

UN SORRISO APPENA ACCENNATO. L’amichevole “provocazione” di Giorgia è continuata. ”Se la Cina lavora sempre per la convivenza pacifica tra i popoli -dice al presidente Jinping-  deve allora smettere di sostenere la Russia putiniana che aggredisce l’Ucraina violando tutti i principi del Diritto internazionale a cominciare dalla sovranità territoriale”. Un’affermazione senza risposta, ma solo uno sguardo “benevolo” da parte dell’autorevole leader ospitante. Tuttavia come sarebbe cambiato il  “cordiale incontro” se, a sua volta, lui  con franchezza le avesse risposto così: ”Lei dice questo a me, lei che ha a fianco un vicepremier più sbilanciato di me nel sostegno al Cremlino. Non la ritiene una grave e sconcertante incoerenza?”. Sicuramente il colloquio sarebbe finito così.

MA IL PROBLEMA RESTA. Più per la nostra premier Meloni che per il presidente della Cina popolare. Matteo Salvini è una pericolosa spina nel fianco. Più penetra, più diffonde infezione. Preposto alle Infrastrutture e Trasporti, travalica le competenze ministeriali e si assegna una missione di politica estera a suo capriccio invadendo un campo che è proprio dell’altro vicepremier Antonio Tajani. Contrario a ogni sostegno all’Ucraina, è sua la tesi che non bisogna mandare armi a Kiev (in modo, ovviamente, che il Paese invaso non possa più nemmeno difendersi parando un po’ di devastanti e micidiali attacchi avversari). Nella distorta e leghista visione delle vicende, Putin è “generosamente” predisposto alla pace: si può fare subito a patto che tutto quello che ha proditoriamente occupato, dalla Crimea al Don Bass, resti di sua proprietà e l’Ucraina non si permetta di entrare nella Nato.

PER GIORGIA E’ SEMPRE PIU’ DURA.A lei tocca di mantenere salde le relazioni internazionali e difendere con intelligenza gli interessi italiani in Europa, veder valorizzato il ruolo del Mediterraneo, rafforzato il fianco sud della Nato. Ma come può il Governo agire con piena credibilità e autorevolezza se un suo vicepremier afferma “più Italia in Europa e meno Europa in Italia? C’è ancora un minimo di lucidità mentale per capire quanto è sconclusionata una simile affermazione? E con quale animo la premier può incontrare a Parigi il presidente Macron (“con sorrisi, volti distesi e baci sulle guance”, come viene scritto) quando fino a ieri l’ineffabile Salvini definiva Macron un irresponsabile bombarolo? Ora la presidente Ursula vuole 2 nomi per la Commissione cui ogni Stato aspira, ovviamente, con gli occhi all’incarico che “pesa” di più. La raccomandazione è che i candidati siano un uomo e una donna. L’Italia appare molto decisa a sostenere, non senza ragione, Raffaele Fitto ministro del Pnrr, Affari europei e politiche di coesione, insieme con Elisabetta Belloni direttrice del Dis (Dipartimento Informazioni e Servizi segreti). A breve la scelta e sicuramente Giorgia “non starà a guardare” e farà valere il credito personale che ha saputo via via conquistare.

CONFRONTO SULL’INFORMAZIONE. Ursula von der Leyen non manca di accennare a possibili rischi, in Italia, per quanto riguarda lo Stato di Diritto e il pluralismo informativo. Che ci sia una eccessiva ingerenza politica della maggioranza di Centrodestra in un sistema che è base della democrazia e della libertà? In sostanza, una Tele Meloni sempre più pervasiva che non lascia spazio alle opinioni contrarie? La premier è pronta a dare assicurazioni per il nostro Paese dove attento e vigile è, peraltro e innanzitutto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Essenziale sarebbe, invero, un oggettivo esame per verificare, nei 27 Stati dell’Unione, dove c’è poca o zero dialettica sociale. 

PER LA RAI ORA UNA FASE NUOVA. Dal 10 agosto Roberto Sergio cambia ruolo e da Amministratore delegato diventa Presidente. Lo attendono problemi di gare, servizi e contratti editoriali. Ma perché non valutare anche i comportanti e la qualità di alcuni talk show, dove i conduttori non sono giornalisti “professionisti nel senso pieno del termine”, ma si degradano al poco pregevole ruolo di “militanti e propagandisti?”. Del tutto comprensibile la nostalgia di Bruno Vespa quando rileva, autobiograficamente, di “aver servito” sotto 26 Capi azienda sui 29 che si sono alternati dal ’46 a oggi, e sotto 25 Presidenti su 31. Conclusione consolante e incoraggiante di chi ha inventato Porta a Porta: la Rai non ha mai perso “la bussola del pluralismo”.