Massimo Lo Cicero, se n’è andato il mio amico geniale

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di Alfonso Ruffo

Se n’è andato il mio amico geniale: Massimo Lo Cicero, classe 1951, economista, saggista, giornalista. Da giovane anche comunista il che gli valse a meno di trent’anni un posto nel consiglio di amministrazione dell’Isveimer dove regnava Ferdinando Ventriglia, democristianissimo, che lo prese a ben volere per l’intelligenza vivissima e lo accompagnò nella sua ascesa professionale.
All’Università non fece mai carriera perché non gli andava a genio di portare a spasso borse altrui. Ma da professore incaricato era molto amato dagli studenti a cui faceva entrare in testa concetti complessi nella sua lingua particolare dove il napoletano gentile s’intrecciava a gesti plateali e la scienza si piegava docile alla sua eloquenza unica.
Questa sua capacità di semplificare cose difficili la usava anche quando scriveva, tantissimo, per giornali e riviste. Era un gran divulgatore con la voglia di stupire attraverso riferimenti laterali mai banali che pescava nella sua cultura immensa. Leggeva di tutto, s’interessava a tutto.
Da mio testimone di nozze mi aiutò a scegliere i brani da leggere nella funzione del giorno dopo. Puntammo sulla Parabola delle Vergini che ammonisce a farsi trovare sempre pronti. E Max pronto si è fatto certamente trovare perché, credente o meno, non esiste persona che lo abbia frequentato che non abbia tratto giovamento della sua conoscenza. Era buono di natura e forse ingenuo perché continuava a meravigliarsi dell’ingratitudine altrui.
Nei tanti Capodanni trascorsi insieme a Capri era più esplosivo dei fuochi che maneggiava con sprezzo del pericolo attirandosi l’ammirazione dei turisti e il rimprovero degli amici. Stonato come una campana, amava cantare. Non proprio un fisico da ètoile, amava ballare. Non sempre fortunato nelle faccende personali, amava la vita.
Abbiamo trascorso fianco a fianco un lungo pezzo di strada. Forse il più bello delle nostre esistenze. Tra i principali promotori del Denaro ha presieduto a lungo l’associazione culturale che l’affiancava, Officina di Economia, facendola diventare un punto di riferimento centrale a Napoli e in Italia per le nuove politiche meridionaliste. Con noi tanti amici disinteressati che hanno prestato il loro tempo e il loro prestigio a una causa comune che ci sembrava giusto servire.
Da un po’ viveva appartato perché la salute gli aveva fatto qualche scherzo. Ma c’era. E quando stavi con lui potevi avvertire tutto l’entusiasmo di un uomo grato nonostante le avversità. Ora che ha deciso di prendere un altro percorso dobbiamo stare attenti a non confondere col cambiamento climatico qualche strano fenomeno che si divertirà a ingegnare per tornare a ridere come sapeva fare mentre raccontava le sue barzellette e alleggeriva il morale di chi gli stava attorno.